Nell’anno 1700 morì Carlo II re di Spagna, di Sicilia, di Napoli e dei regni spagnoli d’America, duca di Milano e di Borgogna, signore dei Paesi Bassi. Carlo, ultimo re della dinastia degli Asburgo di Spagna, non avendo figli, aveva nominato erede dei suoi stati Filippo Borbone, nipote del re di Francia Luigi XIV. Questa successione creava un legame dinastico tra la Francia e la Spagna che modificava la mappa del potere in Europa, mettendo in allarme le altre potenze, che furono indotte a opporsi con una guerra che afflisse l’Europa per lungo tempo.
La Sicilia all’inizio non fu direttamente interessata dalla guerra nel suo territorio; solo nell’estate del 1713 vi arrivò, inaspettata, la notizia che con la Pace di Utrecht il Regno era stato ceduto al duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, che poco dopo arrivò in Sicilia per prendere possesso dei nuovi dominii.
Sulle prime i Siciliani furono contenti della novità, ritenendo che il nuovo sovrano avrebbe fatto di Palermo la sua residenza; ciò avrebbe gratificato l’aristocrazia con la frequentazione di persone di rango reale e dato un impulso agli affari, stimolati dalla presenza in città della corte. Tuttavia presto fu chiaro che la capitale di Vittorio Amedeo restava Torino, dove in effetti, dopo pochi mesi di soggiorno in Sicilia, il Re se ne tornò, lasciando a Palermo un viceré.
Si riproduceva così la situazione già a lungo sperimentata coi re spagnoli, con la differenza che prima l’amministrazione del Regno era stata condotta da funzionari siciliani, napoletani o spagnoli, con criteri vicini alle tradizioni e all’indole dei Siciliani, mentre ora a comandare c’erano funzionari e magistrati provenienti da Torino, le cui abitudini spesso contrastavano con le abitudini del luogo. Il fatto che un re straniero fosse stato sostituito da un re italiano non era rilevante, poiché allora alla nazionalità non si faceva molto caso.
Da parte sua, anche Vittorio Amedeo, per un verso contento dell’elevazione del suo rango ‒ da duca a re ‒ si trovava a regnare su un regno troppo lontano dal centro dei suoi interessi, che inoltre lo coinvolgeva in una controversia col Papato riguardante l’applicazione dell’Apostolica Legazìa, un antico istituto per il quale il re di Sicilia nei suoi dominii fungeva da legato del papa. La controversia, che era nata pochi anni prima sotto il re Carlo II, era via via cresciuta d’intensità, fino al punto che da Roma venivano fulminate scomuniche a preti, vescovi, regi funzionari e ministri, sempre più in difficoltà tra i contrastanti ordini dell’autorità regia e di quella religiosa. Oltre a ciò, sempre a causa della controversia, Roma non riconosceva il Savoia come re del regno di Sicilia, considerando una prerogativa papale l’investitura di quel regno, come di un feudo dipendente dalla Chiesa.
Il regno di Vittorio Amedeo non durò molto: fin dall’inizio la Spagna mise in atto delle manovre diplomatiche e anche militari per riacquistare i perduti dominii italiani, e infine nel 1720 Vittorio Amedeo cedette la Sicilia a Carlo VI d’Austria in cambio del Regno di Sardegna. In Sicilia non molti furono dispiaciuti per la partenza del Savoia, ma neppure molto amato fu il successore Asburgo, che rimase fino al 1735, quando, con don Carlo Borbone, in Sicilia ritornò una dinastia spagnola.
Dall’esperienza siciliana Vittorio Amedeo ricavò qualche insegnamento che gli fu utile nei rapporti col popolo del suo nuovo regno di Sardegna e con le sue tradizioni, con le quali usò più cautela che con quelle siciliane. Alcune figure di siciliani eminenti nel campo del diritto, dell’amministrazione pubblica, dell’architettura seguirono Vittorio Amedeo e andarono a operare in Piemonte; tra questi D’Aguirre, Iuvara, Osorio. Ma in Sicilia, del governo sabaudo, delle riforme delle leggi e dell’amministrazione pubblica messe in atto in quei sette anni, restò ben poco.
Sinossi a cura di Ruggero Volpes
Dall’incipit del libro:
Il dì 3 novembre del 1700 l’uscio della stanza, dove Carlo II avea reso l’ultimo sospiro in Madrid, spalancavasi a un tratto; e ambasciatori e magnati presenti nella reggia, e il popolo accalcato al di fuori riceveano l’annunzio che il monarca era cessato di vivere, e che l’erede istituito era Filippo V Borbone, duca di Angiò, secondogenito del Delfino di Francia.
Quell’annunzio presagiva lo scoppio d’una terribile procella in Europa. La monarchia delle Spagne serbava ne’ due mondi l’apparente grandezza de’ più floridi giorni, ma si trovava presa dentro di languore incurabile, quando in Carlo II minacciava di spegnersi la discendenza maschile dell’Austriaca famiglia trapiantata colà. Sfinito, decrepito poco oltre i trent’anni, pesto, infermiccio, il povero re si consumava tra superstiziosi fantasmi ed imagini sconsolate di morte: e già intorno a lui, ne’ maneggi di palazzo e ne’ consigli europei, si trattava del suo vuoto retaggio come preda alle rivali ambizioni.
Scarica gratis: La Sicilia sotto Vittorio Amedeo di Savoia di Isidoro La Lumia.