In questo libro, che, oltre alla guida-racconto del viaggio in treno da Nord a Sud della Sardegna, contiene anche il racconto di un viaggio in omnibus Da Macomer a Bosa, l’autore finge che il viaggio in treno sia avvenuto nel luglio del 1881, l’anno seguente a quello in cui furono inaugurate le Reali ferrovie sarde.
In realtà la prima pubblicazione del particolarissimo Baedeker avvenne nel 1882, per il solo viaggio Sassari – Cagliari, mentre la terza edizione con il viaggio in omnibus, che viene pubblicata qui in Liber Liber, è del 1902. La pubblicazione fu ben recensita e ben accolta dal pubblico. Costa scrive di essersi ispirato un po’ al romanzo Il raggio verde (1882) di Jules Verne, ambientato in Scozia.
L’idea di Costa è quella di unire notizie storiche, economiche, di cultura e di costume relative ai luoghi attraversati dalla linea ferroviaria tutt’ora attiva, con elementi psicologici legati al viaggio in treno in generale ed al racconto di un’avventura avvenuta a bordo. Molte cose, scrive Costa nella terza edizione, sono cambiate da quei primi viaggi sulla linea appena inaugurata e moltissime, aggiungiamo noi, sono cambiate ad oggi. Basti dire che, dopo i primissimi anni in cui il treno partiva da Sassari alle 10, in seguito l’unico collegamento partiva da Sassari alle 6:40 e giungeva a Cagliari alle 17:20; oggi il viaggio dura dalle tre alle tre ore e mezzo!
L’autore premette al racconto del viaggio vero e proprio la situazione personale del viaggiatore che poi diventerà la nostra guida e racconterà panorami e storie e vecchi mestieri che scorrono al di là del finestrino e quanto avviene all’interno dello scompartimento: si tratta di un giovane, rimasto orfano da ragazzino, allevato da zii e zie e promesso sposo, contro la sua volontà, ad una cuginetta da una determinatissima zia. La narrazione è estremamente vivace e piacevole.
Una volta in treno vengono presentati gli altri viaggiatori dello scompartimento e Costa fa anche delle riflessioni, sappiamo quanto vere, sull’egoismo che ci fa sperare di viaggiare da soli, di non essere disturbati da altre e altri, ma nello stesso tempo quanto a volte sia piacevole e faccia passare il tempo poter socializzare con le altre e gli altri, che spesso si dimostrano una compagnia piacevolissima. E come tra i passeggeri può stabilirsi “una certa qual famigliarità” così che “il viaggiatore che sale nel nostro scompartimento, da una stazione intermedia, è sempre accolto come un intruso, come da importuno.”
Il viaggio inizia la domenica 3 luglio 1881 alle 10 dalla stazione di Sassari, allora oltremodo malmessa: sarebbe stata completata ed inaugurata solo nel 1884. L’autore nota come spesso lungo il tracciato della ferrovia le stazioni siano piuttosto lontane dal centro abitato che dovrebbero raggiungere: sembra sia una caratteristica non solo sarda!
Costa ricorda con profondissima stima l’opera di studio e di ricerca sulla storia della Sardegna compiuta dallo storico, archeologo, linguista, etnologo Giovanni Spano (1803 – 1878). Ricorda anche il viaggio del valente scrittore e giornalista sardo Salvatore Farina (1846 – 1918) che tornò con la moglie Cristina, nel 1881 dopo vent’anni di assenza, per un breve soggiorno e ebbe modo di visitare anche le miniere di Montevecchio. Purtroppo la moglie morì pochi mesi dopo.
Segue al racconto del viaggio in treno, il breve racconto del viaggio in omnibus da Macomer a Bosa, “la più bella e la più pittoresca fra le città sarde”, che fa decisamente voglia di visitare quei luoghi, pieni di natura e di storia. Oggi esiste un trenino che ripercorre lo stesso tragitto, Macomer – Bosa, di quella che era una delle prime linee delle ferrovie secondarie sarde, inaugurata nel 1888.
Buona lettura e che sia propedeutica ad un bellissimo viaggio in Sardegna!
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi
Dall’incipit del libro:
Se il Commercio avesse avuto una faccia ‒ parola d’onore! ‒ gli avrei dato un pugno sul muso. Figuratevi! partire nei primi di luglio da Cagliari per Sassari, dove mi fermai due giorni per sbrigare in fretta certe faccende commerciali; prendere a nolo una vettura da Zoppi; recarmi di buon mattino a Sorso per assaggiare certi vini vecchi da spedirsi in Francia; e ripartire poi in tempo per prendere il treno delle 10 antimeridiane, che doveva ricondurmi a Cagliari ‒ erano tutte cose da far crepare un Ceccone, non che un Cecchino, come son io!
Perocchè voglio sappiate, che al fonte battesimale (per un certo riguardo a mio padrino, cavaliere) mi fu imposto il nome di Francesco ‒ nome che conservai per pochi giorni, finchè piacque a mio padre di accorciarmelo con quello economico di Cecco, ed a mia zia di allungarmelo con quello vezzeggiativo di Cecchino.
Taccio delle peripezie del mio secondo stadio, quando cioè le nostre serve, in buona fede, mi storpiavano il nome; e la mia nutrice, baciandomi, esclamava con dolore:
‒ Povero cherubino! hai gli occhi così belli, e ti chiamano cieco!
Dirò solo: che oggi ho 26 anni e 29 denti ‒ sono molto robusto e ben tarchiato, e nondimeno si continua a chiamarmi Cecchino, con mio sommo dolore, e con soddisfazione della vecchia zia, la quale si ostina a voler vedere in me il ricciutello e roseo nipotino di venti anni fa.
Scarica gratis: Da Sassari a Cagliari e viceversa di Enrico Costa.




