Digitalizzato a partire dalla prima edizione del 1919, questo romanzo affronta il tema patriottico, particolarmente importante nel periodo della Grande Guerra, e negli anni immediatamente successivi. L’Autrice aveva spesso inserito nello sfondo dei suoi romanzi temi patriottici, perché l’amor di patria è sentimento nobile e caro anche alle donne, fanciulle o mamme; ed in quest’opera ambientata prevalentemente in un paese di montagna vicino al fronte fa entrare prepotentemente la realtà bellica. Il rombo del cannone e il crepitare delle mitragliatrici irrompono nella pace della natura alpestre e ancora più pesantemente colpiscono la vita del villaggio, in cui figli e mariti sono arruolati, e che ospita un ospedale militare.

Per Anna Maria, orfana di madre, figlia di un colonnello in pensione e allevata per anni a Milano dalla nonna, il ritorno al paese e alla vita con il padre rappresenta anche una occasione di impegno concreto a vantaggio dei soldati feriti, diventando una infermiera premurosa e instancabile nell’ospedale. Un giovane ufficiale, Tino, strappato alla morte dalle sue attente cure, la riconosce in una immagine idilliaca dell’anno prima, quasi un sogno, una giovane vista seduta accanto alla cascata, una vera Najade delle acque alpine. Tino si innamora di Anna Maria, che ricambia i suoi sentimenti e gli promette di aspettarlo quando, guarito, ritornerà a combattere.

Fa da contrasto all’amore puro e nobile di Tino la corte serrata che il giovane Pietroni, ricco proprietario della fabbrica di proiettili nel paese, fa ad Anna Maria. Ma la giovane non può provare sentimenti diversi dal disprezzo per chi si è imboscato per evitare i pericoli del fronte, e glielo esprime chiaramente.

Alla figura dell’imboscato è dedicato un altro romanzo, scritto nella stessa epoca del dopoguerra (e anche esso disponibile su Liber Liber), Il dio nero, di Clarice Tartufari. Lasciamo alle lettrici ed ai lettori il piacere di porre a confronto le due storie e il modo in cui le autrici affrontano, con uguali sentimenti morali ma stili e mezzi diversissimi, il tema di chi si è sottratto alla difesa della Patria al fronte, e le reazioni delle giovani in età da marito di fronte al corteggiamento di un imboscato.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

Adagiato nella poltrona rullante di mogano rossastro, le borchie e gli ornamenti in bronzo dorato e il sedile foderato di broccato turchino scuro, Tino di Scorzon, uscito dal letto della sofferenza, avvolto nella vestaglia, i piedi nelle morbide pantofole, la sigaretta fra le labbra, se ne stava da un poco sul terrazzo che si apriva davanti la camera che lo ospitava.
Tino di Scorzon era stato, tre mesi prima, trasportato dalla fronte in miserande condizioni. Gravemente ferito, egli era caduto nella neve alta e quivi rimasto per un’intera giornata in mezzo a un cumulo sanguinolento di compagni, quali irrigiditi dalla morte, pochi, come lui, crudelmente feriti. Lì, fra la neve rossa di sangue, egli sarebbe certamente perito al pari di parecchi suoi commilitoni, senza l’eroico aiuto del suo attendente, che al cadere della notte, strisciando su lo strato morbido e insidioso, sfidando i proiettili che saettavano da ogni parte, riusciva, a forza di stenti, a trarlo di là, svenuto, esangue, morente. Dall’ospedaletto da campo, subito dopo la prima medicazione, l’avevano portato nell’ospedale meno lontano: nella villa generosamente offerta dal proprietario a la Croce Rossa, allo scopo di raccogliervi i feriti in guerra. In quell’ospedale, Tino di Scorzon era giaciuto in completa incoscienza per giorni e giorni; e già i medici disperavano della sua salvezza, quando un giorno si ridestò miracolosamente a la vita. Si ridestò in uno stato di sbalordimento e di sfinimento pietoso; stato di semi-incoscienza, che lo tenne per qualche tempo con lo spirito inerte e gli occhi sbarrati. Poi, a poco a poco, il confuso ricordo lo scosse dal torpore; e, come in sogno, vagamente si sentì nella realtà. Volle muoversi; al lieve sforzo un acuto dolore per tutto il corpo lo ripiombò nell’immobilità; si accorse d’avere le braccia fasciate e una gamba nell’apparecchio. Ferito! era ferito! davanti a la mente che si andava stenebrando, gli si schierarono le visioni spaventevoli e strazianti dell’ultima scena di guerra e di morte cui aveva assistito prima di cadere colpito.

Scarica gratis: La najade della cascata di Anna Vertua Gentile.