Scheda tratta dal sito Internet Il Rovescio Editore:
La storia di Alfredo è quella di un uomo che un giorno si accorge che la sua vita gli è passata davanti in silenzio, la polvere ha ormai ricoperto i suoi fumetti e i suoi ricordi, ma per lui non è ancora finita. Tra alterne vicende perderà e ritroverà un equilibrio.
La storia di Alfredo è anche una storia d’amore, di vecchi e nuovi amori, di amori paterni, di amore per le piccole cose e per la vita stessa. Con l’aiuto di un saggio barista che ogni giorno regala agli avventori del suo locale piccole perle di saggezza popolare.
Ecco alcune note sull’autore di questo libro: Francesco Pomponio, è nato in Abruzzo nella seconda metà del secolo scorso, e già così sembra un necrologio. Invece è ancora vivo e dopo essere stato trapiantato a due anni a Roma, ha attecchito bene ed è cresciuto decentemente. Ha cominciato a scrivere fin da giovane, ma non avendo voglia di cercarsi un editore o avendo di meglio da fare, non si è curato molto della parte marketing dello scrivere.
Ha collaborato comunque a diverse pubblicazioni periodiche come MCMicrocomputer (sulla quale ha pubblicato diversi racconti e alcuni articoli tecnici), Byte Italia, per la quale ha curato le traduzioni di molti dei testi dell’edizione americana. Ha partecipato a quasi tutte le edizioni del «Galaxian Prix», organizzato da MC-link, vincendone più di una. Dei suoi racconti sono stati pubblicati su diverse riviste amatoriali, ma potete trovare alcuni suoi testi sparsi per Internet e sul suo sito http://www.francescopomponio.it/
Odia le riunioni degli scrittori, dove persone che non si sopportano si fanno complimenti falsi nella speranza di essere ricambiati a breve, con complimenti ugualmente falsi. Finalmente ha incontrato un editore del quale condivide la visione del «mestiere di scrivere», Il Rovescio Editore http://www.ilrovescioeditore.it/, e così ecco il primo libro, al quale ne seguiranno altri che a breve potrete trovare in giro per le librerie. E’ un libro bellissimo. Vi invitiamo a leggerlo. Non lo dimenticherete.
Seguono le prime pagine del libro:
La Lavagna di Amerigo
di Francesco Pomponio
La storia si svolge nella seconda metà degli anni ottanta, quando Internet ancora non esisteva, le donne poliziotto erano una rarità e i cellulari non li aveva nessuno.
Venne il sereno e la neve gelò.
Gli spifferi di tramontana penetravano da sotto la porta a raffreddare i piedi di Alfredo che seduto davanti al termosifone scrutava nella notte chiara di neve. Lontano, oltre gli ultimi palazzi, stavano gelide le colline, luminose sotto la luce della luna piena. Con le ginocchia roventi, Alfredo sfogliava un libro di vecchi fumetti ed ogni tanto starnutiva per la polvere che saliva dalle pagine scricchiolanti.
“Venticinque anni. E mi sembra di averlo comprato ieri. Mentalmente contò gli anni dalla data di stampa.
«Credo proprio di cominciare ad invecchiare, ma forse se non te li senti…” Disse tra sé, poi sorrise massaggiandosi la schiena indolenzita.
“Altro che non sentirli.”
Fuori dai vetri, nel freddo della notte, le campane elettriche della nuova chiesa lanciavano da mezz’ora musiche natalizie, che giungevano ovattate alle sue orecchie. Era la sera del primo dell’anno, l’albero di Natale, con le sue luci intermittenti, prendeva polvere nell’angolo della stanza dove, nei periodi normali, stava la sua poltrona preferita, scacciata ora in camera da letto per far posto alla tradizione. E adesso lui, se voleva starsene in pace a leggere e ascoltare un po’ di musica, doveva sedere su quella sedia scomoda.
Il disco era finito da un pezzo, ma Alfredo, si era distratto dietro ‘adeste fideles’ suonato dalle campane di fuori. Di rado gli capitavano momenti di calma come quello, sua moglie stava al piano di sotto, in casa di una sorella a chiacchierare, come fanno le donne dopo aver riordinato la cucina dal pranzo di Capodanno. Carlo era uscito con degli amici e sicuramente ora stava per le strade del centro a caccia di ragazze. Ma figurati se quelle belle non sono già impegnate durante le feste.
Insomma, era solo in casa e poteva dedicare il suo tempo ad intristirsi quel tanto che ci vuole il primo di gennaio. Quando, più di ogni altro momento, ci si rende conto che il tempo passa davvero e che verranno milioni di anni ancora, ma il 1989 non ritornerà più. Non era un intellettuale Alfredo Carboni, ma solo per mancanza di mezzi, non certo di sensibilità. Non era colpa sua se fin da piccolo aveva dovuto svitare bulloni e smontare motori per guadagnarsi da vivere. Gli piaceva leggere, e se i suoi libri avevano i bordi delle pagine grigi, era per via delle mani che anche a lavarle dieci volte, non venivano mai pulite.
Aveva cominciato con un’edizione economica che allora chiamavano ‘tascabile’. Era singolare il fatto che la spinta a leggere fosse scaturita dalla curiosità di vedere se davvero quel libro sarebbe entrato nelle tasche della sua tuta. E così, grazie al fatto che le tute da meccanico hanno tasche molto grandi, egli aveva cominciato la sua avventura nel mondo dei libri. Ed era un’avventura che ricominciava ogni volta dal principio e, senza muoversi dalla poltrona di casa, poteva recarsi dove più gli piaceva, persino in posti che non esistevano.
Sua moglie gli voleva bene e anche se non lo capiva, le faceva piacere avere un marito diverso dagli altri. Sentiva le sue amiche lamentarsi dei loro grassi uomini, che tutti i fine settimana pensavano al calcio e sospirava di sollievo quando il pomeriggio della domenica lo vedeva seduto a leggere quei libroni. Che a lei avrebbero fatto venire il mal di testa solo a guardare le figure, che spesso neanche c’erano.
Intanto però Alfredo era ancora snello, gentile come quando erano giovani, e le voleva bene. E se il fatto di leggere i libri contribuiva a farlo essere così, il loro prezzo era più che giustificato nonostante il disordine che le facevano per casa. E li amava ugualmente, come un figlio diverso dagli altri e con tanta cura li spolverava al mattino.
Non si preoccupava di fare distinzioni, per lei erano tutti importanti e guai a chi ne chiedeva in prestito qualcuno.
“Sono di Alfredo, e lui ne è molto geloso.” diceva sorridendo e intanto si metteva davanti alla libreria come a dire: “Dovrete passare sul mio cadavere.”
In fondo, pensava sempre che un giorno avrebbe avuto il tempo per dedicarsi anche lei alla lettura, chissà. Alfredo invece i suoi libri li conosceva tutti, uno per uno e di ciascuno ricordava il giorno o il momento in cui l’aveva acquistato.
“Per comprare questo partii una domenica sera e andai all’edicola della stazione, che era l’unica aperta. Avevo diciassette anni allora.”
Rivide il viaggio nel vecchio autobus che attraversava la periferia e gli scossoni che lo facevano sobbalzare ad ogni buca della strada, ma non riuscivano ad impedirgli di leggere.
Dopo aver scelto il disco, Alfredo tornò a sedersi sulla sedia di legno, e mentre la musica copriva le campane, ripensò al giorno precedente. Era stata una buona giornata e in fondo gli dispiaceva che l’anno fosse finito, dopotutto non era stato male. Sull’albero un cartoncino dorato pendeva appeso ad un filo girando lentamente su se stesso.
“Felice anno nuovo.” Si leggeva al riflesso delle lampadine che si accendevano e si spegnevano. Alfredo chiuse gli occhi e con calma prese a massaggiarsi le gambe che si riscaldavano troppo. Era la mattina del 31 dicembre, il giorno prima.
La radiosveglia, che non sapeva niente di feste e di anni, si accese come sempre all’ora del notiziario e gli raccontò che per molti uomini quel giorno era come tanti altri. E quindi non c’era motivo per non continuare ad ammazzarsi. Un aereo, come fanno gli aerei quando gli gira male, era precipitato su un ghiacciaio, dove i soccorsi faticavano ad arrivare.
“Guarda tu se cadono mai nei posti giusti. Che ne so, un campo da golf bello liscio e vicino ad un ospedale, dove le ambulanze stanno lì, pronte a raccogliere i pochi feriti lievi. No, sempre sui ghiacciai, nel deserto, nella foresta amazzonica, dove non trovi un telefono…” Per fare i suoi commenti non sentì il resto delle notizie, che comunque non gli interessavano molto. La sua famiglia stava tutta in casa e per il resto non poteva preoccuparsi più di tanto. Dalla tenda socchiusa vide la neve scendere piano e posarsi sui ferri della ringhiera e sui fiori di sua moglie. Teneva solo il naso fuori dalle coperte perché di mattina faceva freddo in casa, quella notte poi era stata particolarmente gelida e aveva sentito freddo anche con il pigiama pesante e la coperta imbottita. E ce n’era motivo se infatti ora stava nevicando. A voce bassa chiamo sua moglie.
“Hai visto Lisa, nevica.”
[…]
Sul sito Internet dell’autore: http://www.francescopomponio.it/ disponibili i primi due capitoli del libro.