Allo scoppio della seconda guerra mondiale Appelius divenne corrispondente per l’Agenzia Stefani – diretta in quegli anni dal sansepolcrista Manlio Morgagni – in Polonia e in Francia. Dal 1941 venne però incaricato – anche a causa di peggiorate condizioni di salute che gli rendevano difficile proseguire l’attività di corrispondente di guerra – di tenere per radio, dapprima due volte e poi tre volte alla settimana, alle ore 20 la rubrica “fatti del giorno”. I commentatori radiofonici sugli eventi bellici furono principalmente lui e Giovanni Ansaldo; ma mentre il “giornalista fascista che sapeva dire no” mantenne un atteggiamento un poco più equilibrato, Appelius appiattì totalmente i suoi interventi radiofonici sulle necessità propagandiste del regime fascista, senza esitare a fornire una costante deformazione degli avvenimenti allo scopo di mettere in rilievo i successi – veri o presunti diventava fatto secondario – delle forze dell’Asse; il tutto finalizzato a tenere alto il morale del “fronte interno”.

La rubrica andò in onda dal 1941 al 1943. Nel 1941 le speranze di vittoria dell’Asse sembravano in ripresa e c’era necessità del “consenso” dell’opinione pubblica. La radio divenne così il mezzo di comunicazione più allineato al regime e più deciso nel sostenere l’impegno fascista nella guerra. Quello che sembrava utile al Ministero della cultura popolare fu però rapidamente visto con disprezzo da sempre più ampi strati di popolazione, soprattutto tra i settori più scolarizzati e colti. Appelius puntava su un linguaggio semplice, fatto di frasi brevi e di invettive contro il nemico; chi vorrà leggere questi interventi troverà strali e volgarità non solo verso i capi politici e militari del campo avversario ma anche verso i popoli “nemici”. «Dio stramaledica gli inglesi» era il suo “mantra” pressoché quotidiano, e divenne anche uno slogan tipico del regime e dei fascisti più convinti e bellicosi. Ma dopo l’iniziale consenso le proteste per il linguaggio e il tono dei suoi interventi crebbe. Al punto che lo stesso ministro Pavolini si vide costretto a intervenire per invitarlo a moderare il linguaggio.

Tra alti e bassi sopraggiunge anche il disturbo portato dallo “spettro” che si inseriva sulla lunghezza d’onda del programma di Appelius per contrastarne la propaganda. Lo “spettro” – che Appelius definiva il “bastardo” – trasmetteva da territorio sovietico e la voce era di Luigi Polano. C’era poi radio Londra che sperimentava una sorta di contro-propaganda con la voce del colonnello Stevens. Queste polemiche rialzarono gli ascolti al punto tale che i responsabili della propaganda pensarono bene di produrre uno “spettro” fasullo, contro il quale Appelius avesse buon gioco a condurre la propria polemica uscendone sempre vittorioso. Nonostante le critiche sempre più aspre, tramite questi espedienti che gli garantivano il successo del pubblico, Appelius poteva così rimanere esente da ogni limite alla sua straripante e ridondante apologia. Non a caso venne soprannominato “il megafono del duce” il quale – quasi a conferma di questa definizione – affidò ad Appelius la celebrazione radiofonica del ventennale dell’era fascista, intervento che si può leggere in questo volume.

Ma alla fine del 1942 i sentimenti bellici degli italiani avevano ormai smesso di essere sulla cresta dell’onda; le maggiori città italiane venivano sistematicamente bombardate dagli alleati e anche il popolo sa che non può più “vincere” ma solo “resistere”. La propaganda di Appelius diventa imbarazzante anche per il regime, per il nuovo ministro Polverelli e per lo stesso Mussolini. Ma gli interventi compresi nel volume si fermano all’ottobre del 1941, e nel 1942 il volume fu dato alle stampe.

Appelius spiega così i suoi interventi:

«A volte dobbiamo esaltare lo sforzo eroico dei nostri soldati ed i duri, dignitosi sacrifici del popolo.
Altre volte la nostra voce, dura e sdegnosa, deve interpretare con crudezza di espressioni il sentimento della nazione contro il nemico; rispondere magari, a nome di tutti, agli oltraggi villani ed ingiusti dell’avversario inferocito; condensare in parole violente l’odio contro il nemico, sacrosanto odio fruttificato dal dolore, santissimo odio senza del quale non si può estremamente combattere e fortissimamente vincere. La rampogna contro l’oltraggio ritorce l’insulto e lo rimbalza sul ghigno del nemico. L’odio esplodendo arriva alla maledizione ed alla stramaledizione che interpreta lo stato d’animo del combattente nel furore della mischia.
Altre volte il nostro compito è invece di spiegare, di chiarire ciò che può presentarsi al pubblico un po’ confuso, estrarre cioè dai cento elementi che costituiscono una situazione quei quattro o cinque elementi fondamentali che sono gli unici che contano.»

Ma l’andamento della guerra consentiva sempre meno l’euforia. Appelius passò da essere la voce dell’entusiasmo fascista ad essere invece considerato una delle cause del disfattismo e dello scoraggiamento, nonché un istigatore al bombardamento da parte del “nemico” che – secondo la voce popolare – rispondeva così con le bombe alle sue provocazioni. Venne soprannominato Mario App, perché “appena” iniziava a parlare la gente spegneva la radio. Un esempio di un suo commento tratto dalla trasmissione del 31 gennaio 1943:

«Il 1943 è un anno di sangue e di dolore. Dobbiamo attraversarlo con cuore fermo, denti stretti, risoluti a combattere con tutte le possibilità della materia e con tutte le forze dello spirito, per vincere a qualunque costo. Chi perde il 1943 perde la guerra, la storia, la patria, la casa, la ragione di vivere.»

Franco Monteleone in Storia della radio afferma che comunque Appelius in questa fase era intransigente verso chi lo accusava di esasperare i toni rispondendo: «io faccio propaganda di guerra e non zabaglioni. Zabaglionisti ce ne sono troppi alla nostra radio». Così gli interventi di Appelius vennero dapprima diradati e alternati con altri commentatori fino a scomparire del tutto con la soppressione della trasmissione il 10 aprile 1943.

Il confronto con l’evoluzione del conflitto e la sempre più complicata gestione delle cattive notizie in arrivo dai fronti di guerra doveva fare anche i conti con la propaganda avversaria. Non si trattava più del solo militante comunista Luigi Polano ma le “voci della verità” che si potevano ascoltare nell’etere si facevano sempre più numerose e con il loro aumento aumentava anche la severità delle sanzioni per l’ascolto clandestino. Per comprendere tutto questo anche il presente testo può essere storicamente utile e propedeutico, in quanto credo che senza dubbio gli interventi radiofonici di Appelius, ridondanti di enfasi retorica e di irruenza di toni, anche se non furono certo loro la causa dell’intensificarsi del bombardamenti, contribuirono però a costruire un clima di insofferenza via via sempre più ampio verso una propaganda di regime che più voleva innalzare il tono e più si copriva di ridicolo.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

La guerra di Russia è forse destinata ad assumere grandi proporzioni nel conflitto mondiale.
Si ha un po’ l’impressione che gli eserciti dell’Europa in marcia verso Leningrado, verso Mosca, verso Kiev, verso Odessa stiano sfondando dei grandi teloni che chiudevano l’orizzonte della guerra e che il conflitto stia allargandosi smisuratamente, come è fatale avvenga in un conflitto come questo, il quale è destinato a cambiare la faccia del mondo ed a sistemare l’umanità su nuove basi politiche, economiche e sociali.
Bisogna perciò che la gente abbia idee chiare e semplici su questo grande avvenimento e che appunto attraverso questa nitidezza e precisione di vedute possa vivere in pieno questo grande periodo di storia di fronte al quale impallidisce la medesima epoca napoleonica.

Scarica gratis: Parole dure e chiare di Mario Appelius.