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In questa lettera, stampata nel 1919 nella Rivista Nuovo Convito, il glottologo Matteo Giulio Bartoli risponde, dimostrandone l’errore, a un collega francese che ritiene che gli abitanti di Venezia Giulia e Dalmazia si sentano slavi, a parte Trieste; tesi contestata dal Bartoli che elenca quattro principali parlate romanze della Venezia Giulia e della Dalmazia che ritiene “italiane”: il veneto orientale, il friulano, l’istriano (oggi chiamato istrioto) e il dalmatico (scomparso alla fine dell’800). Le ultime tre parlate sono prevenete, ovvero sono nate prima di Venezia.
Bartoli nota che in queste terre gli slavi usano come lingua scritta lo sloveno e il serbo-croato mentre gli italiani usano come lingua scritta l’Italiano.
Sinossi a cura di Michele De Russi
Dall’incipit della lettera:
Permettetemi di rispondere pubblicamente alla cortese lettera che mi scrivete sulla questione adriatica.
Voi dite:
«Il est entendu que vous devez avoir, dans l’Adriatique, des garanties militaires et que vous devez, par des raisons stratégiques, occuper des pays qui ont été romans, mais qui aujourd’hui sont slaves, se sentent slaves et veulent être slaves. C’est une entorse à mes principes. Personne n’y contredit cependant. — Du reste vous avez le verrou: Vallona.
«Il est entendu que Trieste est une ville italienne. Mais vous savez mieux que moi que l’Istrie est un pays à peu près tout entier slave, à l’exception de Trieste»!!
Trieste sarebbe insomma una eccezione a una specie di norma fonetica! Infatti voi – seguendo stavolta i «Junggrammatiker», anzi i…. «Junker» piú violenti – riducete a viva forza il numero delle anomalie e a viva forza ingrossate quello dei casi normali. E, sempre secondo il metodo «junggrammatisch», i vostri consenzienti ragionano cosí: normale (slavo), ergo anteriore e popolare, o anzi, nel caso nostro, nazionale.
Scarica gratis: Le parlate italiane della Venezia Giulia e della Dalmazia (1919) di Matteo Giulio Bartoli.