Luigi Ambrosini effettuò tra il febbraio ed il marzo del 1915 un viaggio in Germania per conto del suo giornale “La Stampa”: le sue corrispondenze sono ora raccolte in questo volume. L’Italia era ancora neutrale, ma era ormai chiaro che non lo sarebbe rimasta per molto, e l’autore esprime chiaramente la volontà di rientrare il più presto possibile per evitare di essere internato come nemico o addirittura come spia.

Nei suoi articoli Ambrosini descrive la vita quotidiana del popolo tedesco, alle prese con i problemi alimentari ed economici causati dal blocco delle importazioni ed esportazioni da parte dei nemici. Nel 1915 il problema della scarsità delle risorse alimentari non era ancora drammatico come negli anni successivi: si era appena agli inizi del razionamento del pane, e la sua scarsità viene allegramente contrapposta all’abbondanza di patate, che lo sostituiscono nel vitto quotidiano. Il blocco delle esportazioni ha provocato il reindirizzamento delle industrie tedesche verso il mercato interno, quasi esclusivamente in funzione della guerra: non solamente per le armi e le forniture militari, ma anche per i generi di conforto alle truppe, che vengono acquistate dalla popolazione e donati ai combattenti. Viene anche descritto il ruolo della stampa e della propaganda. A questo proposito, singolare è l’osservazione che non solo nella propaganda, ma sinceramente anche nella popolazione, è diffusa l’idea che la Germania non ha voluto la guerra, ma vi è stata trascinata, soprattutto a causa dell’Inghilterra che ne temeva la concorrenza economica. Un concetto simile è presente nelle memorie di Erich Ludendorff, vice comandante in capo dell’esercito nella fase finale della guerra, e che partecipò alla pianificazione ed all’esecuzione dell’invasione del Belgio.

I tedeschi nel 1915 sono convinti che la guerra sarà per loro vittoriosa, ma il giornalista si concede un’osservazione profetica:

«Anche schiacciati quegli uomini risorgeranno dopo due generazioni a chiedere il proprio posto nel mondo, a pretendere la loro parte di dominio commerciale e industriale in una civiltà che è tutta di ferro, di acciaio, di macchine, di carbone, di benessere materiale e di cupidigie.»

In appendice al volume viene riportato uno scritto di Felice Rosina, giornalista del “Resto del Carlino”, che analizza il movimento dei partiti politici in Germania nel primo anno di guerra. È per noi sorprendente ricordare che la Germania Imperiale e militarista era formalmente una democrazia: esisteva un parlamento che aveva votato quasi all’unanimità i crediti di guerra, compresa la sua importante frazione socialista, ed in un primo tempo aveva stabilito una sospensione delle competizioni tra partiti: un deputato socialista morì al fronte, e nelle elezioni suppletive per la sua sostituzione i partiti borghesi non presentarono alcun candidato per consentire l’elezione del candidato socialista.

Già nel febbraio-marzo 1915, l’autore evidenzia che le cose stanno cambiando: il divieto di una conferenza di Liebknecht contro l’annessione del Belgio, la sospensione del giornale socialista “Vorwärts” per le sue critiche al governo, e l’astensione di 30 deputati socialisti dal voto sul bilancio militare in segno di protesta.

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

Ho passato il confine stanotte, sono in terra tedesca.
Confesso che questa cerimonia del passaggio del confine m’ha dato qualche momento di uggia. Anche se non v’accade nulla, può non essere sempre piacevole viaggiare un paese in tempo di guerra. Quel senso vago di sospetto che circonda inevitabilmente il forestiero finisce col darvi fastidio. Il pensiero che voi potete, sia pure fuggevolmente, essere considerato una spia, vi urta.
Nel migliore dei casi voi stesso sentite di essere un intruso, uno che entra per vedere, per notare, per prendere appunti, per propalare poi, fuori di qui, quello che veramente accade qui.
Eppure, il giornalismo è oggi l’unica forma possibile di spionaggio: una specie di spionaggio legalizzato.
Debbo dunque servirmi di questo diritto che m’appartiene.
Ho traversato la Svizzera tutta piena di soldati. Ma, non so perchè, la mobilitazione svizzera non mi ha lasciato nessuna impressione guerresca.
Il primo senso della guerra l’ho invece provato sul battello che m’ha condotto a Lindau da Rorschach, attraverso il lago di Costanza.
Sono partito da Rorschach a sera tarda; sul battello erano pochi passeggeri. Io ero il solo italiano che entrasse in Germania.

Scarica gratis: Un mese in Germania durante la guerra di Luigi Ambrosini.