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A tavola non s’invecchia: antico proverbio, che si direbbe nato a Pontelungo, tanto i suoi abitanti si mostrano ad esso fedeli, come ad un programma, almeno nel tempo passato…
Quella notte Don Giocondo non aveva chiuso occhio; e, quando, al mattino, le prime luci dell’alba cominciavano appena a schiarire il terso cielo d’aprile, contro il suo solito, era già in piedi…
Il medico di Cerri, o semplicemente «u dutture», come lo chiamavano nel selvatico dialetto di lassù, era un uomo che aveva passato la sessantina; ma era ancora gagliardo e in gamba come un giovanotto.
Ogni anno, il 4 novembre, come a un richiamo guerriero, dai paesi della Valle della Cravia scendono i reduci della Grande Guerra per adunarsi in qualche località del fondo valle e celebrare, con una gagliarda bevuta all’alpina, la data della vittoria.
Questa era solito raccontarla, a veglia, il vecchio rettore di Grappoli buon’anima. E, ogni volta, ci aggiungeva una frangia nuova per renderla più interessante e terminava, invariabilmente, il racconto, facendo un po’ di morale ai suoi ascoltatori.
Questa non è una storia del tempo lontano. E neppure è una storia gaia.

È la recente storia di un paese di contadini, di cui, tra poco, non resterà che il ricordo: vicenda dolorosa di tutta un’umile gente, costretta a lasciare le sue case e i suoi campi per portare con sè, lungo le vie incerte del destino, il suo chiuso dolore.

I testaroli sono una gloria esclusiva dell’alta Valdimagra.

E chi, quassù, non ha assaporato la gioia di sedere a una mensa imbandita, davanti a un piatto fumante della piccante pietanza?

Alturano era rinomato un tempo, e lo è ancora, per un certo suo vino bianco, fragrante e dorato: un vino ingannatore, che andava giù liscio come l’olio, ma che a berne qualche bicchiere di più tagliava le gambe e legava la lingua; e, per giunta, faceva veder doppio.