Una catastrofe
di
H. G. Wells
tempo di lettura: 12 minuti
La piccola bottega non faceva affari, anzi puzzava di liquidazione. Winslow non era uomo capace di fare i conti, ed intravvide la realtà poco a poco, benchè ne avesse sempre avuto il presentimento, e fu un cumulo di circostanze che fece nascere in lui la persuasione di essere alle porte del fallimento.
Innanzi tutto che cosa ci stavano a fare quelle quattro pezze di tela? Ne aveva venduto cinquanta centimetri in tutto! E quell’altra stoffa da quaranta centesimi al metro, quella stessa che Bandersnach, il negoziante della Via Larga, vendeva a venti centesimi! Al disotto del prezzo di fabbrica? Certamente doveva rimetterci! Bandersnach poteva bene lasciar vivere il prossimo!
E quei berretti che ci stavano a fare? Nessuno li voleva! Sfido io, c’era una sola misura di testa! Ed allora si rammentò del conto aperto coi negozianti all’ingrosso Helter, Skelter e Compagni….
A quanto ammontava quel conto?… Quando ci pensò, Winslow stava al banco con uno scatolone verde fra le mani, ed i suoi occhi bigi si allargarono smisuratamente, ed i suoi baffi arruffati parvero arruffarsi ancor di più. Egli aveva rimandato il pagamento di quel conto da un giorno all’altro!… Si allontanò dal banco per recarsi allo scrittoio che gli serviva da cassa. (Aveva per sistema di rilasciare al banco una tessera ai compratori, poi di correre alla cassa e ritirare i denari quasi non si fidasse della propria onestà).
Osservò il calendario affisso al muro e facendovi scorrere sopra le magre dita: «uno, due, tre…. tre settimane ed un giorno? – disse fra sè. – Solamente tre settimane ed un giorno! Pare impossibile!»
— Il thè è pronto, – disse la signora Winslow aprendo la porta a vetri della retrostanza.
— Ora vengo, – rispose il negoziante, e girò la chiave nella serratura dello scrittoio.
In quel mentre entrò in bottega un vecchio signore dall’aspetto scortese e brontolone, con un viso rosso rosso, tutto imbacuccato in un ampio mantello di pelliccia.
— Uff! – esclamò il cliente, – un fazzoletto!
— Benissimo, di che prezzo signore?
— Un fazzoletto, e spicciatevi!
Winslow alquanto turbato presentò ed aprì due scatole:
— Ecco, signore.
— Sono di latta i vostri fazzoletti, – esclamò l’altro tastando la tela. – Come si fa a soffiarsi il naso con questa roba!
— Forse il signore desidera un fazzoletto di cotone?
— Quanto costa?
— Quaranta centesimi, il signore non desidera altro?
— Andate al diavolo! – rispose il vecchio frugandosi nelle tasche e tirandone fuori uno scudo.
Winslow cercò cogli occhi il libro di cassa che non era mai in un posto ben determinato, ed i suoi sguardi s’incontrarono con quelli del vecchio signore che andò difilato alla cassa, prese il resto ed il fazzoletto, uscì, non senza aver manifestato ad alta voce il suo sdegno contro le volgari abitudini di quella bottega.
Winslow si rianimava ogni qualvolta entrava qualche cliente; ma il cassetto aperto gli ravvivò le sue inquietudini.
Ad un tratto udì battere alcuni colpi contro i vetri della porta, alzò gli occhi, e vide sua moglie. Essa gli offriva un rifugio! Chiuse lo scrittoio, girò la chiave del cassetto, ed entrò nella retrostanza per bere il thè.
Nondimeno egli era assai preoccupato: tre settimane ed un giorno!
Contro ogni sua abitudine mangiò avidamente alcune fette di pane imburrato e rimase collo sguardo fisso sul vasetto di conserve.
Minnie, sua moglie, cercava di intavolare il discorso, ma egli rispondeva distrattamente. L’ombra di Helter Skelter e Compagni sorgeva dalla tavola da thè, ed egli era alle prese con quell’idea nuova di fallimento, di liquidazione, che prendeva forma e corpo!
Oramai era nè più nè meno un fatto concreto; alla Banca rimanevano trentanove sterline, e fra tre settimane ed un giorno Helter e Compagni gliene avrebbero chieste ottanta!
Dopo che ebbe sorbito il thè, entrarono in bottega due o tre clienti per fare acquisti di poca importanza: dei bottoni, qualche nastro di cotone, un paio di calze. Allora Winslow temendo che i cattivi pensieri si nascondessero minacciosi in qualche canto della bottega, accese assai prima di notte le lampade ed incominciò a piegare alcune pezzuole di tela, lavoro puramente meccanico, richiedente uno sforzo più fisico che morale.
E l’ombra di Minnie, nella retrostanza, girava intorno alla tavola. La buona donna era occupatissima nel rivoltare una vecchia veste.
Dopo pranzo, Winslow uscì per fare due passi, e quando tornò a casa la moglie era già a letto. Qui l’aspettavano i suoi nemici, i cattivi pensieri, che lo perseguitarono tanto bene, che a mezzanotte il sonno sparì. Aveva già avuto per due o tre notti una tale compagnia; ma questa volta la cosa fu assai più seria.
Prima di tutto gli si fecero innanzi i signori Helter, Skelter, Grab e Compagni col conto di ottanta sterline, una somma colossale per chi ha incominciato con un capitale di settanta sterline. E questi signori sedettero a lui davanti e lo assediarono di domande. Ed egli cercava scuse e pretesti. Se facesse una vendita di liquidazione? E si sforzava d’immaginare una vendita meravigliosa con un incasso altrettanto meraviglioso, malgrado il grande ribasso. Ma ecco che la ditta Bandersnach (101, 102, 103, 105, 106, 107, Via Larga) si univa agli assedianti. Ed egli vedeva la lunga facciata del negozio e gli articoli che erano venduti con un guadagno irrisorio. In che modo lottare contro una ditta simile? D’altronde egli stesso che cosa poteva vendere?
Incominciò a far l’inventario delle mercanzie.
Che cosa si poteva dunque mettere in vista per far fruttare la vendita? Ed ecco presentarsi alla sua povera mente un mucchio disordinato di tele bianche, gialle, e nere, a fiori, tutte sgualcite, guanti macchiati e vecchi a furia di stare in negozio, e mille altre cose di mercerie ridotte oramai in uno stato poco presentabile. Non vi era alcuna speranza! Nulla contro i suoi implacabili creditori! Come mai poteva supporre che un cliente qualsiasi comprerebbe simili fondi di bottega! Perchè aveva egli comprato quegli articoli piuttosto che altri assai più utili? Ed il suo odio contro Helter Skelter e Compagni aumentava sempre più….
E poi che bisogno vi era di una cassa, e delle lampade che aveva pagato cinque sterline?
Poi ad un tratto provò un acuto dolore rammentandosi che doveva pagare ancora il fitto della bottega! Diè un gemito e si avvoltolò nel letto. Innanzi agli occhi confusamente, nel buio, si disegnava la massa bianca delle spalle della signora Winslow. Quella vista fece cambiare direziono a’ suoi pensieri. Come! egli era lì, torturato dagli affari, ed essa dormiva come un fanciullo. Si pentì di averla sposata, e la sua amarezza era infinita, come quella che prova il cuore umano specialmente nelle prime ore del giorno. Quella che dormiva a lui vicino non gli era di nessun aiuto, era un peso, una responsabilità.
Che follia era stata la sua di averla sposata!
Il placido sonno di Minnie lo irritava a tal segno che avrebbe voluto svegliarla per gridarle: Siamo rovinati! Essa avrebbe dovuto, allora, andare a stare da uno zio, da quello zio che non aveva fatto nè avrebbe mai fatto nulla per lui!
Egli vedevasi elemosinando il pane, chiedendo in ogni negozio un impiego da garzone, oppure scrivendo innumerevoli lettere, egli che aborriva lo scrivere lettere: «Signore, leggendo l’avviso che avete fatto pubblicare nel *Mondo Cristiano*, ecc., ecc.» e vedeva una serie di inquietudini e di disillusioni e come fine: nulla, nulla, un baratro!
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Winslow si vestì sbadigliando, poi andò ad aprire il negozio; si sentiva stanco prima ancora che la giornata incominciasse.
E mentre toglieva le imposte domandava a sè stesso a che cosa potesse essere utile tutto ciò che faceva in quel momento. La luce penetrava nel negozio, e con la luce penetrava la realtà. Infatti quale bottega! Il pavimento mezzo rotto, il banco in pessimo stato…. miseria…. fallimento!
E dire che da sei mesi egli aveva sognato un piccolo negozio civettuolo, ed un modesto ma sicuro guadagno nella cassa! Ed ecco che ad un tratto si svegliava da questo sogno.
….Il saliscendi della porta scucì una falda del suo abito, e quell’incidente lo fece andare su tutte le furie, rimase un po’ indeciso, quindi diè colla mano un altro strappo all’abito e si recò da Minnie.
— Ecco, – disse in tono di rimprovero, – potreste badare un po’ di più agli abiti di vostro marito.
— Io non aveva visto che era strappato.
— Voi non vedete mai nulla, – rispose Winslow assai ingiustamente, – oramai è troppo tardi!
— Se volete, ricucirò subito.
— Facciamo colazione prima di tutto, e fate le cose al loro tempo.
A colazione egli fu preoccupato e Minnie l’osservava ansiosa. Parlò solamente per dire che le uova erano pessime. Quelle uova non erano cattive, puzzavano solamente un po’ (diamine, costavano uno scellino la quindicina), ma erano mangiabili.
Winslow allontanò brontolando il piatto, mangiò una fetta di pane imburrato e ricominciò a pigliarsela colle uova.
— Amico mio, – disse Minnie, quando egli si alzò da tavola per tornare in bottega, – voi siete ammalato.
— Io sto benissimo, – rispose Winslow lanciando alla moglie uno sguardo pieno di odio.
— Allora vi è qualcosa. Siete forse in collera per lo strappo? Dite ciò che avete! Voi eravate di cattivo umore anche ieri al thè ed a pranzo, eppure non era per lo strappo!
— Ed ho ragione di essere in collera.
— Ma che cosa c’è dunque?
L’occasione era troppo bella per lasciarla sfuggire, e con una brutalità drammatica Winslow rispose:
— Che cosa c’è! Ah! che cosa c’è?! Ho fatto tutto quello che ho potuto e se non posso pagare ottanta sterline a Helter, Skelter e Compagni fra tre settimane….
E tacque un momento, poi ripigliò:
— Ebbene, saremo perduti…. perduti! Ecco che cosa c’è, perduti!
— Oh! per carità, – esclamò lei.
Winslow chiuse la porta violentemente. Egli si sentiva alleggerito almeno della metà del suo dispiacere. Ed incominciò a spolverare delle scatole che non avevano alcun bisogno di essere spolverate, poi ripiegò delle pezze di tela che erano già perfettamente ripiegate. Era il destino che lo rendeva di quell’umore da cane, perchè non era la sua poca energia la causa di tutto ciò, neanche per sogno! Non aveva forse egli fatto, Dio mio, tutti gli sforzi possibili, tutte le combinazioni immaginabili per salvarsi?
E tutto ciò per giungere a questo stato!
Un orribile dubbio gli traversò la mente: non vi era dunque più Provvidenza se esisteva un Bandersnach…. o forse era una dura prova che Iddio gli mandava?
Questa idea lo consolò moltissimo e s’immaginò in tutta la mattinata di essere un martire del destino.
A pranzo, un piatto di patate diede il tracollo a quel disgraziato. Alzò gli occhi improvvisamente, e vide Minnie che lo guardava. Essa era pallida, cogli occhi rossi. Fu commosso, gli si serrò la gola, le sue idee s’ingarbugliarono e presero un’altra direzione.
Allontanò il suo piatto e fissò sua moglie, poi si alzò, si avvicinò a lei e le s’inginocchiò innanzi esclamando:
— Oh Minnie!…
Ella capì subito che era venuta l’ora della riconciliazione, l’abbracciò strettamente mentre egli singhiozzava. E singhiozzava come un fanciullo, dicendo ch’era stato un miserabile d’averla sposata, d’averla condotta alla rovina, che non meritava neppure un soldo di credito, che tutto era colpa sua, e che aveva avuta troppa fiducia in sè stesso!
E le sue frasi finivano con un urlo.
Minnie piangeva, ma silenziosamente, e gli batteva una mano sulle spalle adagio adagio ed andava ripetendogli: «Caro mio, caro mio!…» per calmarlo.
Ad un tratto si udì suonare il campanello del negozio. Winslow si alzò di botto e si ricompose.
….Dopo quell’incidente, al thè, a pranzo, a colazione, a letto, parlavano sempre della loro situazione, seriamente, senza concludere nulla, collo sguardo fisso nel vuoto; ma confortati della loro reciproca confidenza.
— Che fare? Non lo so!
Era l’eterno ritornello di Winslow. Minnie, benchè in procinto di essere madre, faceva di tutto per essere gaia; ma aveva bisogno di tutto il suo coraggio e di tutta la sua energia. Chi lo sa! Lo zio le verrebbe in aiuto nel momento critico. A nessuno conviene l’essere troppo superbo! D’altronde, «qualcosa poteva succedere!» era la sua frase favorita.
E speravano, e calcolavano sopra una vendita eccezionale.
— Forse, diceva Minnie, – potrete raggranellare cinquanta sterline. Vi si conosce abbastanza per farvi un po’ di credito.
E discutevano in proposito. Ammessa la possibilità di una proroga accordata da Helter, Skelter e Compagni si sentivano incoraggiati a guadagnare la somma indispensabile.
L’indomani, dal giorno in cui Winslow aveva confessato tutto, essi furono quasi totalmente rasserenati, ridevano delle loro inquietudini esagerate! Anche venti sterline, come punto di partenza sarebbero bastate! Ma ad un tratto, non so come, la speranza che Helter e Compagni potessero accordare la proroga, svanì; e Winslow precipitò nel baratro della disperazione. Diè un’occhiata ai mobili chiedendo a sè stesso quanto potevano valere. La credenza in ogni caso era in buono stato e vi erano vecchi piatti che Minnie aveva ricevuto in dono dalla madre sua. Poi gli balenarono in mente dei mezzi straordinari per allontanare il giorno maledetto. Aveva sentito parlare di vendite all’incanto, e queste parole, vendite all’incanto, lo rassicuravano. D’altronde perchè non chiedere aiuto ad uno strozzino?
Un fatto che lo incoraggiò maggiormente accadde nel pomeriggio. Una bambina entrò in negozio con un campione di tela, e Winslow potè nel suo miserabile «stok» trovare la pezza della stessa qualità e contentare la piccola cliente. Non gli era mai successo un caso simile! Andò subito da Minnie a dirle l’accaduto.
Del resto l’incidente è narrato per dimostrare al lettore che il cielo si rasserenava ogni tanto.
I giorni seguenti, Winslow aprì bottega un po’ più tardi. Quando non si dorme la notte e non vi è più speranza, a che pro alzarsi di buon mattino? Ma al venerdì mattina, quando entrò nella bottega successe un caso assai bizzarro.
Vide in terra qualcosa di color bianco e di forma rettangolare. Si chinò per osservare e raccattò una busta listata a lutto. Era indirizzata a sua moglie. Certamente era qualche morto in famiglia, forse lo zio…. Egli conosceva troppo lo zio per poter fare assegnamento su di lui! E sarebbe stato necessario vestirsi a lutto ed andare ai funerali! Brutale crudeltà della gente che muore! E Winslow vide innanzi a sè dei pantaloni neri, dei guanti neri, dei cappelli col lutto! E doveva comprare tutto ciò! E la bottega chiusa per lutto di famiglia!
— Ho paura, Minnie, – disse, – che vi sia qualche cattiva notizia!
Ella era in ginocchio innanzi al camino affaccendata a soffiare nel fuoco. Si voltò e vedendo la busta esclamò, sospirando:
— Ho paura che sia mio zio! – e prese la lettera guardando il marito con occhi di spavento. – Non conosco la calligrafia!
— La busta porta il timbro di Hull.
— Di Hull?!
Minnie lacerò adagio adagio la busta, ne tirò fuori la lettera, l’aperse e guardò la firma. — È del signor Speight.
— E che cosa dice?
Minnie incominciò a leggere….
— Oh! – esclamò subito, abbandonando la lettera. E cadde come svenuta colle mani sugli occhi.
Winslow raccolse rapidamente la lettera:
«Una tremenda disgrazia è successa!
«La gran torre del camino della fabbrica di Melchior è caduta ieri sul tetto della casa di vostro zio e tutti sono rimasti uccisi!
«Vostro zio, vostra cugina Mary, Will e Ned, e la cameriera sono rimasti tutti schiacciati, voi li riconoscerete a mala pena! Vi scrivo per darvi la notizia prima che i giornali ne parlino….»
Winslow dovette sostenersi ad una seggiola per non cadere anch’esso.
Tutti morti! E vedeva la casa dello zio, rovinata, ed i cadaveri irriconoscibili! E intravvedeva la speranza della salvezza sua! e cercava di provar dolore, ma non vi riesciva!
E seguitò a leggere:
«Voi siete la sola parente prossima» scriveva il signor Speight.
— È spaventoso! – mormorò Minnie, ricordandosi un poconota 1.
Winslow la fissò tentennando il capo. Mille cose gli balenavano in mente, ma nessuna gli parve degna di essere espressa in tale occasione.
— Dio l’ha voluto! – diss’egli finalmente.
— Cio è terribile, – esclamò Minnie. – Mia zia! la mia cara zia! e quel caro zio!
— Dio l’ha voluto! – ripetè con unzionenota 2 Winslow.
— Sì, – disse dopo un po’ Minnie, – sì, forse Dio l’ha voluto, ed ed osservava la busta che lentamente si accartocciava sulle ceneri ancor calde del focolare.
Erano tutti e due assai mesti e nè l’uno nè l’altro avrebbero in quel momento potuto udire qualsiasi parola a proposito dell’eredità. Minnie tornò innanzi al focolare e incominciò lentamente ad accendere un giornale; anche dopo i momenti più tristi, le abitudini della vita riprendono il loro andamento. Winslow sospirò profondamente e si avviò senza far parola alla porta di strada.
Quando l’aperse, un largo fascio di luce penetrò nella scura bottega, e Brandersnach, Helter, Skelter e Compagni erano spariti dalla mente sua come nubi al sole di levante. Per ora, egli era occupato a ritirare le imposte, ed al più presto possibile; in cucina il fuoco scoppiettava allegramente sotto una piccola cazzeruola che pareva cantasse, Minnie faceva cuocere due uova, uno per lei, eccezionalmente, l’altro per il marito, e la si udiva apparecchiare la tavola con una insolita ostentazione….
Il colpo era stato imprevisto e terribile; ma bisogna convenire che in questo triste ed inesplicabile mondo, noi siamo capaci di far fronte a simili disgrazie….
Era passato mezzogiorno e nessun de’ due aveva ancor parlato di eredità.
Fine.
nota 1 – Traduzione molto discutibile. Così in originale: “How awful!” said Minnie, in a horror-struck whisper, and looking up at last. [Nota per l’edizione elettronica Manuzio]
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nota 2 – In originale: with infinite feeling. [Nota per l’edizione elettronica Manuzio].
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Una catastrofe
AUTORE: Wells, Herbert George
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Novelle straordinarie / H. G. Wells ; [illustrazioni di Celso Ondano]. - Milano : Fratelli Treves, 1905. - 211 p., [10] c. di tav. : ill. ; 27 cm.
SOGGETTO:
FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)
FIC028040 FICTION / Fantascienza / Brevi Racconti