Nel 2025, il sistema sanitario italiano somiglia sempre più a un castello gotico dove Dracula si è stancato di succhiare il sangue, perché le vene sono ormai vuote. Le Regioni arrancano, bloccate sotto un “tetto di cristallo” che nemmeno le più virtuose riescono a infrangere: il Veneto, al top, arriva appena al 55% del potenziale massimo, come se la sanità fosse un ospite non gradito a un ballo nobile. E come in Dirty Dancing, “nessuno mette la sanità in un angolo”, ma poi tutti si girano dall’altra parte.
Bob Marley non può più cantare “Everything’s gonna be alright”
Con una soddisfazione media degli utenti che si ferma a 6,8 (su 10), il popolo italiano non si sente né redento né curato. Nel Sud, la Campania brilla per miglioramento, ma resta in fondo insieme a Calabria e Sicilia. La Calabria, fanalino di coda, è l’atollo del Pacifico dimenticato, bello da lontano ma irraggiungibile dalle navi ospedaliere. Bob Marley direbbe che “la medicina è per tutti”, ma in Italia l’accesso è sempre più selettivo, stratificato e condizionato da dove nasci. È la versione disillusa del “No Woman, No Cry” nella corsia di un pronto soccorso.
Axel Honneth e il mancato riconoscimento
Il filosofo tedesco Axel Honneth avrebbe parlato qui di un deficit di riconoscimento sociale: il cittadino malato non è più soggetto, ma oggetto di un’organizzazione che non lo vede. L’assistenza domiciliare e per la non autosufficienza – che dovrebbe essere il cuore di una sanità moderna – resta un miraggio. La casa di comunità, nuovo totem della medicina territoriale, è spesso vuota o priva di personale: un palcoscenico senza attori.
Hirohito e il sistema che non comanda
Il Giappone imperiale aveva Hirohito: una figura sacra ma senza più reale potere. Oggi il Servizio Sanitario Nazionale è il nostro Hirohito: riverito in ogni dichiarazione, ma con risorse sempre più insufficienti e un’organizzazione vecchia. Il PNRR, separato tra Missione 5 e Missione 6, ha diviso invece che integrare. La guerra è persa non per colpa dei soldati, ma per colpa della strategia.
SIAE, Lussemburgo e la privatizzazione strisciante
Nel frattempo, il Lussemburgo sorride. Lì dove i sistemi fiscali si fanno più morbidi, cresce la tentazione dei cittadini italiani a cercare cure altrove, a pagamento. Con la spesa privata arrivata al 25%, i fondi sanitari integrativi sono oggi più diffusi della fiducia nello Stato. Ma è una fiducia compressa, come un diritto d’autore negato: la sanità italiana assomiglia sempre più alla SIAE – tutti ne parlano, nessuno la capisce, pochi ne beneficiano davvero.
Al Bano tra Romina e Lecciso: il dualismo del sistema
Come nella vita sentimentale di Al Bano, la sanità italiana è contesa tra due amanti: da un lato l’amore nostalgico per il pubblico (Romina), dall’altro il flirt ambiguo con il privato (Lecciso). Il risultato è una schizofrenia organizzativa: si canta all’unisono “Felicità”, ma poi si tagliano i posti letto, si riducono i medici, si rincorrono gli Oss, si reclutano badanti in nero. La sanità è un talent show dove però non vince mai nessuno.
Flavio Briatore e la performance a ogni costo
Nel mondo di Flavio Briatore, tutto è performance, numeri, efficienza. Anche il Crea Sanità valuta le Regioni su base percentuale: appropriatezza (24,3%), esiti (15,25%), innovazione (12,2%)… Ma un ospedale non è un resort di lusso. La medicina si è trasformata in un algoritmo che cerca di ottimizzare l’acuto e dimentica il cronico. Come in Formula 1, la macchina corre, ma chi non ha il motore giusto non parte nemmeno.
La tragedia degli atolli sanitari
Il Mezzogiorno è l’insieme degli atolli dispersi nel Pacifico: territori pieni di storia e bisogni, ma disconnessi dalla rete di cure. La qualità della vita non è neppure più legata alla qualità della sanità: Umbria registra il peggior valore QALY (0,840), Trentino il migliore (0,938), ma il dato suggerisce che la salute diventa questione culturale prima che clinica.
Conclusione: il cristallo, il sangue, la danza
Come in un ballo di “Dirty Dancing” senza Patrick Swayze, la sanità italiana si muove goffamente. Vorrebbe librarsi ma inciampa nei limiti strutturali, nei fondi insufficienti, in una visione che manca. Le Regioni non sfondano il “tetto di cristallo” perché il sistema è vampirizzato da anni di sottofinanziamento e immobilismo. Dracula è stanco. Bob Marley è triste. Hirohito tace. Honneth scuote la testa.
La medicina in Italia oggi è una danza sporca in cui si cerca il ritmo ma manca la musica.
E se il sistema continua così, resteremo con il microfono acceso, ma senza voce.
Dati chiave:
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Media nazionale performance sanitaria: 38% (2019: 35%)
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Veneto: 55% – Trento: 50%
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Calabria: 23%
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QALY: Trentino 0,938 – Umbria 0,840
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Spesa privata: 25%
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Soddisfazione utenti: media 6,8 (Trentino 8,1; Puglia/Basilicata 5,8)
Articolo scritto con spirito tragico, ironico, realistico. Come l’Italia.