Il ministro della Cultura e l’affaire Boccia: tra bugie, schermaglie e il disincanto di un’Italia che non ride più.
E così, l’uomo che doveva risollevare le sorti culturali del Paese è finito nel tritacarne mediatico con una velocità degna di un film di azione a basso budget. San Giuliano, l’intellettuale della destra rigorosa, lo stratega del primato della cultura italiana, è ora protagonista di un’imbarazzante soap opera che neanche Netflix oserebbe produrre. Ah, caro San Giuliano, ci avevi promesso rigore e valori incorruttibili, ma sei inciampato in un copione che sembra scritto da un dilettante: bugie sgangherate, mail compromettenti, e l’immancabile influencer—ah, queste muse moderne dai capelli biondi e dal curriculum striminzito!
Il ministro giura che tutto è iniziato e finito in nome della “stima professionale”, ma con l’eleganza di un tricheco che cerca di ballare il tango. Ha bloccato la nomina della sua presunta consigliera quando, a suo dire, “la storia è andata oltre”. Peccato che la signorina Boccia abbia un archivio di prove degne di un investigatore privato, e non esita a metterle in piazza, con tanto di foto, mail e registrazioni. Che dire poi della povera Giorgia Meloni, che si ritrova costretta a vestire i panni di un’umiliante governante, intenta a ripulire il disordine di un ministro scappato di mano. Come una novella Eva, la Boccia ha fatto assaporare al ministro il frutto proibito, e ora il paradiso ministeriale è minacciato dall’ombra della mela avvelenata.
San Giuliano, una volta il luminare tra i luminari, ora è il bersaglio delle risate dell’opposizione, dei rimproveri di Bruxelles e delle frecciatine di tutta Italia. La “moralità incorruttibile” è divenuta una barzelletta, e la strategia di giustificazione un’acrobazia da circo. “Ho fatto tutto io, con la mia carta di credito”, dice, con la fierezza di un ragioniere in crisi di mezza età. E poi, la perla: “Cosa credete che facesse Salvini con Isoardi?”. Insomma, se il buon Matteo poteva sgattaiolare nei corridoi del potere, perché San Giuliano dovrebbe essere da meno? E così, mentre l’Europa sbircia e ride sotto i baffi, la scena si fa ancora più surreale.
Meloni lo sa: deve correre ai ripari. La sacra spada della vendetta suprema potrebbe calare sul capo del reprobo, e San Giuliano non è altro che uno dei tanti nell’orchestra di Meloni, troppo dissonante per essere tollerato a lungo. Era l’intellettuale in mezzo a un gruppo di acculturati improvvisati, ma ormai è chiaro: meglio un asino che non causa problemi che un professore che scatena tempeste. E in questo regno della mediocrità, dove il potere preferisce yes man che non rompano le palle, il destino di San Giuliano sembra segnato.
E mentre le pagine di questa tragicommedia si voltano, resta l’insegnamento della regola aurea del potere: non importa quanto brillante tu sia, non osare mai sfidare l’universo. Nemmeno se l’universo ha le forme sinuose di una giovane bionda e si chiama Maria Rosaria Boccia.