Tempietto è l’ultima raccolta di poesie di Angiolo Silvio Novaro, ed è stata pubblicata postuma nel 1939.

In questa raccolta, rispetto alle precedenti, i tentativi di rottura con la tradizione sono più evidenti. Pur non spostandosi fondamentalmente dalla tradizione, in modo più o meno accentuato, appare molto evidente un “cambio di passo”, rispetto alle composizioni precedenti.

Il Novaro, poeta noto essenzialmente per una raccolta di poesie per bambini, accoglie le novità espresse dalle nuove scuole, in particolare di Ungaretti e Montale, che pur essendo più giovani di lui, già, all’epoca della maggior produzione poetica di Novaro, avevano già iniziato la loro attività.

La produzione poetica di Novaro è posteriore a quella di narratore verista è si svolge essenzialmente a partire dagli anni ’20, e quindi in contemporanea ai “nuovi” poeti Ungaretti e Montale.

Per vedere in che modo, Novaro, che assieme ad altri poeti come Diego Valeri o Arturo Onofri, è annoverato fra i poeti, che pur essendo legati della tradizione hanno recepito le nuove istanze, diamo una scorsa, necessariamente per sommi capi, ad alcune composizioni della raccolta.

In tante composizioni, si può notare che appare molto meno evidente il “parlare sommesso” di chiara origine pascoliana, ma il verso viene più asciutto, e non c’è un fluire continuo del verso, ma per blocchi.

Non tutte le composizioni presentano aspetti di novità nella stessa misura, qualcuna ha aspetti più tradizionali, in altre sono più accentuati gli aspetti di novità.

Ad esempio nella composizione Fosforescenti tutto è affidato a singole parole o ad un nucleo ristretto di esse, per esprimere concetti:

«Fosforescenti
Città di lusso
Ricche in occulte vene
Di sangue di tesori
Multicolori
Natanti al ritmo di rari
Lusinghevoli venti.»

Viene omessa volutamente la punteggiatura e la scrittura diventa rarefatta, per singoli elementi a se stanti, singole parole per rappresentare un concetto.

Una frammentazione, seppure cauta e meno accentuata rispetto alla poesia appena fugacemente analizzata, si può trovare anche in altre composizioni della raccolta.

Ad esempio in Prima stella:

«Lacrima d’oro apparita
Su ciglio d’azzurra sera
Sospiro d’anima prigioniera
D’esilio e d’abbandono
Che dice Era
Che dice Sono:»

È evidente un certo distacco fra un frase e l’altra e una rarefazione delle espressioni verbali, senza però arrivare ai risultati della poesia precedente. Nel prosieguo della composizione il distacco diventa più accentuato:

«Tenerezza di luce sgorgata
Da rossa ferita
Di sangue d’amore.»

Nella composizione Via Appia la scrittura è più aderente alla tradizione e non ci sono fratture fra un verso e l’altro:

«Rasente alle antiche tombe
Le mani nelle mani
Immersi nel trasognato
Dileguar del giorno
Dal peso d’amore abbattuti
Entro un repente trasalir di stelle
Camminano gli amanti.»

La scrittura non è a blocchi come nella composizione precedente e il fluire è più continuo; la composizione è più ascrivibile nell’alveo della tradizione.

Una più accentuata scrittura a blocchi si può invece vedere nella Freschezza azzurra, che ha anche altri aspetti interessanti:

«Freschezza azzurra
Effusa chiarità
Luce infinita
Da non so quale
Miracolo esplosa.»

Vengono esposti di seguito tre concetti – Freschezza, chiarità e luce con tre aggettivi quasi in una sorta di progressione, che da azzurra va ad infinita attraverso effusa. Questa progressione porta ad una “esplosione miracolosa”, di origine ignota, usando un vocabolo forte: esplosa. Qui si può percepire una derivazione dal primo Ungaretti del Porto Sepolto ed un linguaggio espressionista che quest’ultimo poeta usa in queste prime sue poesie risalenti a quando lui era ancora in forza all’esercito nella prima guerra mondiale.

Come ho cercato di dimostrare, vi sono aspetti di questo poeta interessanti e che meriterebbero uno studio più approfondito.

Sinossi a cura di Piero Giuseppe Perduca

Termine sacro, la prima poesia della raccolta:

Questi ch’io vagabondo colsi
Lungo intrighi dorati di sentieri
Ora che languono i polsi
E nuvola è l’ieri,
Fiori di conclusa festa
Magro tesoro ch’ultimo resta
Mentre cade l’inverno
A te Musa carissima consacro
Di mia giornata sospiro eterno
Termine sacro

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