Rafaele Contu spiega in questa lettera le ragioni che lo hanno spinto ad affrontare questa traduzione, apparentemente lontana dalle sue attività traduttive abituali. Contu – giornalista scientifico abituato a spaziare tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande – si rivolge idealmente a Sothis, la divinità egizia che impersona la stella più brillante del nostro firmamento visibile, Sirio, ma che in questo caso specifico lascia intravedere l’identificazione con il suo grande amico “egiziano” Ungaretti. La sua amicizia con Ungaretti, che nella lettera non viene espressamente citato, è infatti alla base di questa scelta:

«Offerte in tal modo all’altrui stupore queste indeterminate feritoie sul mondo della scienza – ahimé quanto lontano e spesso ostile – m’avvenne di sentire una piú decisa curiosità per l’opera di Valéry. Ne furono causa gli accenni bene informati, colti nel distratto parlare d’un grande poeta nostro; che dall’esperienza bilingue trae accenti non mai uditi, e dal suo leggersi nell’intimo, un’umanità d’amore metallica e trasparente. “Valéry – mi diceva – per riposare si dà a risolvere equazioni”.»

In totale opposizione alla fama di scritto “oscuro”, Contu vede invece in Eupalino uno strumento per «manifestarmi più efficacemente cosí varie chiarezze». E Contu ci indica queste «chiarezze» dal punto di vista degli scienziati («cui mi posso mettere accanto, senza sentirmi uno di essi»), gettando tutte le fondamenta per costruire il ponte tra scienza e arte.

Difficilmente, in poche pagine, avrebbe potuto offrire migliore interpretazione di quello che ci vuole comunicare Valéry con il suo Eupalino. È con queste contaminazioni che possiamo infatti giungere a stimolanti sintesi tra teoria e prassi, e ampliare «impensatamente il raggio prospettico». Contu, che aveva nel suo bagaglio culturale non solo una invidiabile visione d’insieme delle prospettive scientifiche della sua epoca, ma anche una notevole cultura umanistica e artistica, sa cogliere molto meglio di altri eruditi, chiusi però nel loro circolo di competenze, gli aspetti «d’un linguaggio immaginoso non dissimile a quello poetico» che caratterizza formule e interpretazioni di non pochi scienziati. In questo modo Contu ci introduce alla lettura del dialogo del Valéry nel migliore dei modi e con lo spirito giusto per giungere alla sua particolare e personale visione di quella sintesi tra teoria e prassi che magistralmente operano Fedro e Socrate nel dialogo stesso:

«Certo mi piace, sovrattutto, l’agire e l’operare, e non in qualunque modo, ma facendomi sempre condurre da un’intima legge che, senza pentimenti e senza deviazioni, mi rende, ogni istante, ortodosso della mia verità e all’istesso tempo umile innanzi alle forze edificatrici che portano e lasciano l’impronta d’una sovrana volontà.»

La sua ammirazione per Mussolini lo induce a cercare tra le cose dette dal dittatore una citazione che potesse apparire appropriata. A posteriori possiamo tranquillamente affermare che nel corpo del testo tale citazione è certamente superflua.

Questo e-book è realizzato sulla base dell’edizione stampata in 90 copie numerate e fuori commercio. La medesima lettera fu poi pubblicata nel 1933 all’interno della terza edizione di Eupalino, facente parte della collezione dei “Quaderni di Novissima”.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

A Sothis
Questa lettera vuole testimoniarLe una mia precisa gratitudine. Qui, infatti, sono parole e pensieri suggeriti dalla Sua esemplare chiarezza; da certa Sua perfetta tecnica del discernere senza fatica le cose essenziali da quelle accessorie, del cogliere quanto c’è di astratto nel concreto e di concreto nell’astratto, del negarsi talune prospettive della ragione secondo un gusto singolare, e con leggi ch’io cercavo di ricostruire a stento, ricavandone tuttavia le medesime gioie da cui son fatte piú nostre le intuizioni e le scoperte.
Discorrevamo appunto – e quasi come ora – questo «Eupalino», del quale è uso celebrare l’oscurità o piuttosto la difficoltà, dall’Autore attribuita all’’emploi presque simultané des modes les plus opposés de se servir du langage’. Nessuna scrittura avrebbe però potuto manifestarmi più efficacemente cosí varie chiarezze: la Sua, effetto d’un congegno di schermi a riflessione totale; e la mia, se ciascuno ha la propria chiarezza e non manca neppure a me, risultante geometrica di interferenze che si avventurano nel mio spirito e lo soddisfano, grazie alla loro impreveduta varietà. «Qu’est-ce qu’il y a de plus mystérieux que la clarté?».

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