Il dramma, in tre atti, è stato scritto da Ibsen nel 1879, all’età di 51 anni, durante un soggiorno ad Amalfi. Appartiene al gruppo di opere teatrali dell’autore norvegese che affrontano con maggiore attenzione gli aspetti sociali e di relazione.

Attorno a Nora, la ‘lodoletta’, la ‘bambolina’, ruotano, oltre ai vari personaggi minori – figli, tate, cameriere,… – le figure del marito Torvald Helmer, del dottor Rank – medico antico amico di famiglia indubbiamente innamorato di Nora – della sfortunata amica Kristine Linde e del terribile strozzino Krogstad.

Il dramma, che si svolge durante il periodo tra Natale e Capodanno, periodo di festa per definizione, è pervaso da un crescendo di tensione che culmina nelle dichiarazioni apertamente sovversive, per l’epoca ma forse anche oggi, di Nora. Ibsen trae fuori dal suo personaggio tutta la carica di insoddisfazione, di riconoscimento di libertà negate, di ansia di legittima affermazione.

La dichiarazione fortemente rivoluzionaria è solo in parte moderata dal sacrificio di Kristine. Peraltro, citando Claudio Magris in un articolo dedicato ad Ibsen apparso su Il Piccolo “Chi nega se stesso e le proprie esigenze è già morto mentre vive”.

L’opera è costruita in maniera impeccabile, con una continua suspense che si scioglie in un esito del tutto inatteso. Il messaggio si rivelò di una radicalità tanto profonda per allora da indurre la borghesia dell’epoca ad annotare sugli inviti nei salotti e alle feste, per evitare spiacevoli litigi, “Si prega di non discutere di Casa di bambola” (così come poteva essere scritto come dress code “Cravatta nera”). Indubbiamente i temi dichiarati nell’opera sono ancora molto attuali.

Accanto alla forte carica femminista, spesso contestata da alcuni critici ma certamente presente anche in altri testi teatrali di Ibsen (come Donna Inger di Østraat del 1854, La commedia dell’amore del 1862 o ancora Le colonne della società del 1877 ed altri), compare anche un pesante attacco alla morale borghese, a quell’evidente e necessario adeguamento alle apparenze che solo dovrebbe reggere una sana società.

Nata nel 1858, Eleonora Duse già a ventitré anni è una bravissima prima attrice. Pochi anni dopo diviene anche una straordinaria capocomica, in grado di scegliere magistralmente il repertorio, gli attori, curare la parte finanziaria e ogni singolo particolare della produzione. Porta al successo opere di Zola, Dumas, Renan, Verga, … La sua personalità, il suo sentire, la avvicina alle nevrosi di una modernità nella quale il padre / marito / padrone è ancora fortemente presente nella vita delle donne.

In una lettera del 1885 a Francesco Flores d’Arcais, compositore e critico musicale e teatrale, la Duse scrive: “Mentre tutti diffidano delle donne, io me la intendo benissimo con loro! Io non guardo se hanno mentito, se hanno tradito, se hanno peccato – o se nacquero perverse – perché io sento che hanno pianto – hanno sofferto per sentire o per tradire o per amare… io mi metto con loro e per loro e le frugo, frugo non per mania di sofferenza, ma perché il mio compianto femminile è più grande e più dettagliato, è più dolce e più completo che non il compianto che ne accordano gli uomini.”

Naturale conseguenza è che la Duse sia tra le prime a presentare le opere di Ibsen in Italia; nel 1891 è Nora in una memorabile mise en scène di Casa di bambola: la prima italiana a Milano al Teatro dei Filodrammatici con la compagnia da lei diretta.

La grande interprete, suggerisce Slataper,“ha intuito magnificamente […] tutto il fulmineo formarsi della nuova personalità nella brevissima pausa quando Nora che ha visto entrar nello studio il marito incalorito e fremente di desiderio per lei, se lo rivede davanti, dopo un minuto, con la lettera in mano, freddo, gretto, meschino. Proprio quella muta pausa è il fulcro del dramma. E s’inizia quel meraviglioso dialogo represso, in cui Nora a poco a poco, via via che la crisi le si manifesta, trova le nuove parole, tutte nuove, e che aprendosi con lo scatto brutale di Helmer si muta nell’atto d’accusa di Nora contro di lui. È qui che l’amore crolla e la donna diventa un essere umano”.

Casa di bambola ha avuto numerosi adattamenti per il cinema; il primo, del 1922, per la regia di Charles Bryant. Del 1973 è una versione a cura del regista Joseph Losey, con Jane Fonda nella parte di Nora.

Breve bibliografia:

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi

Dall’incipit del libro:

ATTO PRIMO
Una stanza ammobigliata comodamente e con gusto ma senza lusso. Una porta nel fondo a destra mena nel corridoio d’entrata. Un’altra porta nel fondo a sinistra nello studio di Helmer. Fra queste due porte un pianoforte; in mezzo alla parete sinistra una porta e un po’ più avanti una finestra. Vicino alla finestra una tavola tonda con seggiolone e piccolo sofà. Nella parete destra, un po’ indietro, una porta. Nella stessa parete, più verso il davanti, una stufa di porcellana; qualche seggiolone e una poltrona a dondolo. Fra la stufa e la porta un tavolino. Quadri di incisioni in rame alle pareti.
Un’étagère con porcellane e piccoli oggetti d’arte, una vetrina di libri in legature di lusso. Tappeto. Nella stufa arde il fuoco. È inverno.

SCENA PRIMA.

NORA, un FACCHINO, ELENA, poi HELMER.
(Si sente suonare il campanello dal corridoio, poi aprire la porta delle scale. Nora entra in scena cantarellando lietamente. È vestita come venendo di fuori e con una quantità d’involti in braccio; posa la roba sulla tavola a destra, lascia aperta la porta del corridoio, dove si vede un facchino che porta un albero di Natale e una paniera e li dà a Elena che ha aperto).

NORA. Badate di nascondere bene l’albero di Natale, Elena, perché i bambini non possano vederlo prima di stasera quando sarà messo su. (Al facchino, tirando fuori il portamonete) Quanto?
FACC. Mezza corona.
NORA. Ecco una corona…. Tenetela tutta.
FACC. (ringrazia e va via).
NORA (chiude la porta, continua a sorridere di contentezza fra sé, mentre posa cappello, manicotto e mantello, poi leva di tasca un cartoccio di mandorlati e ne mangia qualcuno, quindi va cautamente alla porta di Helmer e ascolta). Sì, è in casa. (Ricomincia a cantarellare mentre va alla tavola a destra).
HELM. (dalla sua stanza). È la mia lodoletta quella che sento gorgheggiare?
NORA (occupata ad aprire alcuno degli involti).Sì.
HIELM. È il mio scoiattolo che armeggia costì?
NORA. Sì.

Scarica gratis: Casa di bambola di Henrik Ibsen.