Il presente testo comprende una serie di racconti di vario genere e fu pubblicato nel 1902. Una critica, anche se datata, che fu fatta da Eugenio Donadoni ai racconti di Fogazzaro, riguardava la struttura dei racconti. A suo avviso – ma questo concetto è stato espresso da autori moderni (ad esempio Andrea Camilleri) – il racconto, essendo per sua natura breve, non può essere un romanzo in formato ridotto; i vari aspetti dei personaggi che nel romanzo, dove si ha a disposizione uno spazio più ampio, sono espressi in un certo modo, nel racconto devono essere espressi in modo “più diretto”, secondo le parole di Andrea Camilleri. Secondo il Donadoni, l’analogo del racconto, nella poesia, è il sonetto.

Mentre il Fogazzaro tratta, sempre secondo Donadoni, alla stessa stregua le due forme letterarie.

A parte questa critica, da valutare racconto per racconto, essendo essi con molta probabilità, stati scritti in tempi diversi, in questi racconti emergono molte delle caratteristiche che sono presenti in tutta l’opera di questo scrittore. Ne esaminiamo alcune.

L’uso del dialetto o, nel caso di personaggi stranieri, anche l’uso di un lingua straniera. Secondo Fogazzaro l’uso del dialetto era più consono a descrivere i personaggi dell’alta borghesia vicentina, cui egli apparteneva. Per esempio nel racconto che dà il titolo alla raccolta, pervaso peraltro da un carattere naturalistico che dà l’impressione al lettore di essere di persona nel lago di Lugano su cui si affaccia il paese di Oria (dove Fogazzaro passava le vacanze), viene usata sia la lingua inglese che francese. Il dialetto, invece, viene usato da Fogazzaro in modo più esteso. I personaggi meglio si esprimono in questo idioma che in una lingua, che come si dirà fra poco, era una lingua solo letteraria, e quindi inidonea al parlare comune.

All’epoca in cui scriveva Fogazzaro, ed in special modo nella sua regione, il Veneto, di abbastanza recente unificazione al resto del Regno d’Italia, l’italiano era ancora considerato una lingua letteraria, quindi i personaggi, sia essi appartenenti alla borghesia o anche al popolo, si caratterizzavano meglio nelle loro sfumature, nel dialetto comunemente parlato, essendo l’italiano una lingua avulsa al loro modo di pensare e di esprimersi. Come nel racconto L’orbo di Rettorgole dove viene usato in modo massiccio il dialetto per caratterizzare il personaggio principale appartenente al popolo minuto ed il suo modo di porsi nei confronti della realtà.

L’uso del dialetto, in funzione di linguaggio idoneo alla borghesia dell’epoca, ma anche in funzione di distacco fra i personaggi di diversa estrazione sociale – come prima spiegato – si può vedere nel testo (sorta di atto unico), La lira del poeta.

Nel racconto L’orologio di Lisa, certe locuzioni espresse in dialetto, caratterizzano meglio i vari personaggi. Un personaggio è definito “dotor tocaizzo”, che caratterizza meglio il carattere attaccaticcio del personaggio. In questo racconto, peraltro, Fogazzaro – che era avvocato anche se aveva “condannato a morte il codice penale” – indugia in locuzioni latine ed in termini tecnico-giuridici, che possono rendere difficoltosa la comprensione a chi di quei termini non è avvezzo.

Altro aspetto, che si può intravedere in questi racconti – ma è molto più evidente nei romanzi – è l’ambiguità delle situazioni. A metà strada fra norma e peccato. Una ambiguità che in Fogazzaro, quale fautore delle idee modernista, ma allo stesso tempo un fervente cattolico, lo porterà a voler conciliare le due cose con il risultato della messa all’indice dei suoi romanzi.

Sinossi a cura di Piero Giuseppe Perduca

Dall’incipit del primo racconto Idillii spezzati:

Io tengo a Oria, sulle rive del lago di Lugano, una piccola villa battuta dalle onde a piede di un monte vestito di ulivi, di viti ed anche di allori, che nessun poeta, prima di me, è andato a cercare.
È un ameno e tranquillo angolo del mondo, caro ai sognatori e agli artisti. Quando sono a Oria passo gran parte della giornata sul lago, solo nel mio canotto, vestito come un barcaiuolo, con qualche libro e i miei arnesi da pesca. Quest’abitudine mi procurò, molti anni sono, la più romanzesca avventura della mia vita.
Approdai una mattina col canotto a una spiaggia fra due scogli in faccia a Lugano, dove c’è adesso la trattoria del Cavallino. Allora il luogo era del tutto selvaggio e deserto. Vi ha fra i due scogli un piccolo valloncello ombroso che conduce a una sottile argentea cascatella. Avevo pescato lungo le rive sassose del monte Caprino e rotta la mia pesca senza pigliare un pesciolino.

Scarica gratis: Idillii spezzati di Antonio Fogazzaro.