Del governo della peste di Ludovico Antonio Muratori fu pubblicato la prima volta a Modena nel 1714. Fu scritto mentre l’autore era in villeggiatura autunnale a Spezzano Modenese. L’edizione, sempre di Modena, del 1722, che fu la seconda, fu curata dal Muratori stesso.

La prima edizione ebbe largo successo e singolare fortuna editoriale, certamente favorita dalle frequenti minacce di contagio che si susseguivano all’epoca. La seconda edizione raccoglie rilevanti aggiornamenti e correzioni operate dall’autore. Questo e-book riproduce l’edizione del 1832, che è l’ultima integrale (vari brani sono antologizzati in numerosi testi che raccolgono le opere del Muratori) fatta eccezione per un’edizione in tiratura limitatissima in 140 esemplari (Milano 1992).

Il governo della peste è uno dei temi che maggiormente sono oggetto della riflessione morale e civile del Muratori, e che percorrono gran parte della sua opera, insieme alla pesantezza dei tributi, il problema demografico, il sostentamento del povero minato da lusso, usura e feste di precetto. Su tutto si dipana la figura paterna del “buon principe”: “qualunque rigore che adoperi per questo un buon principe, tutto sarà da lodare; e all’incontro biasimevol sarà ogni indulgenza e trascuraggine”. Scrivendo ad Antonio Broggia, che aveva fatto alcuni rilievi in merito al breve scritto sulla peste, dice: “Le osservazioni sue intorno al governo della peste son tutte utili e giudiziose; ed ha fatto bene ad alzar la voce contro i medici ed altri magistrati che si scuoprono sì trascurati in tempi di peste, cioè in cose di tanta importanza”.

L’erudizione medica del Muratori che emerge con chiarezza dalle pagine di questo libro deriva, oltre che da uno spiccato interesse personale, dalle sue conversazioni col Vallisnieri, con il quale tenne rapporto epistolare, e dalla familiarità col Ramazzini e il Torti; erudizione medica che non mancherà di manifestare anche in opere successive come De potu vini calidi del 1720. Non si può non rilevare che, nella pratica attuazione delle misure restrittive destinate a contenere il contagio e nelle resistenze che ne conseguono, tanti aspetti affrontati in questo testo ricordano non poco i nostri giorni. L’occasione per scrivere questo testo in realtà derivava dal fatto che nel 1713 la peste stava dilagando in Ungheria e in Austria e si temeva potesse passare in Italia. La repubblica di Venezia prese misure precauzionali che destarono allarme tra le popolazioni della pianura padana.

Questo “trattato popolare”, come lo definì il Muratori stesso, trovava la sua originalità nel riuscire a operare una sintesi tra aspetto medico e implicazioni civili e religiose conseguenti all’epidemia di peste. Fin dal primo capitolo è affrontata la questione pratica di “come difendersi” respingendo la passività ammantata da rassegnazione cristiana; l’esperienza del passato dimostra che il rimedio è la quarantena almeno per il popolo che non ha la possibilità di difendersi che hanno invece i ricchi. Va interrotto il traffico eccetto quello indispensabile col contado; la vigilanza deve essere ferrea per scoprire gli “infetti occultati”. Muratori si mostra scettico riguardo a possibili rimedi (cauteri, salassi e altri medicinali per bocca); apprezza disinfettanti alla canfora e allo zolfo. Il terzo libro è dedicato ai doveri del clero in tempo di peste.

L’amplificazione della diffusione di questo libretto iniziò con l’estratto che Vallisnieri pubblicò nel «Giornale dei letterati» nel 1715. Muratori accantona le numerose e oscure teorie del suo tempo, spesso del tutto bislacche, e per concretizzare la utilità pubblica del suo scritto finisce per fare, non del tutto consapevolmente, l’apologia dell’applicazione del metodo sperimentale. L’interesse della terza parte consiste, per chi volesse conoscere meglio la figura del Muratori, nel fatto che si pone come testimonianza della nascita interiore del desiderio dell’apostolato che lo portò ad assumere in seguito la carica di parroco. Anche per questo il Muratori pone l’accento, oltre che sul consueto bisogno di regole, sulla convergenza degli interessi civili e religiosi. Questa edizione è corredata, oltre che da una breve introduzione sulla vita e l’opera dell’autore, dalla relazione dei medici in relazione alla peste di Marsiglia, relazione postillata da un commento del Muratori stesso.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

La peste, uno de’ più terribili mali che possano affliggere il genere umano, benchè non sia propriamente lo stesso che il contagio, pure suol avere fra noi il nome di contagio, perchè col toccare i corpi, o l’aria degli appestati, o le merci, o robe loro, se ne infettano i sani, con più forza e strage che non accade in altri morbi epidemici e attaccaticci; dilatandosi la peste sino a spopolar le città, le campagne e le province d’abitatori. Consiste la pestilenza in certi spiriti velenosi e maligni, che, corrompendo il sangue o in altra maniera offendendo gli umori, levano di vita le persone, spesso in pochi, e talora in molti giorni, o pur all’improvviso. Quella che nasce dalla totale infezion dell’aria, mai, o quasi mai non suol accadere, benchè per accidente succeda che l’aria ambiente gli appestati s’infetti anch’essa, e tanto più cresca tal infezione, quanto più copioso e vicino è il numero di quegl’infermi. All’incontro bensì frequentemente accade quella che è infezion di corpi contagiosa, cioè, che s’attacca agli altri col contatto e che riesce maggiormente pericolosa nelle città molto popolate e ristrette, e dove non soffiano venti che purgano l’aria.

Scarica gratis: Del governo della peste e della maniera di guardarsene di Lodovico Antonio Muratori.