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Sotto le montagne, a una svolta scura della strada, c’era questo alberghetto. Giusto odiava le comitive in gita e serviva in questi casi soltanto per equità verso la sorella. Perciò, inoltrandosi l’estate, si faceva sempre piu scontroso.
Tutto ricominciò in un pomeriggio d’agosto. Adesso, con qualunque cielo mi basta di levare il capo tra le case, per ritrovare quell’immobile giornata.
La sera di una giornata in barca Masino non s’annoiava mai. E dire che sovente usciva a fare un giretto di mezz’ora con visita a un caffè e fumata.
Giantommaso Delmastro che la coca del Lingotto aveva chiamato Masin, era stato a vent’anni un buon meccanico. La leva l’aveva trovato un po’ selvaggio, ma gli uomini svegli si rivelano sempre e lui aveva finito il servizio, seccato a morte, ma automobilista patentato dello S. M. di Napoli. La sua posizione voleva dire prigione poca e libertà di litigare coi marescialli.
L’amico Alessio mi confessa che non ama i bambini. Non perché siano seccanti, mi dice, ma perché soltanto a guardarli si capisce che vivono in un mondo che non è il nostro e vedono sentono ascoltano tutt’altro che noi. Qui sulla spiaggia ce ne sono molti; parliamo, beninteso, di quelli che hanno piú di tre anni, che vanno, che giocano per conto loro.
Una volta, quando veniva l’estate, andavamo in barca. La si prendeva al ponte, ci si metteva in mutandine, e si arrivava fino ai boschi. Ci stavamo tutto il pomeriggio.
Come tutte le mattine mi svegliai prima di giorno, ma aspettai che fosse luce chiara prima di scendere dal letto. Era tanto di guadagnato sulla lunga giornata. La pioggia, al suo solito, invece di lavarmi il vetro me l’aveva insudiciato. Attesi alle cose mie senza avere il coraggio di uscir fuori. Verso le undici, spinto dalla fame, guardai il cielo e scesi quei tre scalini. Persisteva nel vento l’umidità della pioggia.
Sandra passò la mattinata senza allontanarsi dalla stazione. S’era messa per un viale di piante che parevano mazzi di fiori e andava guardando le vetrine, soffermandosi, girandosi a volte.
Corradino da poco conosceva un tale che senza che avessero gran che da dirsi, occupava qualche serata. Era Vespa, un giovanotto reduce dall’Africa, ferito e malato. Viveva al quinto piano di una casa senz’ascensore, dov’erano saliti la prima volta con Fabio nel giugno. Una sera che con Fabio erano venuti su parlando, s’era sentito toccare la porta prima ancora che bussassero ed era subito stato aperto, quasi che Vespa li aspettasse con impazienza.