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Una tragedia in due atti in prosa, rappresentata nel 1906 dallo Zacconi; il protagonista è Corrado Berando, l’eroe che vorrebbe essere esploratore, e non avendo i soldi necessari, diventa un assassino. Il tema è la smania polemica di scandalizzare con la superumana ideologia; il protagonista è disposto a tutto pur di raggiungere il suo scopo, e abbandona la sua amante incinta. Alla fine Corrado riuscirà a viaggiare, arrivando in Africa dove si sta combattendo per la conquista di nuovi territori coloniali.
Tale sentimento patriottico di colonizzare nuovi territori, tornerà nel 1936 con l’orazione dannunziana Teneo te, Africa.
Note tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Opere_di_Gabriele_D’Annunzio
Dall’incipit del libro:
Questo libro non è offerto al difensore del colpevole Ulisside, allo scrittore che primo di sopra la vil canizza gazzettante levò una parola d’uomo pensoso e animoso. Questo poema di libertà, dove la più bella speranza canta la più alta melodìa, è offerto al buon compagno che nella notte del mio publico vituperio, quando ancóra s’udiva dietro a noi la via del Teatro sonare maravigliosamente di urla implacabili, partecipò della mia allegrezza e rise del mio riso. Qual più virile testimonianza di fede avrebbe egli potuto dare in quel punto alla mia forza paziente? Eccogli dunque il segno del mio grato animo, nel suo nome.
Eravamo, te ne ricordi?, presso quelle Terme di Diocleziano che, inalzate al culto [iv] del corpo ignudo e dell’acqua salutifera, ora chiudono entro le ruine di sanguigno mattone la nudità di un popolo marmoreo. Come il vento di quel clamore non giungeva certo a toccare alcuna di quelle belle statue erette nel silenzio notturno, così non valeva a turbare in me stesso alcun lineamento dell’opera solitaria che, espressa dalla mia più profonda ansietà, omai non apparteneva se non all’immoto suo fato. E, come a quella muraglia imperiale aderiva per me la memoria dei Cristiani morituri che la costrussero in dolore e in aspettazione, così all’ardua mia gioia era commisto un affetto evangelico: una pia reverenza e riconoscenza verso la moltitudine urlante e calpestante; perché, in verità, quello strepitoso impeto di odio o forse di amor cieco – verso il poeta che da anni si sforza di rivendicare nel teatro latino le potenze del Ritmo e di restituire su l’altura scenica il dominio della Vita ideale – era una specie di spettacolo dionisiaco che sostituiva nella nostra imaginazione la presenza delle forze elementari già significata dal coro ebro dei satiri che accompagnò il passo della Tragedia primitiva.
Scarica gratis: Più che l’amore di Gabriele D’Annunzio.