Aria! Moto!
di
Luigi Capuana
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In casa Borsino avevano proprio paura che l’aria si mangiasse quei due bambini tanto desiderati e venuti con tanto ritardo; e avevano paura del freddo, del caldo; insomma non saprei dire di che cosa non avessero paura.
Per ciò Angiolina ed Alfredo crescevano come fiori di serra, palliducci, stentatini, riguardosi e timidi da non sembrare due bambini, ma una donnina e un omino rimasti con quelle sembianze in virtù di qualche incanto.
L’aria veniva rinnovata attentamente a ogni quarto d’ora; ma per aprire le finestre d’una stanza, i piccini erano condotti via nella stanza appresso. Se la cameriera e il servitore lasciavano socchiuso un uscio che poteva produrre un riscontro, padrone e signora diventavano furibondi, li maltrattavano quasi avessero voluto attentare alla vita dei loro figliolini; e marito e moglie erano ordinariamente d’una bontà estrema con le persone di servizio.
Il dottor Carlani doveva venire a far visite due, tre volte la settimana e osservare quelle povere creaturine, se mai non avessero qualche male latente, se mai non vi fosse qualcosa da arrestare subito ai primi passi, o qualcosa da prevenire.
— Ma così loro fanno peggio! Aria, aria, moto!
Il dottore predicava invano.
— Ah, lei non ha bambini! — gli rispondevano insieme marito e moglie.
Per poco non sospettavano che il dottore dèsse quei consigli a fine d’avere una grave malattia da curare, e di rendere più preziosa la sua assistenza.
Una passeggiata coi bambini – in carrozza, s’intende – veniva discussa per ore. Il marito consultava il termometro, tenuto a posta fuori la finestra, per esser ben certo della temperatura: la signora spiava il cielo, le nuvole, l’atteggiamento dei passanti, con pochissima fiducia nei responsi del termometro. E quando la decisione era affermativa, bisognava vedere come quei bambini venivano infagottati, perchè non sentissero nessun cattivo effetto dell’impressione dell’aria aperta!
— Ma cosi loro fanno peggio!
Il dottore predicava invano.
— Ah, lei non ha bambini! — rispondevano invariabilmente marito e moglie.
Il signor Borsino s’era formato una bibliotechina di opere mediche intorno alle malattie della prima età, e le studiava da mattina a sera. Studiava meglio anche tutte le quarte pagine dei giornali; e di nascosto del dottore faceva ingollare ai figliuolini intrugli ricostituenti, proclamati miracolosi dagli inventori e anche dalla compiacente ciarlataneria dei medici di grido; i quali forse si prestavano al giuoco convinti che quei ricostituenti, se non ricostituivano niente, non nuocevano neppure.
Verso i sette e gli otto anni, i bambini però si risentirono tutt’a un tratto di questo strano regime. Cominciarono a deperire a vista d’occhio; pareva invecchiassero, invece di crescere.
Padre e madre addebitavano quel deperimento allo studio; le lezioni che due maestre venivano a dare in casa, tre sole volte la settimana, furono diradate anche di più, e alla fine soppresse a dirittura. Appunto in quei mesi si parlava di difterite, di rosolia, di morbillo, che menavano strage in città; e padre e madre temevano che le maestre non importassero, da qualche casa da loro frequentata per altre lezioni, il germe fatale di qualcuna di quelle malattie.
Le precauzioni vennero raddoppiate; l’aria rinnovata meno frequentemente; i soliti portentosi intrugli somministrati in più larghe dosi; ma senza nessun giovamento.
Un giorno il dottore per isgravio di coscienza, parlò quasi brutalmente:
— O mutano questo genere di vita, o i bambini sono spacciati!
Padre e madre atterriti, si rimisero nelle mani del dottore, lo implorarono con le lagrime agli occhi:
— Ordini, per carità; sarà obbedito!
E l’ordine fu questo:
— Li mandino dalla nonna in campagna!
— Dalla nonna?
E parve dicessero:
— Da quella vecchia pazza?
Giacchè, appunto per via dei bambini, una rottura era avvenuta tra madre e figlio; e la nonna aveva giurato che non sarebbe più venuta in casa di lui, finchè egli avesse persistito a tenerli all’ospedale; la casa del figliuolo, a lei abituata all’aria libera della campagna, non pareva casa, ma ospedale.
— E, ne ha il tanfo! — avea soggiunto l’ultima volta che n’era uscita per non rimetterci più piede.
Marito e moglie si guardarono negli occhi quando il dottore rispose insistentemente e calcando le parole:
— Dalla nonna! Dalla nonna!
E chiedendo mille scuse, facendo interminabili proteste di stima e di rispetto senza accorgersi della contraddizione, proposero un consulto; e non con uno, ma con altri tre dottori.
— Anche con cento! — acconsentì, ridendo, il dottor Carlani.
Quasi fosse stato fatto a posta, in quei giorni s’ammalò gravemente la signora. E i bambini dovettero essere condotti in campagna dallo stesso dottor Carlani che si offerse gentilmente.
* * *
Angiolina e Alfredo erano ormai ridotti peggio dei loro genitori, cioè assai più paurosi dell’aria, della luce, del caldo e del freddo; e per qualche settimana furono la disperazione della nonna, che aveva accettato di averli presso di sè a patto di farli vivere come avrebbe voluto lei.
Bisognava proprio che li cacciasse fuori di casa per farli andare pei campi, o a giuocare sotto gli alberi. Rispondevano sempre:
— Il babbo non vuole, la mamma non vuole.
— Babbo e mamma sono dei grulli! — rispondeva irritata la vecchia. — Fuori, fuori!
E attrapparono un forte raffreddore, con tosse, febbre e il resto.
— Benissimo! — disse la nonna.
I bambini si credettero capitati in mano d’una tiranna.
Il signor Borsino non era potuto andare a vederli, ma aveva scritto una lettera al giorno.
Appena sua moglie entrò in convalescenza, senza preavviso, una mattina capitò alla villa, e pareva uno stralunato. Sua madre credette che fosse accaduta una disgrazia.
— Tua moglie?
— Sta meglio. E i bambini?
— Sono fuori.
— A quest’ora?
— Sono fuori da due ore.
— Dove?
— Pei campi.
— E la rugiada?
— Gli bagnerà le scarpe; non vuol dire!
Il signor Borsino fece un gesto di desolazione, e scappò alla ricerca dei figliuoli. Chi sa in che stato li avrebbe trovati!
Non credette ai propri occhi; – ed era passato appena un mese! – Abbronzati dal sole, ingrassati, cresciuti di statura mezza spanna, ma conciati nei vestiti in modo da far paura, con mani sporche di mota, con scarpe infangate e bagnate, a quell’ora, quasi alle otto di mattina! Non credeva ai propri occhi!
S’era accostato piano piano, dopo averli scoperti in mezzo all’erba, laggiù. E che aveva veduto? Angiolina con un cappellaccio di grossa paglia in testa e Alfredo in berretto, chinati e intenti a riempire di mota un barattolo di latta; la bambina con un cucchiaio di legno, il bambino a dirittura con le mani. E dove, proprio dove? In un posto acquitrinoso, coi piedi in mezzo all’acqua che faceva gora tra i giunchi nascenti! Rimase. Potè a stento dar loro la voce, e li spaventò mostrandosi a quel modo con le braccia aperte e gli occhi spalancati.
I bambini non osavano accostarglisi, temendo peggio di un rabbuffo. Ma quando videro spuntare dietro le spalle del babbo il fazzoletto rosso che la nonna portava in testa, si rassicurarono e si slanciarono verso di lui; ma la nonna li trattenne pei braccini:
— Non gli sporcate il vestito!
Il signor Borsino si sentiva mortificato da quella incredibile realtà che gli dava così apertamente torto; e arrossì quando Angiolina, che aveva preso una cert’aria impertinente, gli domandò:
— Babbo, sei venuto per portarci via?
Il babbo li baciava e li tastava. Come erano sodi quei polpaccini, quelle braccine! E che bel rosso sotto la pelle abbronzata!
— Maria non li riconoscerà! — balbettava.
Eppure, poco dopo, voleva dare dei consigli di moderazione e di riguardi alla nonna che si teneva i nipotini stretti tra le braccia con gran tenerezza; ma la vecchia gli turò la bocca, rispondendo:
— La mia casa non è il tuo ospedale! E qui costoro sono figli miei, e ne faccio quel che voglio io! Nè per ora te li rendo; neppure se mandi i carabinieri!
Il signor Borsino, commosso non seppe rispondere altrimenti che ripetendo:
— Maria non li riconoscerà!
Fine.
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Aria! Moto!
AUTORE: Capuana, Luigi
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Il drago e Cinque altre novelle pei
fanciulli / Luigi Capuana. - 2. ed. - Torino : G. B.
Paravia, 1907. - 95 p. ; 20 cm.
SOGGETTO: FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)