Grazie alla voce di Rossella Rossi, pubblichiamo il libro parlato Storie allegre di Carlo Collodi.
Storie allegre è una raccolta di brevi racconti destinati ai ragazzi, pubblicata da Collodi a partire dal 1887 a puntate sul Giornale per i bambini.
La raccolta comprende in particolare otto storie — tra cui «L’omino anticipato», «Pipì», «La festa di Natale», «Dopo il teatro», «Chi non ha coraggio non vada alla guerra», «L’avvocatino difensore», «Quand’ero ragazzo!», «Una mascherata di Carnevale». Con il suo stile leggero e brillante, Collodi racconta vicende di bambini e, talvolta, di adulti, mischiando accento realistico e tocco di favola: storie semplici ma dotate di significato, ideali per una lettura serale per i più piccoli.
Attraverso queste brevi narrazioni, l’autore invita il lettore a riflettere — con ironia e semplicità — su temi come la fretta di crescere (come in «L’omino anticipato»), la vigliaccheria, il coraggio, il valore del teatro e della festa, la responsabilità. Pur essendo meno noto rispetto al suo celebre romanzo Le avventure di Pinocchio, questo volume mostra un Collodi capace di divertire e, al tempo stesso, educare con garbo.
Dall’incipit del libro:
Quando lo conobbi io, aveva appena dieci anni. Di nome si chiamava Gigino.
Non era né bello né brutto. Aveva un par d’occhietti cerulei: i capelli biondissimi, d’un biondo chiaro come la stoppa: il naso un po’ ritto e voltato in su e le gambe un tantino magre più del bisogno.
Nell’insieme, poteva dirsi un buon figliuolo. A scuola non faceva miracoli, ma il maestro mostravasi contento: in casa poi era il cucco della mamma e l’occhio diritto del babbo. Guai se le sorelle e i fratelli maggiori avessero torto un capello a Gigino! C’era da far nascere una specie di finimondo.
Volete che vi dica il più gran difetto di questo ragazzo? Durerete fatica a crederlo, eppure è così: il suo più gran difetto era quello di vergognarsi a passar per un ragazzo: voleva per forza parere un giovinotto, un uomo fatto!
A domandargli quanti anni avesse, per il solito rispondeva:
“Il babbo e la mamma dicono che ne ho dieci: ma lo dicono per farmi arrabbiare…” “O dunque quanti anni hai?”
“A dir poco poco, ne devo avere dodici per i diciotto: un altr’anno sarò di leva…” “Come fai a saperlo?”
“Chi può saperlo meglio di me? Gli anni sono miei, e nessuno me li può levare.”
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