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Faceva un freddo intenso, pungente: il cielo luccicava tutto di stelle: non tirava un alito di vento. Pum! Ecco che una vecchia stagna da petrolio venne a colpire l'uscio di una casa. Pim! Pam! fecero i mortaretti di rimando, perchè si festeggiava l'anno nuovo. Era la notte di San Silvestro, e l'orologio della chiesa aveva sonato allora allora dodici tocchi.
Avete da sapere che nella Cina l'Imperatore è cinese, e che son cinesi tutti quelli che gli stanno d'attorno. Ciò che vi racconterò è avvenuto molti anni or sono: ma appunto per questo la storia merita d'esser sentita, prima che se ne perda del tutto la memoria.
Ci sono paesi caldi, dove il sole brucia tanto, che la gente diventa bruna come il mogano; ci sono poi paesi caldissimi, dove la popolazione è negra addirittura. Ma l'uomo dotto di cui voglio parlarvi s'era contentato, partendo dalle sue fredde regioni del Nord, di andare nei paesi caldi; e laggiù pensava di poter girare a tutte le ore, come soleva in patria.
C'era una volta nel bosco un piccolo abete, che avrebbe dovuto essere molto contento della propria sorte: era bello, e in ottima posizione; aveva sole e aria quanta mai ne potesse desiderare, e amici più grandi di lui, pini ed abeti, che gli stavan d'attorno a tenergli compagnia.
Sai la novella del vecchio fanale? Non è gran che; ma, per una volta, si può starla a sentire. Era un vecchio onesto fanale a olio, che aveva fatto il suo dovere per anni ed anni, e che ora doveva andare in pensione. Pendeva per l'ultima sera al suo posto, e rischiarava la strada. Gli pareva d'essere una vecchia ballerina di teatro, che ballasse per l'ultima volta, sapendo che da domani in poi sarebbe rimasta dimenticata nella sua soffitta.
C'era una volta un vecchio Poeta, un vecchio Poeta proprio buono. Una sera, mentr'egli se ne stava tranquillo a casa sua, scoppiò una terribile bufera. La pioggia veniva giù a torrenti, ma il vecchio Poeta si godeva il caldo, comodamente seduto dinanzi alla sua stufa di terra cotta, dove il fuoco ardeva e le mele cuocevano con un piacevole rumorino.
Sì, proprio il piccolo Tuk. Il suo nome, veramente non era Tuk; ma, quando non sapeva ancora parlare ben chiaro, s'era chiamato così da sè. Voleva dire Carletto; e, del resto, fa lo stesso: tutto sta intendersi. Quel giorno, Tuk doveva badare alla sua sorellina Gustava, ch'era molto più piccina di lui; e, nello stesso tempo, doveva imparare la lezione: ma le due cose non andavano troppo bene insieme.
Certe grosse lucertole giocavano a rincorrersi, agili e snelle, nelle fenditure di un albero, e s'intendevano benissimo, perchè tutte parlavano la lingua delle lucertole.
Il lino era tutto in fiore: sai che ha certi bei fiorellini azzurri, molli come le ali di una tignola ed ancora più fini. Il sole lo illuminava; i nuvoloni di pioggia, di tratto in tratto, lo annaffiavano; e questo gli faceva bene, come fa bene ai bambini il loro bel bagno, e, dopo il bagno, il bacio della mamma. Dopo, sembrano molto più belli; e più bello diveniva anche il lino.