Negli stessi anni, all’incirca, nei quali Jacques Offenbach componeva l’Aria della bambola meccanica di Olympia per i Contes d’Hoffmann, Pietro Fanfani dava alle stampe, con il sottotitolo “Romanzo per le bambine”, questo racconto morale la cui vicenda – povera d’intreccio, quanto ricca di osservazioni e ammaestramenti – vede al centro una bambola meccanica, la Caravita, che le donne di una benestante famiglia di Firenze, i Cambini, si tramandano di madre in figlia. Scrivere; cucire; ridere; piangere: queste sono le attività che la Caravita è in grado di svolgere e che la rendono ideale modello di educazione per le fanciulle.

Le vicende innescate da questa bambola muta hanno in realtà un’unica, vera protagonista: la lingua italiana. Nel 1868 Alessandro Manzoni aveva scritto Dell’unità della lingua e dei mezzi per diffonderla, relazione conclusiva dei lavori della Commissione parlamentare per l’unificazione della lingua, ch’egli presiedeva; nel 1869 – anno di pubblicazione di Una bambola – Fanfani cominciava a dirigere il periodico L’Unità della lingua, che uscirà fino al 1873. La questione della lingua fu un tema centrale negli anni dell’unificazione del Regno e di Firenze capitale: nel 1868, in rispettosa polemica con Manzoni, Fanfani pubblicò l’opuscoletto La lingua italiana c’è stata, c’è e si muove, e con questa operetta volle dare l’esempio di un raccontare che evitasse a bello studio ogni fioritura ed ogni lascivia del parlar toscano, (…) affinché mi possano intendere le bambine di ciascuna parte d’Italia.

Sinossi a cura di Alberto Montemagni

Dall’incipit del libro:

Questo libriccino che io ho fatto per le bambine, potrebbe pur capitare sotto gli occhi di persone adulte, e anche di qualche letterato; e però bisogna che per loro io metta qui due parole di avvertimento.
Se dunque i così fatti si sentissero invogliati a leggere, gli prego di pensare prima di tutto al proposito di questo lavoro. Io l’ho fatto, come diceva, per le bambine dagli otto ai dodici anni; e per conseguenza mi è bisognato aver l’occhio a parecchie cose, e mi sono dovuto tenere dentro certi confini tanto nel concetto quanto nella forma. Per il concetto ho dovuto studiare il cuore delle bambine, e significare certi affetti in modo conforme al loro sentimento, cercando di evitare scrupolosamente tutto ciò che potesse accendere in esse qualche passione più che fanciullesca, e tutto ciò che non fosse strettamente morale. Il disegno del lavoro ho cercato di farlo semplice al possibile, in modo che ne esca chiaro chiaro il concetto che la moralità, e la virtù sono premiate, ed il contrario punito. Circa alla forma poi ho evitato a bello studio ogni fioritura ed ogni lascivia del parlar toscano, pensando sempre per chi mi son messo a scrivere; e tuttavia mi sono ingegnato di esser puro nella lingua, mantenendomi sempre stretto all’uso comune, in modo da riuscire semplice e chiaro al possibile, affinchè mi possano intendere le bambine di ciascuna parte d’Italia.
L’ufficio a cui mi son messo è umile; ma non è agevole: e ardisco di sperare che sia altresì efficace, non pure alla buona educazione, ma anche alla diffusione della buona lingua italiana; perchè, come le impressioni e gli esempj che si ricevono da fanciulli non si cancellano mai dalla mente e dal cuore, così quando sino da fanciulli si comincia a far l’orecchio ad un parlare e ad uno scriver corretto e semplice, ci troviamo ad aver fatto senza accorgersene un buon pezzo di via negli studj della lingua.

Scarica gratis: Una bambola. Romanzo per le bambine di Pietro Fanfani.