La poesia di Vincenzo Agostini ruota con dolcezza attorno ai temi legati all’amore ed alla natura. Nei versi sull’amore, sulla vita che inesorabilmente fugge «lungo il cammino», egli intride malinconia, nostalgia e dolore per «quel che abbiam perduto».
Della natura fa un’affettuosa descrizione, attenta e paziente, esprimendo un rispetto ed una ammirazione sacrale che ci induce a far nostra. Ci guida nel suo cammino avventuroso, alla scoperta delle dure montagne, dei dolci prati e dei fitti boschi, specchi d’acqua e foreste, ci fa sentire i profumi e scorgere gli animali che timidamente ci osservano ed infine ci indica il luogo ed il momento per sostare, osservare, meditare, raggiungendo il pieno appagamento dello spirito. Egli ci mostra la realtà che non sempre percepiamo e chiede chi fra noi: «non sentì nel cuor d’esser poeta?».
Sinossi a cura di Umberto Murri e Catia Righi
Dall’incipit del libro:
Correva il treno veloce
sul malinconico piano:
il sole basso calava
giù verso il mare lontano.
Là ne la luce del mare
passavano isole ignote:
lucevan per la Maremma
guizzi qua e là d’acque immote.
Poi come su la Maremma
fu cupa e triste la sera!
E il treno che mi portava
ne l’ombra sempre più nera!
Ah fossi stato per sempre
dentro a quell’ombre remote;
senza mai giungere, sempre
in quel romore di ruote!
Chè per me tutto era meglio;
ma non saper che mai più,
mai più o dolce fratello,
non t’avrei visto mai più!
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