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Racconto dai marcati riscontri psicologici pur se l’esposizione appare banale e superficiale. Piero, il primogenito di una nobile famiglia decaduta, viene allontanato dalla carriera militare per debiti di gioco e vita dissoluta. Ma il disonore sulla famiglia era in realtà già caduto per il matrimonio del nobile padre con una ricca borghese.
Piero, tornato alla dimora della famiglia, in campagna, riallaccia uno stretto rapporto con la sorella Silvia, che non può non apparire ambiguo. Ed è proprio Silvia, il giglio del titolo, la reale protagonista del breve romanzo, saturando l’impianto narrativo con la sua particolare sensibilità. Il rapporto con i principi del fondo confinante, anche loro con una coppia fratello-sorella in famiglia, termina in modo tragico, dopo averci svelato che la madre borghese conosceva molto bene il principe padre.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Nella vecchia sala da pranzo, troppo vasta per la lampada sospesa sulla mensa imbandita che mal riusciva a fugarne tutte le ombre, i Sergio si mettevano a tavola quando il vecchio Domenico recò s’un vassoio di argento – un’autentica nobiliare reliquia della famiglia – il telegramma da Roma.
I Sergio: il vecchio conte, la consorte e i due figliuoli si guardarono in volto, l’un l’altro indecisi; tutti secretamente turbati. Il presentimento era nel cuore di tutti. Poi don Paolo, il vecchio, lacerò con mano tremante il dispaccio, mentre donna Albina impazientita, spiegazzava un po’ ruvidamente il tovagliolino che aveva dinanzi. Silvia aveva nascosto il volto fra le mani.
Don Paolo riuscì a dissuggellare la busta e lesse: ristette; rilesse ancora e la sua bianca testa cadde sul petto, mentre una lacrima gli colava sulle gote.
E un lamento uscì dalle labbra tremanti:
— Ohimè! ohimè!
E, come un singhiozzo che scoteva tutta quella povera testa di vecchio doloroso, ancora:
— Oh, io attendeva questo!…
E il vecchio rimase in piedi, altissimo, dinanzi al bianco desco che dominava, una mano bianca ed affilata ove luceva ancora l’ultima gemma dei Sergio, largo aperta sulla nivea tovaglia. E la mano tremava, non di sola vecchiaia, in quel punto.
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