Pubblicato Il romanzo della vita di Giacomo Puccini di Giuseppe Adami.

La vita del celebre compositore toscano narrata dal suo grande amico e librettista. Dall’infanzia a Lucca, gli esordi come suonatore d’organo in varie chiese, la borsa di studio e l’aiuto della famiglia che lo porta a Milano e alla collaborazione con Ricordi. Il primo successo, l’Edgar, e la nascita delle opere successive, gli attriti con i librettisti e il carattere brusco del compositore raccontato sempre con grande affetto e ammirazione. Il ritorno in Toscana e le disavventure automobilistiche che segnano la crisi, assieme alla morte di Giacosa che interrompe una collaborazione proficua, fino alla morte a Bruxelles in seguito a un ultimo estremo intervento chirurgico che avrebbe potuto salvarlo.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

I tre ragazzi camminavano lesti in fila indiana. Giacomino era in testa, capelli al vento, e segnava il passo con energico ritmo, com’era suo dovere. Infatti, quella, per così dire, passeggiata di oltre venti chilometri dalla nativa Lucca a Pisa, vituperio delle genti, l’aveva ideata e organizzata lui, scaldando col suo entusiasmo la incertezza dei due compagni ch’erano Carniccio Carignani e Gigi Pieri.
«O ragazzi» aveva detto «la settimana prossima a Pisa c’è l’Aida. S’ha a andarci?»
«In che modo?» aveva chiesto Carignani.
«O che tu non le hai le gambe come me e San Francesco quando sellava il suo cavallo?»
«Giusto, ma la strada è lunga e non siamo abituati.»
«Basterà che ci alleniamo durante queste sere.»
E nella notte stessa cominciò lo strambo allenamento che consisteva in una specie di caccia al tesoro. Il tesoro era un mezzo toscano che Giacomino forniva e nascondeva sul basso capitello d’una colonna di Santa Maria Forisportam, dov’era l’Istituto Musicale. Partendo da un chilometro distante, con passo regolare i tre amici dovevano arrivare sulla piazza della chiesa, e là, al via, spiccare la corsa a chi arrivasse primo a ghermire la preda. Per offrire alla conquista quel Vello d’oro, Giacomino non aveva che un sistema: sottrarre i soldini destinati alla madre dalla cartuccia che gli davan le monache Benedettine dette de’ Servi, quando suonava l’organo. E poiché la Badessa s’era messa d’accordo con la mamma che la cartuccia, ossia il rotolino di soldi – per precauzione – l’avrebbe sigillato d’ambo i lati prima di consegnarlo al giovinetto organista, costui aveva trovato un suo curioso sistema per far saltare il sigillo, provvedersi del necessario e riapplicarlo intatto.