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Gigi Proietti, direttore artistico del Globe Theatre di Roma, mi ha telefonato, per rispondere ad alcune critiche che ho pubblicato su Pagina Tre alcuni giorni fa.
La telefonata mi ha colto di sorpresa non per la tempistica (un collaboratore mi aveva preavvisato via email), ma perché Pagina Tre è un piccolo blog sperimentale. Immagino che qualsiasi responsabile di una struttura aperta al pubblico deve dedicare tempo ed energie alla “stampa”, ma il nostro blog certo non muove le masse. Devo dunque riconoscere a Proietti una sincera dedizione al proprio lavoro.
Il primo effetto della telefonata è che mi ha indotto a rivedere un po’ il tono e i contenuti del mio post, che ho corretto quel tanto da renderlo più leggibile. Mi devo scusare perché mi sono fatto prendere la mano dalla polemica. Non si fa bella figura a chiedere scusa, ma tant’è. Mi piace condividere le impressioni sulle esperienze che vivo, quindi devo pagare dazio quando sbaglio.
Con l’occasione però vorrei provare a salvare quanto di utile ci può essere nell’arrabbiatura di uno spettatore. Riassumo le osservazioni del mio precedente post, tenendo conto delle osservazioni di Proietti:
bagni: Proietti mi informa che lui è responsabile solo della direzione artistica. Lo avevo scritto, ma colgo l’occasione per precisare che il mio sfogo era diretto verso l’esperienza nel suo complesso, non voleva essere una critica a una specifica persona, nemmeno al direttore artistico che su certe cose non ha competenza.
Al dunque: si possono offrire al pubblico bagni in condizioni migliori? Penso proprio di sì. In fase di progettazione, invece di due container, si poteva pensare a una struttura in muratura? Penso di sì… O forse no, magari c’è stato qualche bizzarro vincolo edilizio. Il risultato però è che oggi i bagni sono inadeguati e bisogna trovare il modo (leggi: i soldi) per porvi rimedio. Ahimé, non so dire dove prenderli, ma il problema è reale.
La fila: era una prima e Proietti gentilmente (e con un sarcasmo che mi ha folgorato ma anche divertito) mi ha spiegato che in queste occasioni ci sono molti accrediti da fare. Non ne dubito e non vado al Globe così spesso da poter produrre una statistica. Ma quasi ogni volta che sono andato al teatro, non solo al Globe, ho fatto file. Lunghe o lunghissime, per prime o no, ma ho quasi sempre atteso. A volte no, ma perché ahinoi la sala era quasi vuota… e questo non lo vuole nessuno.
Oggi la tecnologia consente di attenuare questi problemi. Il biglietto del cinema e di molti teatri (Globe compreso) si può comprare online: si sceglie il posto su una mappa interattiva (in quasi tutte le sale cinematografiche si sceglie il posto con precisione, servizio purtroppo meno frequente nei teatri) e in alcune sale non si deve neanche stamparlo o ritirarlo in un distributore automatico, che a sua volta genera file nei giorni di ressa; nelle sale più attrezzate si fa semplicemente vedere un codice generato dallo smartphone e si entra senza altre formalità e senza fila.
Il Globe si affida a un noto servizio online, che però non offre la scelta precisa della seduta (che pure però condiziona l’esperienza al teatro) e non evita il passaggio alle casse. Ma vale la pena fare uno sforzo in più. Chi come me si dota delle soluzioni più “tecnologiche”, quando disponibili, fa zero fila. Ma il beneficio non è solo per me. Anche gli altri spettatori, quelli che vanno in cassa, traggono beneficio dal fatto che io, e gli altri “nerd” come me, non sono in fila con loro. Negli anni a venire la percentuale di spettatori che si doterà di questi strumenti continuerà a crescere, il teatro non deve restare indietro.
Costano queste soluzioni? Non quanto si può credere. Ci sono dei circuiti ai quali si può aderire, riconoscendogli una provvigione che può essere negoziata (e che gli stessi circuiti hanno interesse a mantenere sostenibili). Certo, ci sono complessità da valutare, competenze da acquisire, hardware e software per la bigliettazione da comprare o modificare (le sale che non fanno fare fila devono dotare il personale di lettori palmari). Ma se c’è un contesto nel quale si può chiedere un aiuto alle istituzioni con un bando, in termini di soldi e competenze, è proprio questo. I teatri si consorzino, trovino il modo, ma si può fare. Vogliamo lanciare un appello all’assessore alla Cultura del Comune di Roma? Sarò il primo a firmarlo.
Poltrone, guardaroba e “comodità” in generale. Proietti mi informa che le sedute sono rigorosamente a norma e che hanno provveduto ad aggiungere spalliere originariamente assenti (e che con un piccolo sovrapprezzo si può noleggiare una imbottitura). E’ certamente così, ma resta che le sedute, se lo spettacolo è lungo, risultano scomode. Nei cinema moderni le sedute sono ormai ben diverse. E concordo senz’altro con Proietti quando mi dice che il teatro muove molti meno soldi del cinema. E aggiungiamo anche che il Globe è parzialmente esposto alle intemperie, e questo crea dei vincoli sul tipo di poltrona che si può attrezzare. Ma studi di ergonomia (neanche recentissimi) ci hanno insegnato che anche l’inclinazione del pianale conta moltissimo. E correggerlo non costa molto. Non “basta” la consulenza di un esperto, ma la seduta è un aspetto fondamentale dell’esperienza a teatro. Chiedete a un amico particolarmente sincero: la scomodità delle sedute è uno dei principali deterrenti. Più del costo del biglietto. E se vogliamo attirare più pubblico, il problema va preso di petto.
Chiudo cercando di chiarire il senso ultimo di questo mio post e del precedente: rendere migliore l’esperienza di una serata a teatro. In ogni caso, andate a teatro, e al Globe Theatre di Roma in particolare. Il mio sfogo spero non scoraggi nessuno. Il teatro è bellissimo ed è una esperienza da fare e rinnovare.
P.S. Del tutto casualmente mi sono imbattuto in un video di Proietti scovato su YouTube. Chissà, forse la sorte ha voluto mandarmi un messaggio? :-)