Lorenzo Gobbi, Stella dei volti, Castelvecchi Editore, Roma 2018

pp. 142, € 17,50. EAN: 9788832822182

Da quando calca il suolo della terra, l’uomo desidera l’eternità e, oscuramente, intuisce che il dialogo con i propri morti continua. Da sempre desidera essere sanato dalle proprie intime ferite, cui a volte non sa dare un nome ma che ben avverte…

È necessaria molta forza per accettare pienamente la propria pochezza e fragilità, e anche per scoprire l’immensa dignità che viene dall’essere amati. Allora può germinare la compassione, per se stessi e per gli altri, partecipazione di una compassione più grande, che «regge il mondo» e «non abbandona nessuno alla morte».

Questo – almeno così è parso a me – è il cuore di quanto questo romanzo narra. Tutto avviene in un giorno di luglio, il giorno del cinquantesimo compleanno di Cristian Cohen.

Riservato per estremo pudore, attento e partecipe alla vita degli altri – dei suoi pazienti, soprattutto – capace di vera gratitudine. È il giorno del reciproco svelamento con Stella, del farsi conoscere fino in fondo, che apre le porte all’amore. Un amore delicato, che sembra timidissimo ma solo perché ha timore di sciupare qualcosa che ha un valore immenso.

Le confidenze tra Stella. Cristian e il suo grande amico di sempre, padre Antonio, raccontano il percorso di quei cinquant’anni. Le voci dei morti narrano le generazioni precedenti, che sono le radici da cui sale la linfa. «Vie misteriose uniscono i vivi ai morti».

Un tratto di storia e una città – Verona – che il protagonista ( e l’autore) ama «con vera passione».

Lorenzo Gobbi non è certo un nome sconosciuto, specie nel paesaggio poetico degli ultimi vent’anni. Ma questo, quasi a sorpresa, è il suo primo romanzo. Ha il ritmo della maturità: quanti temi, anche scottanti, in sole 140 pagine! Con la capacità di comprensione di chi ha molto meditato e conosce la strada per arrivare al nocciolo delle questioni. E che sa non giudicare, fermarsi davanti al mistero del cuore umano. È saggio, piuttosto, non presumere di sé e esercitare la compassione.

Difficile riassumere questo romanzo – o, più precisamente, questo racconto lungo – al tempo stesso lirico e visionario. Si finirebbe per sciuparlo. Molto meglio leggerlo. E ne vale davvero la pena.