Il volume contiene tre saggi pubblicati nel 1906: Sognando, La donna ispiratrice e Carlo Gozzi e la fiaba.

Nel primo la scrittrice, partendo da un’analisi de I tempi difficili, di Dickens, si chiede se non siamo un po’ tutti noi come il protagonista del libro che crede solo nella forza dei fatti e diffida di ciò che può scaturire dall’immaginazione e dai sentimenti. Questo breve racconto-riflessione è reso attualissimo dal tema della difficoltà del vivere, quando la vita è troppo asservita agli imperativi della ragione.

La Serao chiama Shakespeare e il suo Sogno di una notte di mezza estate, a sostegno della tesi che la fantasia, l’immaginazione siano il modo che la natura ci offre per affrontare le difficoltà del quotidiano. E il sogno che cosa è se non permettere alla fantasia di liberarsi?

Il secondo scritto, La donna ispiratrice, è ambientato in una Firenze d’aprile: una giornata alla scoperta del suo fascino, dei suoi tesori, del suo mistero. La Serao evoca Ginevra degli Amieri, Dante e Beatrice, la donna ispiratrice, e si chiede cosa significa esser donna ispiratrice. “Gli uomini dicono che una donna è incapace di fare un capolavoro. Forse; non lo so. So che vi è una donna, in ogni capolavoro di un uomo.”

Il terzo testo contenuto nel volume è un’analisi critica dell’opera di Carlo Gozzi, drammaturgo veneziano (1720-1806), la cui ispirazione, sostiene la Serao, deriva dalle “tradizioni fiabesche di tutti i paesi, giacchè egli ha rivestito di scenario e di dialogo tutti i racconti che le balie, le vecchie zie, le nonne narrano ancora ai bimbi che non vogliono dormire.”

L’elemento fondamentale dunque che Gozzi aggiunge a queste narrazioni è l’intreccio del dramma, della rappresentazione scenica ed anche un pizzico di vis comica. Questo dà il soffio vitale ai racconti. Ma ha un senso, si chiede la Serao, cercare di ridar vita ad una forma di espressione teatrale quale la Commedia dell’arte, a fronte degli sforzi di Carlo Goldoni per dare, nel teatro, allo scrittore il suo giusto ruolo di creatore?

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi

Dall’incipit del libro:

SOGNANDO
Io mi rammento di un assai vecchio e assai malinconico libro di Carlo Dickens, intitolato I tempi difficili. Emana dalle pagine di questo romanzo dimenticato una di quelle acute e irrimediabili tristezze a cui neppure la indulgente e assolvente filosofia dell’autore osa trovare, infine, consolazione: onde colui che legge, piega il capo sull’ultimo foglio e sente salire, dal fondo della sua anima, tutto quanto v’è di segretamente doloroso. Questo romanzo narra, principalmente, la storia di un padre che ha due figliuoli, un maschio e una femmina, che egli ama molto, ma a cui, per un suo assoluto criterio matematico, egli impartisce una educazione, diretta solo a sviluppare le loro qualità positive, mentre tutte le facoltà fantastiche e poetiche sono, da questo padre, distrutte nello spirito dei suoi figliuoli. Egli è il nemico dell’immaginazione: la ritiene come una facoltà sconveniente e quasi simile alla follia. Dice, questo Tommaso Gradgrind, tali parole nella prima pagina dei Tempi difficili: — «Ciò che io voglio, sono dei fatti. Insegnate dei fatti ai giovanetti e alle giovanette, non altro che dei fatti. I fatti sono la sola cosa di cui vi sia bisogno quaggiù. Non piantate altra cosa e sradicate tutto il resto. Non è che coi fatti che si forma lo spirito di un animale che ragiona: il resto non gli servirà mai a nulla». E, così, i suoi due figliuoli riescono, per un certo tempo, due perfetti animali ragionanti: l’aridità più profonda e più larga regna in quelle due nature, poichè tutte le piante e i fiori e le frutta ne furono sradicati e inceneriti. Tommaso Gradgrind è orgoglioso dell’opera sua. Sua figlia Luisa e suo figlio Tom, a guardarli nell’apparenza, sono due macchine bene oliate che girano e gireranno così, fino all’ora della
morte. Ma, ad un tratto, l’ingranaggio si ferma; […]

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