(voce di SopraPensiero)

Il Rapporto Ecomafia 2014 (ed. Legambiente, 2014) non lascia dubbi: la mafia continua a realizzare profitti giganteschi (15 miliardi di euro solo nell’ultimo anno) tramite i cosiddetti «ecocrimini», o crimini ambientali. Risultato: la nostra salute va a farsi benedire, l’economia reale si deprime, l’ambiente viene avvelenato e diventa sempre più inospitale e nocivo per chi ci vive. Grande protagonista di questo sfregio nazionale è non più tanto l’iniziativa diabolica di qualcuno che agisce isolato (per i cui reati attendiamo ancor oggi che il Senato si pronunci in maniera definitiva, spostandoli finalmente sul piano penale), ma un sistema di corruzione e connivenza che filtra e si dirama a più livelli nel tessuto sociopolitico del nostro Paese. Quasi 30.000 infrazioni accertate nel 2013: più di 3 all’ora. un numero da capogiro, soprattutto se si pensa che a questa statistica sfuggono tutte quelle di cui non si sa (ancora) nulla.
Che fare? È la domanda classica, ricorrente, nei casi come questo. Se lo domanda anche Annachiara Valle nel suo bel Santa malavita organizzata (ed. San Paolo), in cui – partendo dall’analisi del rapporto tra la ‘ndrangheta calabrese e la Chiesa cattolica – approda a una conclusione amara ma dotata di un risvolto che lascia ben sperare: poiché è ormai chiaro che le mafie, per funzionare, hanno bisogno dell’appoggio delle masse (ecco perché fanno tanta mostra della loro «religiosità» nella pubblica piazza), riuscire a fare in modo che le masse ne aborriscano la condotta, significa in sostanza disarmarle. Come si fa? «Purificando le feste» oltre a santificarle: escludendo questi soggetti da cerimonie, processioni, eventi; magari, cominciando a negare pubblicamente i sacramenti a tutti quelli che, a qualunque titolo, marcino nei ranghi delle mafie. Niente più funerali religiosi a nessuno di loro (e non soltanto a quelli che «muoiono con la pistola in mano»). Si dica chiaro e tondo da tutti gli altari, in tutte le omelie, che i mafiosi «esprimono in mezzo a noi il potere di Satana», come diceva don Italo Calabrò alla folla nella piazza di Lazzaro, frazione di Motta San Giovanni (Reggio Calabria) nel 1984. La Chiesa cattolica – che ormai da almeno trent’anni (dalla data cioè della visita di Giovanni Paolo II, che non esitò a parlare apertamente di «mafia») si è schierata con decisione contro le mafie – ha una missione importante in quest’ambito, come ricorda mons. Bregantini nella sua ottima Postfazione. Un lavoro non facile, ma che autorizza a sperare bene.

Articolo precedenteApple Pay: perché è rivoluzionario, e perché non lo è
Articolo successivoLa lucertola a due code. Un thriller Sensoinverso di Mario Grasso
Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.