Tempo di lettura stimato: 15 minuti
La settimana dopo che Taffimai Tallumai (per brevità la chiameremo ancora Taffy) ebbe commesso quell’errore intorno all’arpione di suo padre e allo Straniero e alla lettera disegnata e al resto, essa andò di bel nuovo a pescare col papà. La mamma voleva farla rimanere a casa per farsi dare una mano nel mettere ad asciugare le pelli sui pali, innanzi alla Caverna Neolitica, ma Taffy molto di buon’ora se l’era svignata per andare a raggiungere il babbo ed era con lui che pescava. A un tratto essa cominciò a ridere e a ghignare, e il papà le disse: “Non far la sciocca, piccina!”
– Come? non fu un bellissimo spettacolo? – disse Taffy. – Non ricordi come il Capo dei Capi gonfiava le guance e come quel gentile Straniero era buffo coi capelli infangati?
– Lo ricordo purtroppo! M’è toccato di pagare allo Straniero due pelli di daino – due pelli morbide con le frange – per ciò che gli fu fatto da noi.
– Noi non gli facemmo nulla, – disse Taffy. – Fu la mamma con le altre signore Neolitiche… e il fango.
– Non ne parliamo più, – disse il padre, – e facciamo colazione.
Taffy prese un osso col midollo e stette quieta come un topolino per dieci interi minuti, mentre il padre scalfiva dei pezzi di scorza di betulla con un dente di pescecane. Poi essa disse:
– Papà, ho pensato a un segreto. Tu fa un suono…. qualunque suono.
– Ah! – disse Tegumai. – Va bene così?
– Sì, – disse Taffy. – Sembri un carpione con la bocca aperta. Per piacere, ripetilo.
– Ah! ah! ah! – disse il papà. – Non essere noiosa, figlia mia.
– Veramente non intendo d’esser noiosa – disse Taffy. – Questo fa parte del mio segreto. Di’ ah! papà, e tieni la bocca aperta alla fine e prestami cotesto dente. Voglio disegnare una bocca di carpione spalancata.
– Perchè? – disse il papà.
– Non vedi? – disse Taffy, mettendosi a incidere una scorza. – Sarà il nostro piccolo segreto. Quando io disegnerò – se la mamma lo permette – sulla fuliggine in fondo alla nostra caverna un carpione con la bocca aperta, ti ricorderai di questo suono di ah. Allora potremo fingere che io esca dal buio e ti faccia paura con quel suono, come facevo l’inverno scorso nella palude dei castori.
– Veramente? – disse il papà, con quel tono degli adulti che si mettono ad ascoltare attentamente. – Continua, Taffy.
– È una disdetta! – essa disse; – non riesco a disegnare un carpione intero, ma solo a fare uno scarabocchio che vuole essere una bocca di carpione. Sai come essi si levano sulla testa, ficcandola nel limo? Bene, ecco una sembianza di carpione (figuriamo che il resto sia disegnato). Ecco la bocca, e la bocca significa ah. Ed essa fece questa figura (1).
– Non c’è male, – disse Tegumai e scalfì per conto suo una sua scorza, – ma tu hai dimenticato il tentacolo che il carpione ha attraverso la bocca.
– Ma io non so disegnare, papà.
– Non occorre disegnare altro che l’apertura della bocca e il tentacolo che l’attraversa. Allora si conosce che è un carpione, perchè il pesce persico e le trote non l’hanno. Guarda qui, Taffy. E fece questa figura (2).
– Lasciamelo copiare, – disse Taffy. – Quando lo vedrai, lo capirai? – e fece questa figura (3).
– Perfettamente – disse il papà. – E ne sarò così sorpreso, dovunque lo vedrò, che mi parrà di vederti uscire di dietro un albero e strillare “Ah!”.
– Ora, fa un altro suono – disse Taffy, inorgoglita.
– Yah! – disse il papà, molto forte.
– Uhm! – disse Taffy. – È un suono misto. L’ultima parte è l’ah della bocca di carpione; ma che fare della prima? Yer yer yer e ah! Yah!
– È somigliantissimo al suono della bocca di carpione. Disegniamo un altro pezzo del carpione, e mettiamoli insieme – disse il papà. Anche lui s’era accalorato.
– No, se sono congiunti, li dimenticherò. Disegnali separatamente. Disegniamo la coda. Se esso si rizza sulla testa, la coda si vede prima. E poi la coda posso disegnarla più facilmente – disse Taffy.
– Hai ragione – disse Tegumai – Ecco una coda di carpione per il suono di yer. – E fece questa figura (4).
– Ora proverò io, – disse Taffy. – Ricorda, papà, che io non so disegnare come te. Se io farò la parte formata della coda, e tirerò una linea sotto la congiunzione, non andrà bene? – E fece questa figura (5).
Il papà accennò di sì con gli occhi lucenti di compiacenza.
– È bello – essa disse. – Ora fa un altro suono, papà.
– Oh – disse il papà, molto forte.
– Questo è facile – disse Taffy. – Tu fai la bocca tonda tonda come un uovo o un sassolino. Basterà un uovo o un sassolino.
– Non potrai sempre avere a tua disposizione delle uova. Incideremo sulla scorza qualche cosa di rotondo che somigli alle uova. E fece questa figura (6).
– Mamma mia! – disse Taffy. – Quanti segni di suoni abbiamo fatto: bocca di carpione, coda di carpione, e un uovo. Ora, fa un altro suono, papà.
– Sss! – fece il papà, e aggrottò le ciglia, come per meditare; ma Taffy era così esaltata, che non ci badò più che tanto.
– È facilissimo, – essa disse incidendo la scorza.
– Che cosa? – disse il papà – Io intendevo di pensare un poco, e non volevo essere disturbato.
– È un suono anch’esso. È il suono che fa il serpe, papà, quando pensa e non vuole essere disturbato. Per il suono di sss! facciamo un serpe. Va bene così? – E fece questa figura (7).
– Ecco – essa soggiunse. – È un altro segreto. Quando accanto alla porticina in fondo alla caverna dove accomodi gli arpioni, disegnerai il serpe, io saprò che tu stai pensando, ed entrerò quieta come un topolino. E se lo disegnerai su un albero in riva al fiume, quando stai pescando, saprò che tu vuoi che io cammini senza far rumore, e senza far tremare la sponda.
– Appunto così – disse Tegumai. – E in questo giuoco c’è più di quanto tu immagini. Cara Taffy, ho qui in testa che la figliuola del tuo papà abbia messo le mani sulla più bella cosa che fu mai inventata da quando la Tribù di Tegumai cominciò ad usare i denti di pescecane, invece delle selci, per fare le punte degli arpioni. Io credo che abbiamo scoperto il gran segreto del mondo.
– Perchè? – disse Taffy, con gli occhi lucenti d’entusiasmo.
– Te lo mostrerò – disse il papà. – Come si chiama l’acqua nel linguaggio Tegumai?
– Ya, naturalmente, e significa anche fiume, come Wagai Ya, il fiume Wagai.
– Come si chiama l’acqua cattiva che ti dà la febbre, se la bevi – l’acqua nera – l’acqua delle paludi?
– Yo, naturalmente.
– Ebbene, guarda – disse il papà. – Supponi di vedere inciso questo presso una pozzanghera nella palude dei castori? – E fece questa figura (8).
– Coda di carpione e uovo tondo. Due suoni misti. Yo, acqua cattiva – disse Taffy. – Naturalmente, io non berrei l’acqua, perchè saprei che tu dici che è cattiva.
– Ma non occorre affatto che io sia vicino all’acqua.
Io potrei esser lontano miglia miglia, a caccia, e pure…. – E pure sarebbe lo stesso come se tu stessi lì e dicessi: “Scappa, Taffy, o piglierai la febbre”. E tutto in una coda di carpione e in un ovetto tondo. O papà, dobbiamo dirlo subito alla mamma! – E Taffy si mise allegramente a ballare.
– Non ancora; – disse Tegumai, – se non abbiamo fat to qualche cosa di più. Vediamo. Yo è l’acqua cattiva, ma so è cibo cotto al fuoco, non è vero? – E fece questa figura (9).
– Sì. Il serpe e l’uovo – disse Taffy. – Così che questo significa: il desinare è pron to. Se lo vedi inciso su un albero, sai che è tempo di tornare alla Caverna. E anch’io lo stesso.
– Perdinci, – disse Tegumai. – È vero. Ma aspetta un minuto…. C’è una difficoltà. So significa “vieni a desinare”, ma sho vuol dire i pali dove si asciugano le pelli.
– Maledetti pali! – disse Taffy. – Li odio perchè debbo aiutare la mamma a stendervi le pelli brutte e pelose. Se tu disegnassi il serpe e l’uovo, ed io pensassi di dover venire a desinare, e trovassi invece, uscendo dal bosco, che debbo aiutare la mamma a stender le pelli su i pali per asciugarle, che cosa dovrei fare?
– Ti dispiacerebbe. E anche alla mamma. Noi dobbiamo fare una figura diversa per indicare sho. Dobbiamo disegnare un serpe macchiettato che fa sh-sh fischiando, e ritenere che il serpe non macchiettato faccia soltanto sss.
– Non ci saprei far le macchie io, – disse Taffy. – E forse anche tu, se avessi fretta, non ce le metteresti, e io lo crederei un so se fosse sho, e la mamma m’acchiapperebbe lo stesso. No, per non sbagliare, sarà meglio disegnare addirittura quei maledetti pali. Li metto subito appresso al serpe che fischia. Guarda. – E fece questa figura (10).
– Forse è meglio. Sembrano proprio i nostri pali – disse ridendo il papà. – Ora farò un nuovo suono col serpe e i pali. Dico shi. In Tegumai significa arpione, Taffy. – E rise.
– Non burlarmi, – disse Taffy, come se pensasse alla sua lettera figurata e al fango nei capelli dello Straniero. – Disegnalo, papà.
– Non ci son castori sulla collina, questa volta, eh? – disse il padre. – Disegno una linea dritta per fare l’arpione. – E fece questa figura (11). – Neanche la mamma potrebbe sbagliare e credere che io sia stato ucciso.
– Non scherzare, papà…. mi fai dispetto. Fa altri suoni. Si va avanti benissimo.
– Eh! – disse Tegumai, raccogliendosi. – Diciamo shu. Questo significa cielo.
Taffy fece il serpe e il palo. Poi si fermò…. Si deve fare un’altra figura per l’ultimo suono, non è vero?
– Shu-shu-u-u-u! – disse il papà. – Ebbene, è proprio come il suono assottigliato dell’uovo.
– Allora disegniamo un tondo d’uovo sottile sottile, e figuriamo che sia una rana che da anni non abbia assaggiato cibo.
– N…. no, – disse il padre. – A farlo in fretta potremmo scambiarlo per lo stesso torlo d’uovo. ShuShu-Shu! Ecco ciò che farò. Aprirò un buchetto alla fine del tondo d’uovo per mostrare come il suono d’O se n’esca sottile sottile. Così. – E fece questa figura (12) per rappresentare l’o sottile cioè l’u.
– Grazioso. Molto meglio d’una rana magra. Continua – disse Taffy, premendo sul suo dente di pescecane.
Il papà continuò a disegnare e la mano per commozione gli tremava. Continuò finchè ebbe finita questa figura (13).
– Non ti distrarre, Taffy, – egli dis se. – Prova a capire ciò che significa in Tegumai. Se lo capisci, il segreto è bell’e scoperto.
– Serpe…. palo…. uovo rotto…. coda di carpione e bocca di carpione, – disse Taffy. – Shu-ya. Acqua di cielo (pioggia). – Appunto in quel momento una goccia le cadde sulla mano, chè il cielo s’era tutto rannuvolato. – Ebbene, papà, piove. È questo che volevi dirmi?
– Appunto, – disse il papà – e vedi, te l’ho detto senza pronunziare una parola.
– Bene, credo che l’avrei capito subito, ma questa goccia me ne ha dato la certezza. Me ne ricorderò sempre. Shu-ya significa pioggia o sta per piovere. Benissimo, papà. – Essa si levò in piedi e gli danzò d’intorno. – Così se tu uscissi prima che io fossi sveglia, e tu avessi disegnato Shu-ya nella fuliggine sul muro, io saprei che piove o sta per piovere e non mi dimenticherei il cappuccio di pelle di castoro. La mamma ne sarebbe stupita.
Tegumai si levò in piedi e si mise a danzare (i padri allora non erano così seri e gravi come quelli d’adesso).
– Meglio ancora! Meglio ancora! – egli disse. – Se ti voglio dire che non pioverà molto e che bisogna che tu venga giù al fiume, che figure bisogna fare? Di’ prima le parole in Tegumai.
– Shu-ya-las, ya maru. (Spiove. Vieni al fiume). Quanti suoni nuovi! Non so come si possa disegnarli.
– Ma io sì…. ma io sì! – disse Tegumai. – Un altro minuto solo, Taffy, e poi per oggi basterà. Noi, dunque, sappiamo come fare shu-ya; ma quel che ci secca è il las; – e brandì il suo dente di pescecane.
– C’è il serpe in ultimo e la bocca di carpione prima del serpe…. as-as-as. Ci manca solo la-la, – disse Taffy.
– Lo so, ma noi dobbiamo farlo questo la. E noi siamo le prime persone al mondo che si provino a farlo, Taffy.
– Bene, – disse Taffy, sbadigliando, perchè era piuttosto stanca. – Las significa rompere o finire o troncare.
– Appunto, – disse Tegumai. – Yo-las significa che la mamma per cucinare non ha più acqua nel serbatoio; e questo avviene quasi sempre nel momento che io sto per andare a caccia.
– E Shy-las significa che il tuo arpione è rotto. Se ci avessi pensato, quando stavo disegnando le figure dei castori per lo straniero!…
– La!-La!-La! –disse Tegumai, agitando il bastone e aggrottando la fronte.
– Avrei potuto disegnare shi facilissimamente – continuò Taffy. – Avrei disegnato il tuo arpione rotto…. in questo modo. – E fece questa figura (14).
– Benissimo. È quello che ci vuole – disse Tegumai. – Il la è bell’e fatto. E non somiglia a nessun’altra figura. – E fece questa (15).
– Ora Ya. Oh, ma l’abbiamo già fatto. Ora maru. Mum-mum-mum. Mum fa chiudere sempre la bocca, non è vero? Disegniamo una bocca chiusa, come questa.– E la fece (16).
– Poi la bocca di carpione aperta, e fa ma-ma-ma. Ma come fare questo rrrrr, Taffy?
– Esso ha un suono stridente e aguzzo, come il dente di pescecane quando taglia una tavola per la piroga, – disse Taffy.
– Tu vuoi dire tutto punte agli orli, come questa, – disse Tegumai, mostrando la figura che aveva disegnata (17).
– Proprio! – disse Taffy – ma non servono tutti quei denti: bastano due.
– Ne metterò soltanto uno, – disse Tegumai. – Se questo nostro giuoco diventerà ciò che credo dovrà diventare, più facili si fanno le figure dei suoni, e meglio sarà per tutti. – E fece questa figura (18). – Ed ora è fatta, – disse Tegumai, poggiandosi su una gamba. – Ed ora le disegnerò tutte in fila, come pesci.
– Non sarebbe meglio se tu mettessi un pezzettino di legno o qualche altra cosa fra ogni parola, in modo che non si urtino l’un l’altra, e non s’ammassino, proprio come se fossero carpioni?
– Oh, lascerò un po’ di spazio, – disse il padre. – E con grande entu siasmo le disegnò tutte senza fermarsi, su una nuova grande scorza di betulla (19).
– Shu-ya-las-ya-maru – disse Taffy compitando suo no per suono.
– E per oggi basta – disse Tegumai. – Tu sei stanca, Taffy. Finiremo domani, cara, e il nostro lavoro sarà ricordato per anni e anni dopo che i più grossi alberi che tu puoi vedere saranno tutti abbattuti e inceneriti.
Così andarono a casa, e per tutta la sera Tegumai sedette a un canto del fuoco e Taffy all’altro, disegnando dei ya dei yo e shu e shi sulla fuliggine del muro e sogghignando di piacere insieme, finchè la mamma disse: “Veramente Tegumai, tu sei peggio di Taffy”.
– Per piacere, non avertelo a male, – disse Taffy. – È un segreto, mamma cara, e te lo diremo subito, appena tutto sarà in ordine; ma, per piacere, ora non domandarmi di che si tratta; se no, te lo debbo dire.
Così la mamma si guardò bene dal domandar nulla, e la mattina dopo, il sollecito Tegumai si recò al fiume a pensare nuove figure di suoni e quando Taffy si levò vide Ya-las (l’acqua finisce) fatto col gesso sul grosso serbatoio di pietra, fuori della Caverna.
– Uhm! – disse Taffy. – Queste figure di suoni mi pare che siano piuttosto una seccatura. È proprio come se papà fosse venuto lui in persona a dirmi di attingere l’acqua perchè la mamma cucini. – Essa andò alla sorgente dietro la casa, empì il serbatoio con un secchio di scorza, e poi corse giù al fiume a tirare l’orecchio sinistro di papà, quello che le era permesso di tirare quando era stata buona.
– Vieni qui e facciamo le altre figure dei suoni, – disse il papà. E passarono una bellissima giornata, e fecero a mezzogiorno una bella colazione e due partite a mosca cieca. Quando giunsero al T, Taffy disse che, siccome il suo nome, quello di papà e quello della mamma cominciavano con lo stesso suono, si doveva disegnare una specie di gruppo di famiglia che si tenesse per la mano. Questo andò bene a disegnarlo una volta o due volte; ma alla sesta o settima volta, Taffy e Tegumai lo scarabocchiavano sempre più rapidamente, finchè il suono di T diventò solo un Tegumai lungo e sottile con le braccia distese per tenere Taffi e Tegumai. Si può vedere da queste tre figure parte di ciò che accadde. (20-21-22).
Molte delle altre figure erano bellissime prima di colazione, ma siccome furono disegnate per parecchie volte ancora sulla scorza di betulla, divennero sempre più semplici e più facili, finchè anche Tegumai disse che in esse non vedeva difetto alcuno. Il serpe sibilante fu voltato dall’altro lato per il suono di Z, per mostrare che all’indietro sibilava in maniera dolce e gentile (23);
fu fatto per l’E uno svolazzo perchè capitava molto spesso nelle figure (24); e furono fatte immagini del sacro Castoro dei Tegumai per il suono di B (25, 26, 27, 28)
e perchè era un brutto suono nasale, fu fatto, fino a stancarsi, un naso per il suono di N (29);
fu fatta la gola del grosso luccio dei laghi per il ga che è un suono di golosi (30);
fu ridisegnata la gola del luccio con un arpione a traverso per il ka, che gratta e punge (31); fu disegnato un cantuccio sinuoso del fiume Wagai, per il bel suono sinuoso di Wa (32, 33);
e così di seguito finchè non furono fatte e disegnate tutte le figure di suoni delle quali essi avevano bisogno, e l’alfabeto fu completo.
E dopo migliaia e migliaia d’anni, e dopo i Geroglifici, i Demotici, e i Nilotici, e i Criptici, e i Cufici, e i Runici, e i Dorici, e i Ionici e molti altri tici e rici (perchè i Woons, e i Negus, e gli Akhoonds, e i depositari delle Tradizioni non rispettano mai una cosa buona quando la trovano); il bello facile, vecchio comprensibile Alfabeto: A, B, C, D, E, ecc., ecc. – riprese la sua vecchia forma perchè tutti i piccini potessero impararlo, quando fossero abbastanza grandi. Ma lasciate che io ricordi Tegumai Bopsulai e Taffimai Metallumai e Teshumai Tewindrow, la sua cara mamma, e tutto il tempo trascorso. E fu così, proprio così, nei tempi remoti, sulle rive del grande Wagai.
L’alfabeto fu completo….
Fine.
Il treno è in ritardo e hai già finito questo racconto? Nella mediateca Letture al minuto troverai tantissimi altri racconti e potrai sceglierli anche in base al tempo che hai a disposizione o che vuoi dedicare alla lettura.
Scopri sul sito Internet di Liber Liber ciò che stiamo realizzando: migliaia di ebook gratuiti in edizione integrale, audiolibri, brani musicali con licenza libera, video e tanto altro: https://www.liberliber.it/.
Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri. Fai una donazione: https://www.liberliber.it/online/aiuta/.
QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Come fu composto l’alfabeto
AUTORE: Kipling, Rudyard
TRADUTTORE: Spaventa-Filippi, Silvio
DIRITTI D’AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
https://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/
TRATTO DA: Il libro delle bestie / di Rudyard Kipling ; tradotto da S. Spaventa-Filippi ; illustrazioni di Ugo Finozzi. – Firenze [etc.] : Bemporad & figlio, [19..] – 165 p., [12] c. di tav. : ill. ; 25 cm.
SOGGETTO:
FIC004000 FICTION / Classici