Podcast: Apple Podcasts | RSS
(voce di SopraPensiero)Pubblicato il saggio Su l’Orlando furioso di Giosuè Carducci.
Dall’incipit del libro:
Ludovico Ariosto in un’elegia latina, scritta dopo i trentacinque anni, su la varietà de’ suoi amori o meglio su la incostanza che gli era abituale nei propositi, dice che la sua mente, ineguale in tutto, distrattolo giovanissimo dalle verbose leggi e dai lucri del fòro, lo chiamò ai fonti delle Muse, ed egli prese a cantare con tromba eterna o eternatrice gli eserciti i duci le guerre; ma presto, ripensando che la poesia non ha premii, si volse a tentare la fortuna della corte e la servitù dei grandi.
Avrebbe egli dunque pensato o incominciato a scrivere un poema prima di entrare al servizio del cardinale Ippolito d’Este, che fu su la fine del 1503. A cotesto giovanile o tentativo o proposito è forse da riportare ciò che il Pigna raccontò primo, che il Bembo volesse levarlo dalla impresa con dirgli ch’egli era più atto allo scriver latino che al volgare. Il Bembo non lo consigliò dunque, come il volgo letterato va ripetendo, a scrivere l’Orlando in latino: sì tra il 1498 e il 1500, che dimorando egli in Ferrara era in molta famigliarità e in iscambii di versi latini con Ludovico, non lo incoraggiò o lusingò in un suo primo concetto di epica italiana. Aveva ragione. L’Ariosto nella prima gioventù prometteva di riuscire un verseggiatore latino animoso ed elegante, d’italiano nelle poche e povere prove non dava speranza buona.