Il fascino del viaggio spaziale ha sempre esercitato una forte attrazione nella letteratura; ogni epoca l’ha interpretato e narrato secondo le limitazioni che la conoscenza consentiva. Il greco Antónios Dioghénes (I-II sec. d.C.), pare che abbia narrato di poter andare sulla Luna come se fosse un lontano paese della Terra – resta molto poco del suo romanzo Le incredibili meraviglie al di là di Thule – e Edgar R. Burroughs, l’autore di Tarzan, nell’epoca nella quale varie forme di occultismo erano attivamente studiate anche da seri scienziati e sperimentatori, fa giungere John Carter su Marte grazie ai poteri paranormali di una strega. Si può dire che gli scrittori che si sono spinti con l’immaginazione a ipotizzare il viaggio spaziale nell’epoca così detta della “proto-fantascienza” (approssimativamente fino agli anni ’50 del XX secolo, almeno per l’Italia) abbiano spaziato tra tutte le soluzioni possibili, tranne quella che fu poi messa realmente in pratica. Si va dall’elettrocalamita del comunardo Paschal Grousset – con conseguenze opposte a quelle che erano state previste – alle idee poco praticabili di Verne che certamente non aveva chiaro quale rapporto intercorresse tra la “velocità di fuga” e la forza di gravità. Il panorama di queste ipotesi fantascientifiche potrebbe essere molto ampio, e, per rimanere in Italia si può accennare ancora, tra i più noti, a Yambo che narra di un veicolo a eliche, pur sapendo benissimo, nella prima decade del secolo XX, che tra gli astri non c’è aria.

Ma il metodo raccontato dal divulgatore scientifico siciliano Antonio (o Antonino) Prestigiacomo che si cela sotto lo pseudonimo teutonico-napoletano di Ciro Kahn (o Khan) è davvero originale; a sua volta prende spunto da ipotesi scientifiche dell’epoca che l’autore certamente conosceva benissimo e sulle quali ha costruito questa vivacissima e simpatica opera di fantasia. Mi riferisco principalmente alla panspermia di Arrhenius – che riprendeva comunque ipotesi molto antiche riesumate nell’800 da Von Helmholtz e Lord Kelvin – che Ciro Kahn riesce a coniugare sapientemente alle idee di Bergson sullo slancio vitale. Questa “corrente di vita” non potrebbe essere interpretata meglio che dal polline, il più tipico degli elementi fecondatori.

Un lavoratore agricolo, potatore, siciliano si trova occasionalmente in una zona irraggiungibile e particolarmente isolata fornita di una vegetazione eccezionalmente rigogliosa. Nel momento dell’impollinazione la “spinta” è così potente da consentire di abbandonare la terra. Il potatore in realtà non ne è neppure consapevole, e solo l’incontro casuale con un tedesco consentirà ad entrambi di comprendere che la spinta del polline non conduce la rudimentalissima navicella in America – come credeva il potatore – ma su Marte. Tutta la vicenda è narrata dal tedesco che lascia una lettera per giustificare l’ammanco della cassa dell’azienda per la quale lavora, cifra che, secondo lui, sarebbe servita per iniziare una valorizzazione economica della scoperta del volo spaziale. L’ironia e la satira verso la presunta efficienza tedesca permea tutto il racconto e a tratti è davvero divertente.

Questo testo conferma che una narrativa fantastica ha affiancato in Italia quella “realistica”, non risultando inferiore come qualità, ma semplicemente penalizzata da una scarsa visibilità e dal suo confinamento in collane di tipo “popolare”. In particolare la fantascienza, che dovrebbe svilupparsi ed essere alimentata da una base culturale e da un retroterra scientifico e tecnologico, sarebbe stata limitata nel suo sviluppo qualitativo e quantitativo in Italia proprio per la specifica storia che la vedeva in posizione retrograda dal punto di vista della cultura scientifica-tecnologica.

Essendo la fantascienza espressione letteraria che si sviluppò in simbiosi con la civiltà industriale ed essendo stata l’Italia in ritardo su questo sviluppo, la nascita della fantascienza italiana sarebbe quindi stata stentata e di qualità modesta. Il tutto acuito dal fatto che la borghesia italiana scelse la via del fascismo per favorire questo sviluppo industriale, e certamente il fascismo non amava particolarmente la diffusione della cultura soprattutto a livello popolare. La riscoperta di numerosi testi di protofantascienza pubblicati sui principali periodici nella prima metà del secolo scorso vale però da smentita rispetto a queste considerazioni.

Anche nel progetto Manuzio abbiamo contribuito a riportare alla luce opere dimenticate “di genere” ma non per questo trascurabili. Cito a titolo di esempio Komokokis di Egisto Roggero, I ciechi e le stelle di Giorgio Cicogna, Il gigante dell’Apocalisse di Giovanni Bertinetti, La città sottomarina di Roberto Chiosso, oltre al più antico Viaggio alla luna di Ernesto Capocci.

L’autore, che era collaboratore abituale del “Giornale Illustrato dei Viaggi”, pubblicò questo romanzo sul n. 82 della collana “Il Romanzo d’Avventure” del marzo 1931; l’anno successivo nella stessa collana comparve l’altro romanzo dello stesso autore e con pseudonimo quasi uguale (Ciro Kahn invece di Ciro Khan) L’uomo di fil di ferro, anche questo di grande originalità e antesignano della fantascienza “robotica” e che è possibile leggere su questa biblioteca Manuzio.

In appendice a Gli Astronauti del polline troviamo il racconto Il fabbricante di diamanti, in bilico tra fantascienza e horror e inseribile nel filone degli scienziati pazzi (ma geniali); in questo caso la molla che fa scattare prima la genialità e poi l’orrore è la cupidigia.

Il “Giornale illustrato dei viaggi” fu diretto, per la sua terza serie durata dal 1913 al 1931, da Guglielmo Stocco. Lo stesso aveva dato vita nel 1924 alla collana “Il romanzo d’Avventure”. In entrambe le pubblicazioni lo spazio riservato alla narrativa fantastica era notevole e accanto a romanzi di autori stranieri – spesso con notevoli riduzioni rispetto al testo originale – venivano proposti romanzieri italiani poco conosciuti. Alla morte di Stocco, nel 1932, la popolarità della collana periodica diminuì notevolmente e dopo qualche anno, modernizzando la veste tipografica, prese a pubblicare soprattutto racconti. Questo consentì alla “Romantica Sonzogno” di continuare a soddisfare quella fascia di pubblico che seguiva “Il romanzo d’Avventure”, con però maggiore rispetto e rigore per i testi originali.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Dire «Fritzsche u. Sohn», Amburgo; è lo stesso che dire: importazione ed esportazione di banane e di frutta secca.
Per le necessità ordinarie di questo commercio, ogni mattina, in un solenne momento che non veniva mai prima delle 9.15 nè oltre le 9.16, l’amministratore della Ditta era solito chiamare il suo dipendente immediato, Herbert Schnippel, e porgergli le chiavi per aprire la cassaforte.
Ora, siccome quel giorno, 25 novembre, si erano già fatte le 9.14 senza che il suddetto Herbert Schnippel si fosse fatto vivo in ufficio, l’amministratore, che non poteva assumersi la responsabilità di far crollare il mondo con un ritardo, si alzò per andare ad aprire personalmente.
La vigilia erano stati ritirati dalla banca diversi Assegni Circolari per l’importo tondo di trecentomila marchi. I titolari della Ditta vi avevano già apposta la firma di girata ed altro non restava che spedirli ai varî corrispondenti. In più vi dovevano essere, in banconote e valori, altri 24.735,15 marchi. Invece tutto l’ammontare che l’amministratore riuscì a trarre fuori non superava gli 8735,15 marchi.
Dato l’allarme e fatti accorrere i due Fritzsche padre e figlio, alla loro presenza l’amministratore potè scrupolosamente determinare che l’ammanco ascendeva a M. 316000. Al posto dei valori mancanti stava in mostra un quaderno riempito dalla scrittura dell’assente Herbert Schnippel.

Scarica gratis: Gli astronauti del polline. Il fabbricante di diamanti di Ciro Kahn.