Il volume, che costituisce l’XI Tomo della Storia degli Italiani di Cantù, capitoli dal CXLIX al CLIX, si apre sul quadro politico determinato dall’elezione al papato, nel 1585, di Felice di Peretto da Montalto con il nome di Sisto V. Siamo nella scia della Controriforma e il papa ha l’incarico dell’attuazione di quanto emerso dal Concilio di Trento (dal 1545 al 1563). A lui si deve tra l’altro la riforma della Curia romana. Cantù segue poi le vicende dei Savoia ripartendo da Amedeo VIII di Savoia (1383-1451), detto il Pacifico, guidati poi, fino al 1580, da Emanuele Filiberto, detto Testa di ferro, e successivamente, fino al 1630, da Carlo Emanuele I, detto Testa di fuoco. Altrove in Italia, Cantù descrive il rigore del governo spagnolo in Lombardia e nelle Due Sicilie:

«I paesi sottomessi alla Spagna, destituiti di attività nazionale, non possono narrarci che indecorosi patimenti sotto un governo militare, intento a mietere non a seminare, tenerli in dovere con guarnigioni e fortezze, obbligarli a dar uomini e denari, non a misura del ben loro, ma pel vantaggio e la forza generale della monarchia.»

secondo quanto stabilito da Filippo II, che aveva creato presso di sé un supremo Consiglio d’Italia, in verità del tutto all’oscuro delle condizioni reali. Spiccano le figure dell’odioso governatore di Milano Enrico de Azevedo conte di Fuentes, del vivace, intelligente ed eccentrico Pedro Tellez y Giron duca d’Ossuna inviato come viceré in Sicilia, e di Masaniello, al secolo Tommaso Aniello d’Amalfi, che nel 1647 riuscì a far insorgere la popolazione napoletana contro il governo spagnolo.

L’esame dei problemi di successione a Mantova e nel Monferrato è occasione per introdurre la figura di Giulio Mazarino (1602-1661), figura di notevole spicco in Italia ma soprattutto in Francia, dove diviene Principale Ministro di Luigi XIV, dopo Richelieu.
Il Tomo XI chiude con quattro capitoli dedicati all’avanzamento delle belle arti, della letteratura, delle scienze morali e filosofiche, dell’economia, della storia, delle scienze naturali e matematiche, presentandone i più bell’ingegni, come, tra i tanti, Michelangelo Merisi detto Caravaggio.

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Dall’incipit del libro:

Il travaglioso parto della società moderna era omai compito: i Comuni si erano associati coi re per congegnare estese monarchie coi rottami delle giurisdizioni feudali tra cui era frazionata l’autorità sovrana, e far prevalere una volontà unica, intitolata la legge, che mantenesse dentro la pace, fuori l’influenza. Ma dopo tanto declamare contro le repubblichette e la insanabile loro irrequietudine e le guerricciuole del medioevo, dopo tanto adombrarsi che uno Stato italiano non prevalesse agli altri, or giacevano tutti allivellati dalla servitù, impotenti a nuocersi a vicenda, ma anche a resistere altrui: assodaronsi i principati, ma con essi non venne l’unità, non venne la quiete colla tirannide. Dacchè, per la Riforma, l’Europa fu scissa in due campi, il sacerdote non poteva più comandare dappertutto; e se una provincia protestante si volgesse a’ danni di una cattolica, non si poteva che reprimerla; donde una nuova necessità del potere monarchico, che si surrogò all’ecclesiastico con vantaggio forse dell’ordine, non della libertà.

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