Ringraziamo “Piemontemese.it” per averci concesso la pubblicazione del seguente articolo.

Luca Grandelis, un professionista della voce col pallino della scrittura.

Intervista di Nico Ivaldi, per Piemontemese.it

Luca Grandelis, torinese, quarantacinque anni, lavora da sempre con le parole. Presta la sua splendida voce per documentari, notiziari, audiolibri e pubblicità (è collaboratore di SoloTablet, Liber Liber, Pagina Tre) e scrive libri di successo: Al buio i colori non esistono, con tremila copie vendute, è stato il caso letterario del 2007 (pur essendo stato pubblicato da un piccola casa editrice torinese, L’Ambaradan).

Lo studio dove Luca lavora è ricavato in un angolo dell’appartamento – un tempo refettorio dei domenicani dietro l’omonima chiesa a Torino – che Grandelis ha ristrutturato e arredato con gusto ed essenzialità. Alle sue spalle, scaffali di libri e una collezione di automobiline, forse l’ultimo legame con il mondo dell’adolescenza.

Cominciamo dalla tua voce, Luca.
«È una voce costruita in anni di esercizio. Il primo corso di dizione l’ho fatto a 17 anni alla scuola di Iginio Bonazzi. Poi ho lavorato nelle radio private, che rappresentavano il mio sogno da ragazzo. In seguito sono passato al voice-over per la pubblicità».

Come si conserva una voce preziosa come la tua?
«Non c’è una regola precisa. Di sicuro la tengo molto allenata. Noto che più passa il tempo e più imparo a conoscere i meccanismi per modularla, farla diventare di volta in volta più fredda e direttiva, altre volte più calda e affascinante. È lo studio mescolato all’esperienza».

Quando leggi un audiolibro, cambi le voci dei personaggi?
«No, l’abilità sta nell’impersonare personaggi differenti con modulazioni diverse della voce. Però chi ascolta capisce che si tratta sempre dello stesso narratore. Il vero problema sta nell’evitare che l’ascoltatore presti più attenzione al tono della mia voce che al contenuto del libro, in quel caso il mio lavoro perderebbe lo scopo».

Tra i tanti audiolibri che hai letto, quali ricordi con maggior piacere?
«Sicuramente il romanzo storico Q, di Luther Blissett (nom de plume sotto il quale si celavano quattro scrittori in seguito conosciuti come il collettivo Wu Ming, n.d.r) realizzato con la collaborazione di mia sorella Claudia, che mi ha dato una mano per le voci femminili. Mi è costato mesi di lavoro. È stato il libro più lungo che abbia mai letto. A breve dovrebbe uscire Altai, il seguito di Q. Spesso mi è capitato anche di lavorare sui classici: Tolstoj, Goethe, Joyce, Dostoevskij».

Qual è un classico che vorresti leggere?
«Mi piacerebbe tantissimo leggere tutti i libri di Edward Forster, che considero fra gli autori più importanti per la mia formazione. E poi andrei sui contemporanei, anche se non è facile, a causa degli alti costi per acquisirne i diritti».

Quanto ci metti a registrare la pagina di un libro?
«Con la post-produzione anche un paio d’ore. È un lavoro lungo, impegnativo. La pagina di un libro implica la rilettura – fuori registrazione – di almeno le due-tre pagine precedenti: hai bisogno di rivestire i panni del personaggio o dei personaggi che stavi interpretando quando hai interrotto. Insomma si tratta veramente di diventare un attore e quindi hai bisogno di tempo».

Dalla parola detta alla parola scritta, per te il passo sembra essere stato inevitabile.
«Il successo di Al buio i colori non esistono è stato improvviso, mi ha regalato una grande felicità. Ho avuto la fortuna di pubblicare il libro con l’editore torinese L’Ambaradan, che due anni dopo è stato costretto a chiudere i battenti, nonostante la buona qualità di alcuni dei suoi titoli».

Il libro descriveva la vita di quarantenni affermati nel lavoro ma insoddisfatti della vita di tutti i giorni, vuota di valori veri. Vite apparentemente lontane tra loro, senza contatti e senza nulla in comune. Imprevedibilmente, invece, questi destini si intrecciano, con un finale non scontato, pungente, positivo. Al buio i colori non esistono è stato uno dei primi audiolibri usciti in libreria, interpretato dalla doppiatrice e attrice Lucia Valenti (suo il vecchio tormentone Telecom, «Ma allora mi ami […] Ma quanto mi ami? E mi pensi […] Ma quanto mi pensi?»).

Eppure, nonostante l’amore per la carta, hai pubblicato il tuo ultimo lavoro, Ho riscritto per te il destino, solo in formato e-book: cosa c’è dietro a questa scelta per molti versi innovativa?
Fin da quando ho pubblicato il mio primo libro sapevo che il mercato editoriale era malato, ammazzato dalla distribuzione che decide la vita o la morte soprattutto dei libri delle piccole e medie case editrici, mentre quelli delle grandi case godono comunque di corsie preferenziali. In questo mercato malato credo ci sia bisogno di un altro supporto per arrivare al lettore. Ed è la scelta che ho fatto io. Io ho scelto l’e-book perché in questo modo spero di arrivare a molti più lettori rispetto alla distribuzione tradizionale, avere molta più visibilità».

Speri di arrivare soprattutto ai giovani […]
«Sì, i giovani d’oggi, nativi digitali, non hanno la nostra antica affezione nei confronti della carta: usano con disinvoltura tablet, smartphone, e-reader. Inoltre un e-book costa decisamente meno di un libro di carta tradizionale – il mio il 60% di meno – è facile da scaricare e da leggere. Il giorno dopo l’uscita, il mio libro era già disponibile nelle principali librerie online, Feltrinelli in primis. Il vecchio editore viene sostituito dalla piattaforme sulle quali vengono pubblicati gli e-book. Senza contare che il mio e-book salverà qualche albero del nostro pianeta e la cosa non mi dispiace per nulla».

Non ti rincresce avere abbandonato la carta?
«Certo che mi dispiace, perché, come ti ho detto, appartengo a quella generazione abituata fin da piccola a leggere sui libri. Però non ho avuto difficoltà a passare dal vinile al cd e neanche dal cd all’mp3. E quindi ho fatto altrettanto dal libro all’e-book».

 

Fin dai tempi del suo primo romanzo, Luca Grandelis ha avuto un rapporto molto stretto con i suoi lettori, ai quali ha voluto spiegare le ragioni della sua scelta digitale, oltre che per condividere le riflessioni sulla crisi dell’editoria.

«Dalle risposte che ho ricevuto, l’adesione dei miei lettori al nuovo progetto è quasi totale. Ma qui entra in gioco l’affezione ad un autore che, a quanto sembra, ha saputo regalare col primo libro molte emozioni».

Un successo che speri di ripetere con Ho riscritto per te il destino?
Mi piacerebbe tanto, ma non sarà facile.»

Che cosa racconta?
«È un giallo-thriller che narra la storia di quattro uomini: due felici, due disagiati. Quattro vite diverse in tutto, dall’infanzia alla morale ai sogni. Un ospedale psichiatrico fa da contraltare ad una socialità mondana spinta all’eccesso. Da un inizio all’apparenza poco chiaro si arriva ad un prosieguo che sembra chiarire tutto. Sembra. Un finale inaspettato e incomprensibile solo per chi ha lasciato indietro i … dettagli».

Pare che ti sia divertito molto, a scriverlo.
«Assolutamente sì, perché ho seminato nel libro molti riferimenti letterari, che toccherà al lettore interpretare per arrivare alla soluzione della storia».

So che i tuoi progetti letterari non si fermano qui.
«Sto preparando un altro libro, che mi riguarda personalmente perché tocca la malattia di mia madre. È un romanzo che ha l’obiettivo di sfatare un tabù, quello della malattia mentale.»

Dunque racconterai la malattia?
«No, il mio lavoro non è improntato sul malato, ma sul caregiver, cioè il parente o la persona a lui più vicina, che se ne prende cura e si vede, purtroppo, riversare gli effetti della malattia. Il caregiver è il secondo malato. Mentre il malato muore, il caregiver continua a vivere con sensi di colpa. E quindi è per il caregiver che io sto scrivendo questo libro. E dunque anche per me. Se con il mio romanzo avrò dato aiuto anche solo ad un caregiver, il mio lavoro non sarà stato vano».

Il tema è molto interessante e stimola curiosità, ma Luca Grandelis preferisce fermarsi qui – il solo trattare l’argomento lo emoziona – e lasciare parlare il suo libro.

Quando uscirà?
«Non faccio previsioni perché è un lavoro molto complesso».

Hai pensato ai sentimenti e alle forti emozioni che susciterà in te nel caso, per ipotesi, dovessi audio leggerlo?
«Se dovesse accadere, sarà un’esperienza molto forte, sarà come rivivere tutta la storia; ma cercherò di farla vivere ai miei lettori con tutto il sentimento di cui sono capace».

Intervista di Nico Ivaldi
2 ottobre 2012
http://www.piemontemese.it/leggi_ultimonumero.asp?articolo=1571&numero=2012_08