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Il X Tomo della Storia degli Italiani di Cantù, che comprende i capitoli dal CXL al CXLVIII ed il periodo storico dalla metà del XV alla metà del XVI secolo, è nella prima metà dedicato al particolare e fortunato sviluppo delle arti e della letteratura. È un
«secolo di tante miserie per l’Italia, eppure di bocca in bocca qualificato come d’oro, come un meriggio, sottentrato alle tenebre del medioevo»
perché, favorito a Roma da papa Leone X, raffinato e colto umanista, dalla lungimiranza dei Medici a Firenze e dal desiderio di competizione nella bellezza nelle altre parti d’Italia; il periodo vede fiorire l’architettura, la scultura, la pittura, la miniatura, la tarsia, la maiolica, … il genio di Leonardo. Cantù cita gli eccelsi artisti e le loro opere, che divennero il vanto di questo ‘secolo d’oro’, ma è interessante leggere anche quanti altri artisti al tempo in cui scriveva l’autore, in pieno Ottocento, fossero ancora per lui degni di menzione. Dopo le arti, Cantù passa ad esaltare il risorgimento della lingua e della letteratura italiana in tutti i suoi generi, dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia al teatro, e la nascita dell’Accademia della Crusca, costituitasi ufficialmente il 25 marzo 1583. L’amore per l’arte e le lettere moltiplicò generosi mecenati, che sostennero il lavoro degli artisti.
Dopo un capitolo, il CXLIV, dedicato ai costumi e alle opinioni, la seconda parte di questo Tomo X, gli ultimi corposi quattro capitoli, verte tutta sulla religione, che vide in questo secolo momenti cruciali. Qui l’autore scrive dell’avanzamento della riforma religiosa in opposizione a Lutero, dell’Inquisizione, del Concilio Tridentino e delle questioni giuridiche legate al diritto cattolico. Il Tomo X si chiude sulle guerre religiose, sulla permanenza del credo valdese e sul nesso tra i Valdesi e la Valtellina.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Dall’incipit del libro:
La vitalità de’ tempi repubblicani sopravvivea, portando all’attività e alla creazione; mentre dai modelli classici, che allora o si discoprivano, o meglio fissavano l’attenzione, imparavansi eleganza e correttezza. Da questo felice temperamento trae carattere il secolo di Leon X; secolo di tante miserie per l’Italia, eppure di bocca in bocca qualificato come d’oro, come un meriggio, sottentrato alle tenebre del medioevo: ma l’altezza a cui si spinsero le arti del disegno e quelle della parola, anzichè creazione de’ Medici, fu effetto dell’antica vigoria, che agitava l’Italia anche sul punto di perire.
Il bisogno di contemplare e imitar la bellezza visibile siccome scala alla suprema e immutabile, e di farla specchio alla coscienza meditatrice, alimentò sempre le arti fra noi: tanto che, ridotte quasi una parte della liturgia, si prefiggevano certi tipi e forme rituali, volendo esprimere piuttosto la visione dello spirito che la corretta imitazione della natura, raggiungere l’evidenza efficace dell’emblema piuttosto che la squisitezza della forma; piuttosto ispirare devozione e raccoglimento, che destare vaghezza e meraviglia; atti di fede insomma, meglio che prove d’abilità. All’ispirazione accoppiasi poi lo studio; dalle immobili rappresentazioni bisantine si passa alle libere e variate d’un’arte indipendente, la quale infine prevalse fin a proporsi anzitutto la plastica squisita, lasciva però di sembianze, scarsa d’affetto; traducendo la realtà della fisica, non interpretando i misteri della morale natura.
Scarica gratis: Storia degli Italiani. Tomo X di Cesare Cantù.