Il saggio, digitalizzato a partire da una edizione italiana del 1931 da una traduzione anonima, si rifà ad un testo pubblicato in inglese nel 1919. Non è l’opera più celebre di Dewey, ma ne illustra chiaramente le idee nel periodo fra le due guerre mondiali. L’argomento è il futuro della filosofia, che per Dewey si colloca nella rottura delle barriere tradizionali fra conoscenza astratta e conoscenza pratica. Ogni elaborazione filosofica dovrebbe avere una ricaduta sulle azioni pratiche, per cui Dewey rigetta tutte le teorie filosofiche le quali, dall’antichità in poi, si sono poste come obiettivo la ricerca della Verità Assoluta.

Per potere avere un influsso positivo sulla società in cui si colloca, Dewey confuta quindi la filosofia tradizionale, per la quale i problemi nascono dalla comprensione imperfetta che si ha della natura delle cose, le quali andrebbero esaminate da una prospettiva privilegiata, statica, esterna e quasi ultra-terrena.

«Niente ha fatto maggior danno all’impresa del pensare (e alla logica che riflette e formula tale impresa) dell’abitudine di trattar l’osservazione come qualcosa ch’è fuori e prima del pensiero, e il pensiero come qualcosa che può procedere senza includere l’osservazione di nuovi fatti come parte di sè stesso. Ogni volta che ci si accosta a un tal «pensiero», in realtà si va incontro, come s’è detto, a un modo di deviare e d’ingannarsi. Si sostituisce infatti un processo mentale emotivamente piacevole e formalmente corretto a una ricerca effettiva dei caratteri della situazione che son causa del perturbamento. Per questa via, si arriva a quel tipo d’idealismo ch’è stato ben chiamato sonnambulismo intellettuale. E si crea così una classe di pensatori che sono remoti dalla pratica e quindi dalla capacità di accertare il loro pensiero con l’applicazione – una classe socialmente superiore e irresponsabile.»

Per Dewey, i problemi sorgono dalle relazioni, complesse e dinamiche, tra l’ambiente, la società e gli individui, ed il ruolo del filosofo è quello di ricostruire l’esperienza umana, che accumula conoscenza e la mette “al lavoro”, al fine di rimodellare l’ambiente secondo i desideri umani. In questo senso, la filosofia deve tener conto del progresso scientifico e delle sue applicazioni:

«la prima funzione della filosofia è di razionalizzare le possibilità dell’esperienza, specialmente dell’esperienza umana collettiva.»

I punti cruciali della ricostruzione filosofica richiedono quindi l’applicazione di principi scientifici alla nostra comprensione di valori morali e sociali. E se i due capitoli finali del saggio sono dedicati per l’appunto a queste due tematiche, lo sviluppo completo di questa applicazione, che Dewey reputa indispensabile, è ancora oggi oggetto di studio, anche per la diversa interpretazione che gli individui possono dare alle stesse evidenze scientifiche, e per il conseguente conflitto, difficile da risolvere, tra il bene individuale e quello della società.

Il volume è preceduto da una introduzione di Guido De Ruggiero, che sottolinea per il lettore italiano, che meglio conosce Dewey come pedagogista, come questo autore sia da considerarsi filosofo originale e profondamente calato nei tempi moderni.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del saggio:

L’uomo differisce dagli animali inferiori perchè custodisce le sue esperienze passate. Quel che nel passato è accaduto è vissuto nuovamente nella memoria. Intorno a ciò che si muove nel presente si addensa un alone di pensieri concernenti cose analoghe accadute in altri tempi. Per gli animali, una esperienza si esaurisce nell’atto stesso in cui si dà, ed ogni nuova azione o passione sta isolata. L’uomo invece vive in un mondo dove ogni evento è pieno di echi e di reminiscenze di ciò ch’è accaduto prima, e risveglia il ricordo di altri eventi. Perciò egli non vive, come le bestie del campo, in un mondo di cose meramente fisiche, ma in un mondo di segni e di simboli. Una pietra non è soltanto un oggetto duro in cui s’inciampa, ma è un monumento di antenati estinti. Una fiamma non è soltanto qualcosa che riscalda o brucia, ma è un simbolo della vita permanente della casa, della fonte continua di gioia, di nutrimento, di protezione, a cui si ritorna dopo aver vagato qua e là. Invece di essere una guizzante lingua di fuoco, che può mordere e nuocere, è come un cuore che si adora e per cui si combatte.

Scarica gratis: Ricostruzione filosofica di John Dewey.