L’Italia non è un paese povero
Nel 1959 uno dei più famosi documentaristi viventi, Joris Ivens, accettò la proposta del presidente dell’Eni Enrico Mattei di fare un film che documentasse la nuova politica energetica dell’Italia.
Un percorso dal Nord al Sud della penisola, da Marghera a Gela, per raccontareun momento cruciale dello sviluppo industriale, che avrebbe portato presto l’Italia verso gli anni del boom economico. Mattei e Ivens,un “capitalista di stato” e un comunista, uniti nel comune intento di opporsi al monopolio e agli interessi delle grandi compagnie petrolifere: le “Sette Sorelle”.
Per realizzare L’italia non è un paese povero Ivens si avvalse della collaborazione di molti professionisti italiani: ad aiutarlo nella stesura della sceneggiatura fu Valentino Orsini. I fratelli Taviani, allora agli esordi, furono suoi assistenti alla regia, così come Tinto Brass. Quest’ultimo fu presente soprattutto nella fase del montaggio, mentre i Taviani lo accompagnarono per tutte le riprese, tanto da girare loro stessi l’ultimo episodio del film, quello siciliano. Ivens riconobbe subito il loro talento, gli consigliò però di indirizzarsi verso il cinema di finzione, intuendo che quella era la loro vera vocazione.
Per scrivere il commento chiese la collaborazione di Alberto Moravia, e la voce e l’interpretazione di Enrico Maria Salerno.
Il film era destinato alla Rai.Anche in questo Mattei mostrò la sua lungimiranza: un film non per le news da grande schermo, ma un documentario per il nuovo elettrodomestico, che era ancora un lusso per molti, ma che già occupava un posto di rilievo e una diffusione capillare nei bar e nei ristoranti. Questo fu un grande stimolo per Ivens e i suoi collaboratori, che ricercarono e sperimentarono un linguaggio nuovo adatto al piccolo schermo.
Ivens decise di spaziare in tutte le tecniche che il cinema del reale gli metteva a disposizione. L’italia non è un paese povero appare infatti come una sorta di “antologia” dei generi del documentario. Vi ritroviamo il film scientifico e industriale (con l’apporto anche dell’animazione), l’inchiesta televisiva, uno sguardo neorealista, sequenze fantasy, stranianti e surreali. Infine l’irruzione improvvisa nel cinema-diretto, per raccontare la miseria e il degrado ancora diffuso in Italia, come nella celebre e ipercensurata sequenza della famiglia che vive nelle case-grotte a Grottole, con il bambino che dorme con il viso ricoperto dalle mosche.
Anche per immagini come queste, la Rai si oppose alla messa in onda del documentario. La povertà italiana eramostrata in maniera troppo efficace e la contrapposizione alle Sette Sorelle era troppo palese. Quindi il film fu trasmesso con il titolo di Frammenti di un film di Joris Ivens, censurato nelle immagini e nel commento.
Tinto Brass, che disponeva di una valigia diplomatica per l’importazione e l’esportazione dei film della Cinémathéque Française, riuscì a salvare alcune copie originali del film, portandole fuori dall’Italia di nascosto.
Il mio paese
Tra il 2005 e il 2006 Daniele Vicari ha ripercorso l’Italia in senso inverso per raccontare un presente segnato da una crisi economica interna e dalla conseguente perdita di competitività internazionale. Nel suo viaggio – dalla Sicilia industriale di Gela e Termini Imerese, passando per Melfi, per i laboratori dell’Enea di Roma, dove si fa ricerca sulle energie alternative, per una città come Prato, alle prese con la complessa dinamica dell’immigrazione cinese, fino a Porto Marghera -, Vicari racconta l’italia dello “sboom”, un paese in difficoltà, che sta tuttavia cambiando pelle: assieme all’Italia del declino emerge quella della riconversione, di una nuova trasformazione.
Un film documentario dove le immagini di Ivens sono un punto di riferimento costante, una suggestione tematica e narrativa, su cui si innesta la scoperta di un paesaggio italiano, industriale e post-industriale, di grande impatto visivo. Il paese di oggi si mostra in controluce attraverso quel modello di quarantacinque anni fa, insieme fotografia di un momento storico irripetibile e si rivela prezioso strumento di analisi sulla contemporaneità.
Ma il film di Vicari è importante non solo perché permette di ragionare sull’Italia di oggi ma anche e soprattutto per il suo tentativo di dare seguito al proprio lavoro attraverso la successiva realizzazione di una sorta di documentario condiviso. Un prodotto che seleziona cioè materiale inviato davideo-corrispondenti sparsi per l’Italia che vogliono documentare la realtà in cui sono immersi e che lo trasmette in Rete attraverso una blog TV e un canale satellitare.
Questa esperienza di condivisione del reale attraverso il documento audiovisivo segnala un cambiamento epocale nell’uso dell’immagine. Esistono infatti vere e proprie memorie analogiche e digitali locali che sono il frutto del lavoro di figure autoriali appartenenti al mondo dell’associazionismo, del volontariato, dei centri sociali e un numero sorprendente di archivi privati che stanno cambiando radicalmente il panorama della produzione documentaristica. Tra i nuovi soggetti della documentazione sociale vanno annoverati anche gli autori di autoproduzioni delle TV territoriali “di strada”, gli operatori delle emittenti locali e dei comitati di quartiere, gli attivisti delle reti mediatiche di movimento e dei circuiti indipendenti.
In questo modo il mezzo audiovisivo diventa un prezioso strumento di analisi delle trasformazioni in atto nel nostro paese
Programma
Lunedì 2 marzo 2009
mattina, ore 10.00
Università di Roma
Facoltà di lettere e Filosofia
Aula IV
piazzale Aldo Moro, 5
Roma
Proiezione:
- Il mio Paese
di Daniele Vicari
Italia, 2007,113′
Interventi:
- Ivens incontra l’Italia
Lucia Nardi, Archivio Storico ENI - Un paese visto da vicino
Giulio Latini, docente di Comunicazione Multimediale, l’Università di Tor Vergata di Roma - Il mio paese 2.0: dal documentario d’autore al documentario condiviso
Daniele Vicari, regista e documentarista - Geografie del videoattivismo
Agnese Trocchi, Videomaker e artista multimediale
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