Questa edizione del romanzo, apparsa nel 1913, ha sicuramente raccolto lagrime e sospiri di una generazione di giovinette, cui la copiosa produzione di Anna Vertua Gentile era prevalentemente destinata.

Numerose eroine dei romanzi di questa autrice all’inizio della storia sono state colpite da un rovescio di fortuna, passando dalla ricchezza a una condizione modesta, da una animata vita in città a una vita tranquilla in campagna o, come in questo caso, in una valle delle Prealpi, raggiungibile solo a piedi. Qui di eroine giovani, belle e sfortunate ce ne sono addirittura due: Anna, che comunque ha la consolazione di vivere con fratello e sorella, e Ida, rimasta totalmente sola e nella necessità di guadagnarsi da vivere come istitutrice, poi come maestra di musica in collegio.

Tutto il romanzo ruota intorno alle vicende delle due amiche, e si conclude con il più classico lieto fine. Nessuno dei personaggi del romanzo presenta segni di malvagità, o anche soltanto di sciocca superficialità, ed il buon curato ne rappresenta il principale ispiratore del bene.

Ma forse il personaggio più significativo è la natura, l’alternarsi delle stagioni sulle Prealpi, sempre presente nei vari momenti della vicenda e pronta a sottolineare con note cromatiche, olfattive ed uditive gli stati d’animo delle buone genti di montagna e delle due eroine in particolare.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

Il paese, grosso, se si tien conto delle molte frazioncelle sparse, piccolo, se si guarda alle poche case raggruppate intorno alla chiesa parrocchiale, lo chiamano così per via dei faggi, che si innalzano diritti, ramosi e fitti da formare una boscaglia, nel largo rispiano a mezza costa della montagna, a un quarto d’ora appena dalla verde zona de’ pascoli.
E’ paese che si sveglia tardi dal sonno invernale; ma gode d’una estate così fresca, così verde, pittoresca e maestosa per la veduta del lago sottoposto e della superba corona di monti che lo cingono in torno, che, ai primi disgeli, i villeggianti vi accorrono ad abitare le palazzine disseminate nel bosco, sopra i grandi massi sporgenti, nelle tranquille insenature.
Vi accorrono stanchi dell’affannosa vita cittadina, smaniosi di quiete verde e sana. E per tre mesi, respirano l’aria vibrata della costa boscosa, bevono acqua pura e latte profumato, si divertono ritrovandosi in date ore del giorno, riunendosi per gite, escursioni, serate e balli.
Poi, a la prima nevata d’ottobre, ai primi soffi gelati della vallata, come un volo di rondini, lasciano il nido estivo e tornano in città.
Partono alla spicciolata; una famiglia oggi, un’altra domani; e si lasciano con un affettuoso arrivederci; perchè si ritroveranno in città.
Quell’anno, per la metà di ottobre, già nevoso e freddo, le palazzine sparse erano tutte chiuse; meno una. Una casetta svizzera, piccolina, civettuola, che si sarebbe detto un balocco creato da una fantasia gentile e buttato dal capriccio in vetta d’un poggio, sorgente bizzarro nella valle, fra le montagne alte, ripide, imponenti.

Scarica gratis: A la faggeta di Anna Vertua Gentile.