Un’immagine della terra dei faraoni illustrata da una donna a un pubblico di lettori prevalentemente femminile, e frutto dei suoi soggiorni principiati ancora quattordicenne al seguito della famiglia e poi proseguiti col marito, mercante di antichità egiziane ed egli stesso egittologo. In pagine che spaziano dagli episodi di cronaca spicciola alla descrizione degli aspetti istituzionali, dalle escursioni nel deserto alle scoperte negli scavi archeologici, dalle sfilate dei massimi dignitari e dai coloriti fasti cerimoniali fino alle feste della tradizione popolare e ai quadri di un misero vivere quotidiano, si snodano le vicende autobiografiche della scrittrice in un paese dove le grandezze di una incipiente e coraggiosa modernizzazione attuata dal viceré Mohammed Alì continuavano a convivere e a contraddirsi con le usanze primitive e le superstizioni ereditate da un’antica civiltà.

In questo contesto narrativo si incastonano le impressioni sugli harem: prima italiana a potervi accedere in quanto donna e parlante l’arabo, Amalia Nizzoli ridimensiona la loro icona, plasmata e favoleggiata nel corso dei secoli da un immaginario maschile tanto irrealmente fantastico quanto eroticamente fantasioso, e con occhi disincantati osserva l’imbarazzante onnipresenza degli eunuchi, il vuoto esistenziale negli ambienti sontuosi, gli insipidi chiacchiericci fra donne d’alto bordo e di bassa o nessuna istruzione, e lo spettacolo di odalische umiliate anche a lavare le scale. Uno sguardo oggettivo, che quando diventa critico è mantenuto sempre nel limite di giudizi estremamente equilibrati e rispettosi della realtà del paese, e assieme alle numerose notizie di prima mano rende ancora oggi gradevole la lettura di questo libro apparso nel 1841, assegnandogli un posto significativo nel campo egittologico, dell’antropologia, e della letteratura di genere.

Molto altro a proposito di queste Memorie si può leggere anche nell’ampia biografia di Amalia Nizzoli, qui in Liber Liber.

Sinossi a cura di Giovanni Mennella

Dall’incipit del libro:

Compiva appena il tredicesimo anno, allorquando combinazioni particolari fecero risolvere i miei genitori a portarsi in Egitto, ove erano invitati di recarsi da mio zio il dottore Filiberto Marucchi che colà copriva il posto di medico di S. E. il Defterdar-bey, gran contabile del regno di Mehemed-Aly.
La mia famiglia era già da tempo stabilita in Toscana ove io nacqui. I miei genitori, oriundi di Torino, espatriarono in occasione dell’arrivo delle truppe francesi all’epoca della rivoluzione repubblicana.
E qui devo notare una singolare circostanza: noi ci disponevamo nell’agosto del 1819 a rivedere Torino, ed io specialmente a conoscere ed abbracciare i parenti che avevo colà, e dei quali, dietro un precedente viaggio fatto qualche anno avanti coi miei genitori, avevo conservata alcuna memoria.

Scarica gratis: Memorie sull’Egitto e specialmente sui costumi delle donne orientali e gli harem di Amalia Nizzoli.