Questo breve testo del filosofo Piero Martinetti, pubblicato per la prima volta anonimo nel 1926, contiene una sintesi della sua concezione filosofica e religiosa. Viene affermato che in questa realtà ogni vita all’inizio distingue l’unità sua centrale, l’io, dagli altri elementi attorno a sè, il mondo.

Quando l’io riconosce che il mondo è una sua rappresentazione allora supera il mondo e lo nega. Ogni vita inoltre aspira come ideale a un’unità divina. Questa unità divina è perciò considerata non come creatrice del mondo della molteplicità ma come la salvatrice del mondo, in quanto mediante la luce della verità ogni vita dissolve la molteplicità, l’illusione e il male.

Le forme di vita inferiori sono individui chiusi e diretti alla sola conservazione, poi da esse sorgono le vite basate sulla Giustizia e lo Stato, poi le vite sono elevate all’unità morale e all’esigenza della Carità. La forma più alta è la vita religiosa, prima mitica e poi razionale, che porta all’unione essenziale con Dio.

Sinossi a cura di Michele De Russi

Dall’incipit del libro:

La realtà, in cui viviamo, è un sistema infinito di vite spirituali, ciascuna delle quali riproduce in gradi e forme infinitamente diverse la coscienza che ciascuno di noi ha dell’essere suo. Nessuna di queste vite appare a sè come qualche cosa di assoluto e di definitivo: ma è un aspirare ed un tendere verso l’estensione dell’essere proprio, verso la partecipazione ad una unità vivente più vasta e profonda. Questa aspirazione di tutte le
creature, giunta all’apice suo nella vita morale e religiosa dell’umanità, si rivela, nella sua più vera ed intima natura, come aspirazione verso Dio, cioè verso l’essere nella coscienza della sua perfetta unità. Ogni creatura occupa in questa progressione infinita dell’essere un grado suo proprio. Essa vede la realtà sotto quell’aspetto che è determinato dalla perfezione della sua intelligenza e quest’aspetto è per essa, in quel momento, la vera e l’assoluta realtà. In questa realtà essa distingue l’unità sua centrale, come il momento sostanziale della sua attività, l’io, dalla molteplicità degli elementi, che essa ha come attratti intorno a sè per subordinarli e superarli, il mondo. In quanto questi elementi le appariscono come gradi definitivamente superati, essa li considera come un termine opposto e straniero, come non coscienza, come corporeità: il corpo non è che il passato dello spirito.

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