Copertina_Sweeney_ToddTitolo: Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street, di Tim Burton, 2007

Titolo originale: Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street

Con: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Timothy Spall, Sacha Baron Cohen, Laura Michelle Kelly, Jayne Wisener, Jamie Campbell Bower, Edward Sanders.

Riconoscimenti: Golden Globe 2008: Miglior film mus/com, Johnny Depp at. Oscar 2008: Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo sgr.

Affilato. Musical horror in salsa rossa. E allora? Non vuol dire Serie B. Non in questo caso – il che comporterebbe il dibattito, se fosse da farsi, sul recupero dell’immondizia, ma non siamo all’Università. La scena (mano «divina» di Dante Ferretti) è una Londra di un secolo e mezzo fa, finto-espressionista, umida e scura, povero-romantica (fotografia di Dariusz Wolski), piena di topi e con qualche signore arrogante che attira su di sé la vendetta (pazza o divina che dir si voglia) di chi – uno o molti fa lo stesso – il turpe sopruso lo subisce. E’ una scena teatrale che si fa cinema indiscreto, sfacciato nell’adorazione di un’innocenza anch’essa finta e perciò doppiamente attraente – dato che siamo nella chiara rappresentazione assetata di «verità», per quanto trasognata. La finzione di Burton rende impossibile l’innocenza dello spettatore, tanto traspare l’uso quasi-straniato (freddo) del cinema muto nella sovrapposizione della musica alle immagini. Qui è la differenza essenziale col musical di Stephen Sondheim e Hugh Wheeler (1979), da cui il film è tratto. Sul palcoscenico, l’effetto incollatura non avrebbe potuto funzionare, mentre il cinema permette (e asseconda) l’»outing» stilistico, specie con il drastico montaggio dei primi piani del barbiere killer (Depp), che esplodono addirittura in una sorta di pausa ritmica, indispensabile all’idolatria del rasoio, vero tema del film. Già, perché – meno che mai qui – tutto si dovrà fare fuorché fermarsi al «libretto» dell’opera. Va bene, il ributtante giudice corrotto (Rickman) si è sbarazzato del barbiere Benjamin Barker, facendolo marcire in galera per rubargli moglie e figlia. Volete che Barker, fuggito di prigione e assunto lo pseudonimo di Sweeney Todd, non pensi a rifarsi? Ed ecco che sul grande schermo un rasoio in primo piano diventa specchio perverso di un’anima ispida, diventa protagonista allo stesso livello degli occhi spiritati del Todd/Vendetta, che riflettono sulla lama l’incombente taglio di gole. Nel paradiso dell’atroce destino, complementare è la donna, Mrs. Lovett (Bonham Carter), impastatrice di pasticci stantii nella locanda polverosa. E’ lei che ha il guizzo decisivo, pensando ad una vita finalmente senza fame. I corpi degli sgozzati da Todd (in attesa di avere sotto mano il giudice colpevole), messi al forno, possono diventare carne squisita per i clienti che arriveranno in massa. Nel sotterraneo, sordidi ingranaggi e il fuoco di cottura, nel cielo di Londra il fumo e l’acre odore dell’orrido cannibalismo. Per una volta, lasciamo stare le fabbriche di cioccolato, i pesci felliniani e perfino le mani di forbice: qui nemmeno Batman, anche a volerci credere, sarebbe capace di risolvere in Bene la situazione. Prendiamoci dunque questo Burton «diverso» con le sue doti d’inventore sarcastico, divertiamoci con lui a riconoscere il trucco dell’emozione, a godere del momento affilato del giustiziere imbestialito. Applaudiamo la classe e gustiamo con leggerezza il prelibato impasto di pezzi umani.

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