Il testo scritto da Dino Petralia, diretto e interpretato da Emanuele Montagna
Si intitola “Le nostre Prigioni – Storie di Pena e di Speranza”, il recital in scena in prima nazionale il 2 ottobre prossimo al Teatro Dehon di Bologna alle ore 20.45.
Ne è autore il magistrato Dino Petralia, già direttore delle carceri italiane (Dap), mentre la produzione è di CFA-Colli Formazione Attori di Bologna e dell’Ordine Avvocati di Padova e Camera Penale di Padova, città nella quale è già andato in scena in anteprima nazionale lo scorso 25 settembre, con il Patrocinio della Associazione Internazionale Nessuno Tocchi Caino e il plauso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lo spettacolo, nella sua replica bolognese, è sostenuto dall’Ordine Avvocati di Bologna, dalla Camera Penale di Bologna, dal Comune di Bologna, patrocinato dalla Fondazione Itaca Onlus.
Cinque storie di pena e sofferenza di donne e di uomini, ambientate tutte in contesti penitenziari italiani nei quali la normalità esistenziale è l’eccezione e lo scorrere del tempo spesso milita da acceleratore di disagio e malessere. In scena come interprete e regista Emanuele Montagna, già da tempo portatore di tematiche “legal” in teatro, Martina Valentini Marinaz ed Asia Galeotti.
Storie di detenuti, ma non solo; poliziotte e poliziotti, gravati da un impegno non solo materiale ma psicologico; famiglie intere che vivono in situazioni sempre al limite. Il recital segue spesso la linea poetica del melologo, sul contrappunto di vari generi musicali contemporanei. L’altra caratteristica di questo spettacolo è la molteplicità di alcuni dialetti italiani dal nord al sud, a voler documentare che il fenomeno dei suicidi e del sovrappopolamento (dall’inizio del 2025 se ne contano quasi 70) è praticamente diffuso sull’intero territorio nazionale. L’autore del testo Dino Petralia sarà presente al Teatro Dehon. Lo spettacolo terminerà quest’anno il 7 novembre a Trapani per poi continuare in varie città italiane nel corso del 2026.
Abbiamo intervistato il regista in occasione dell’evento.
Perché l’Ordine degli Avvocati di Padova e la Camera Penale di Padova hanno sentito l’esigenza di sensibilizzare il pubblico sulla realtà carceraria attraverso il teatro?
E.M.: “Già cinque anni fa le due istituzioni forensi di Padova acquistarono una replica del mio Enzo Tortora – Storia di un galantuomo. Successivamente produssero l’altro mio spettacolo Marco Pantani – Storia di un linciaggio di Andrea Maioli. Ed ora hanno prodotto Le nostre Prigioni – Storie di Pena e Speranza di Dino Petralia. Esiste una particolare sensibilità degli avvocati del Foro di Padova nello stigmatizzare le mancanze della Giustizia a più livelli. Nello specifico l’Amministrazione Penitenziaria tenta di arginare il drammatico fenomeno dei suicidi e del sovrappopolamento nelle carceri italiane. Ma mancano le risorse economiche da decenni e solo la politica potrebbe porre un rimedio a questo dramma che non esiterei a definire di dimensioni bibliche”.
Il testo è scritto da Dino Petralia, un magistrato. Come è nato questo suo testo e come si è sviluppata la realizzazione dello spettacolo?
E.M.: “Conoscevo personalmente Il dottor Petralia, già direttore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP). Meno di un anno fa lo contattai e gli proposi di scrivere teatro per portare in scena la vita carceraria attraverso il racconto di detenuti, famiglie di detenuti, agenti di polizia penitenziaria, avvocati, magistrati. La risposta fu immediata e fu un sì istantaneo. Avevo già letto durante il covid le meravigliose favole di Dino e ne fui totalmente colpito… addirittura rapito. Fra le innumerevoli Storie di Pena e Speranza Petralia ne ha scelte cinque che sono, appunto, quelle portate in scena nel mio spettacolo.
Sono storie vere, soltanto a volte contaminate da elementi di fantasia, che non vanno comunque ad intaccare il profondo e tragico senso di dura realtà della vita carceraria. Il mio compito, in totale sinergia con l’autore, è stato solo quello di rendere più drammaturgica una scrittura nata più per un teatro di narrazione che di azione scenica. Dino Petralia è magistrato dotato di una vastissima cultura (non solo giuridica) che gli permette funambolicamente di passare attraverso i generi della favola, della narrativa, della linguistica.
Il contatto è stato quotidiano, telefonico, in chat, per email. Così Le nostre Prigioni-Storie di Pena e Speranza ha preso la forma di un recital, di un melologo nel quale le parole di Petralia creano un felice contrappunto con musiche contemporanee. In alcuni momenti continua il mio costante omaggio alla poetica di Carmelo Bene.
Tu sei laureato in Giurisprudenza, oltre ad essere regista, quindi puoi adottare una duplice visuale per osservare e parlare del fenomeno, inoltre hai anche scritto su queste tematiche.
E.M.: “Esatto, non sono avvocato, ma sono laureato in Giurisprudenza all’Università di Bari nel 1975 e conosco il lessico forense soprattutto in ambito penale. Nel corso di questi ultimi 22 o 23 anni peregrino su tutto il territorio nazionale, con i miei Corsi di Comunicazione Persuasiva presso Camere Penali ed Ordini Professionali. Fra pochi giorni sarò a Salerno, poi a Bari e a Trapani. Ho cercato sempre di coniugare la mia cultura giuridica con quella teatrale e così sono nati numerosi spettacoli nei quali ho cercato di dare voce a coloro che, per disservizi dello Stato, l’hanno persa.
In quasi cinquanta anni di attività artistica ho scritto non più di cinque o sei testi. Non so se definirmi drammaturgo. In questo momento mi viene in mente E lo difendono pure… che scrissi con la collaborazione di un principe del foro oggi scomparso, l’avvocato Ettore Randazzo, e con il quale a Venezia vincemmo il Premio Carlo Goldoni”.
La situazione attuale della popolazione carceraria in Italia viene descritta come drammatica. Se ne parla da tempo, ma c’è stato un periodo in particolare che secondo te è stato determinante nel peggiorare la situazione e quali misure sarebbero utili a porre rimedio?
E.M.: “Le statistiche attendibili e di cui sono in possesso mi dicono che nel 2024 ci sono stati 91 suicidi, di cui il 20% sono stati Agenti di Polizia Penitenziaria, dato allarmante anche quest’ultimo. Fino a qualche giorno fa, nella nostra anteprima nazionale di Padova, il numero dei suicidi si avvicinava alle 70 unità. Sulla questione sovraffollamento mi risulta che su una popolazione di oltre 61.000 detenuti, circa 19.000 siano stranieri, comprendendo gli extracomunitari, ovvero il 31% .
Non tocca a me trovare o anche solo tentare soluzioni. Tocca alla politica. Spero vivamente che persone competenti e con sane radici umanitarie debbano affrontare prima o poi i numeri di questa strage”.
Abbiamo saputo che il Presidente Mattarella, che già nel 2024 ti ha insignito del titolo di “Commendatore della Repubblica Italiana” per meriti artistici, ha caldeggiato questo spettacolo.
E.M.: “Sì, il Presidente Mattarella ha inviato al Presidente del Coa di Padova, avvocato Francesco Rossi, una bellissima mail di sostegno allo spettacolo. E poi è arrivato l’importante patrocinio della Associazione Nessuno Tocchi Caino che, attraverso il vulcanico avvocato Gianluca Liut, tanto fanno per il sociale su tutto il territorio nazionale”.
Per concludere, anche in questa occasione, sei affiancato da due attrici che, negli ultimi anni, hanno spesso lavorato con te, Asia Galeotti e Martina Valentini Marinaz
E.M.: “Asia e Martina costituiscono la mia forza e la mia ispirazione ormai da anni. Ecco perché, dopo la chiusura forzata qualche mese fa della Scuola di Teatro Colli dopo 45 anni di attività, loro hanno deciso di creare una realtà completamente nuova della quale Martina è presidente e Asia direttrice artistica, il CFA-Colli Formazione Attori, realtà nella quale porto solo il mio contributo di tanti anni di esperienza, lasciando a forze giovani il peso e la responsabilità di nuove iniziative”.
Nella cover: da sinistra, Asia Galeotti, Emanuele Montagna e Martina Valentini Marinaz – @Teatro Colli
a cura di Anna Cavallo