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Raccolta di sei brevi racconti della scrittrice, meglio nota con lo pseudonimo di Memini, nata a Pavia da una famiglia nobile, discendente del poeta Giovanni Fantoni.
Dall’incipit del libro:
Nella elegante portineria olandese, nicchiata nel verde, di fianco al cancello del giardino, il sopraggiungere di Alberto Mentena non cagionò meraviglia alcuna. – La linda portinaja si alzò premurosamente per aprir l’uscio che metteva sul viale e accompagnò il giovane, sinchè potè vederlo, colla benevolenza del suo vispo sguardo di vecchietta. Alberto Mentena era simpatico a tutti, giovani e vecchi, ricchi e poveri.
S’inoltrò con spedito passo pel giardino, veramente bello nella pompa primaverile del suo verde. In fondo al viale, biancheggiava la villa, a mezzo rivestita di arrampicanti, un vero nido di pace elegante. La brezza temperava il calore del meriggio, mettendo delle [2] molli oscillazioni nei penduli rami della clematide in fiore e un fremito continuo, sommesso, quasi musicale, nei cortinaggi di tela russa che adombravano l’atrio. – Un domestico, vestito di nero passava grave ed ozioso, a capo chino. Ma Alberto non lo chiamò. – Attese anzi per procedere ch’egli si fosse allontanato. – Allora soltanto penetrò nell’atrio e prese a destra, mettendosi per un’ampia fuga di sale. Le attraversò senza fermarsi nè incontrare alcuno, sinchè giunse e si trattenne in un salotto piccino che apriva su una specie di serra, o meglio un piccolo giardino d’inverno, colle pareti ad invetriate.
In quella serra stava sola, una signora giovane, non bellissima, snella, piuttosto piccina, con un volto pallidetto, di persona ammalata o molto inquieta. Sedeva in una piccola nicchietta di verde, fra due palme, in una poltroncina di giunco e ricamava, svogliatamente però, un canovaccio campionato a disegni antichi, con delle tinte pallide e vecchie.
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