Razzaguta rievoca in questo suo scritto angoli caratteristici e personaggi della sua città, Livorno. Tra i ritrovi che gli artisti labronici erano soliti frequentare vi era lo storico caffè Bardi, in Piazza Cavour che fu attivo tra il 1908 e il 1921. Razzaguta stesso contribuì ad affrescarne le pareti. Naturale quindi il tono di nostalgico rimpianto con il quale ne parla l’autore che ha visto i locali del Caffè occupati da una banca. Oggi una lapide ricorda l’antica esistenza del bar i cui locali sono attualmente occupati da un negozio di casalinghi.
Razzaguta prosegue dando brevi cenni dei pittori e scultori livornesi e sulla nascita del “Gruppo Labronico”; si sofferma nella parte successiva del volume, forse la più interessante, su racconti di vita e di aneddoti relativi ai più noti artisti labronici, con particolare attenzione a Giovanni Fattori e Mario Puccini, ma non mancano importanti digressioni su altri artisti, che magari a Livorno hanno avuto solo una breve permanenza, e tra questi spicca Dino Campana, quando ancora lontano dall’apprezzamento della critica e dalla notorietà, vendeva a due lire la copia i suoi Canti Orfici “tanto barbaramente stampato a Marradi nel 1914”. Ma hanno i loro “camei” anche altri come Giosuè Borsi o Plinio Nomellini.
Il testo è di interessante lettura non solo per chi si interessi di storia dell’arte perché il modo del Razzaguta di accostarsi ai temi che svolge è quello garbato e competente che ha caratterizzato tutta la sua vita modesta e operosa; l’attività di un “pittore fallito” come si autodefiniva che, quando allestiva una Collettiva del Gruppo Labronico, si premurava di essere il primo ad appendere il proprio quadro, scegliendo accuratamente l’angolo più oscuro.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Agli artisti labronici.
Tornate al vecchio porto della vostra Città, dove c’era il «Catrajo» e la «chiatta» vicino alla «fontina» coll’insegna superba che diceva: «di Labron son nato, cacciucco alla marinara».
Tutto è come allora e oggi il tempo è bono con vento alle «Gamaje» che schioccan le bandiere sui pennoni.
Rientrate, Amici, dalla parte del «Frangiflutti», e girato «l’Antimonio», rossa v’apparirà la «Fortezza vecchia» dallo sprone tondo col terrazzino bianco, e il «Mastio della Contessa» che s’eleva pallido nell’azzurro.
Puntate velieri all’attracco, mainate le vele, buttate la cima.
Vi guida il Fanale sul mare.
Vi protegge la Madonna da Montenero.
E io vi saluto.
Scarica gratis: Virtù degli artisti labronici di Gastone Razzaguta.