Questa raccolta di racconti storici, del 1832, nasce da un’idea dell’editore Manini, il quale, in una breve premessa, dichiara quanto siano state ben accolte dal pubblico tre novelle pubblicate di Bazzoni, tanto da ravvisare la necessità di farne una riedizione.
Allora perché non stampare una nuova edizione che contenga le prime novelle ma ne aggiunga altre inedite? L’opera soddisferà, assicura l’editore, i gusti di lettrici e lettori essendo “fatto generale l’amore delle storiche cognizioni, specialmente quando vengono presentate sotto forma di dilettevoli ed animati quadri.” Il volume è arricchito da alcuni disegni di Hayez.
I sette racconti sono tutti ambientati nell’Italia settentrionale e narrano di avvenimenti storici particolari, singoli accadimenti in genere poco noti all’interno di dispute più generali, che mostrano in modo speciale legami d’amore, d’amicizia o di parentela, episodi di particolare coraggio o di crudele efferatezza. Sono racconti, costruzioni letterarie, ma basati su reali dati storici.
Cosi in Ingelinda o la suora benedettina è raccontato lo sfortunato amore tra una fanciulla e il giovane figlio del signore di Arona. Siamo sul finire del XV secolo e scoppia la guerra tra gli svizzeri e i francesi contro il Duca di Milano. Il giovane è costretto a partire e le conseguenze di questa chiamata alle armi saranno devastanti per la fanciulla.
In un’altra novella dal titolo Adelberta Boniprandi Episodio della storia novarese la vicenda si svolge a metà del XIII secolo. Un’acerrima rivalità fra due famiglie coinvolge anche la casata del conte Guido e della moglie Adelberta, figlia di Arduino marchese d’Ivrea, coronato Re d’Italia e ucciso da Berengario. Alla fine della lotta, nella quale Guido muore, l’ultima strenua ma infelice difesa resterà nelle mani della coraggiosa consorte.
Nel racconto Macaruffo Venturiero o la corte del duca Filippo Maria Visconti la scena si svolge tra Milano e Pavia. La vicenda è raccontata dal punto di vista di Macaruffo, un uomo d’arme, scaltro e fedele, da sempre servo e sodale della contessa Beatrice di Tenda, che è andata sposa al condottiero Facino Cane e, una volta vedova, diviene sposa di Filippo Maria Visconti. Viene citato anche il conte di Carmagnola, di cui abbiamo letto gli esordi nel racconto Un vaccaro di Edoardo Calandra, contenuto nella raccolta La straniera,e del quale racconterà Alessandro Manzoni nella sua prima tragedia (1816, pubblicata nel 1820). Alla base del racconto Macaruffo è la più ampia e tragica vicenda della successione al Ducato di Milano. Siamo agli albori del XV secolo e già infuria la rivalità tra guelfi e ghibellini.
In Le nozze al castello Scene feudali siamo nelle campagne di Arola, nei pressi del Lago d’Orta e nella zona il conte Jago di Biandrate, consigliato da un suo losco luogotenente, vuole adottare lo ius primae noctis. C’è quasi una sollevazione ma poi tutto viene pacificato e nella narrazione entra anche qui la rivalità tra guelfi e ghibellini e il proselitismo di Fra Dolcino.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Dall’incipit del libro:
Quasi di fronte ad un palazzo che sfoggia nell’aspetto tutta la sontuosità architettonica ch’era in voga al principio dello scorso secolo, sorge in Milano una Chiesa che va congiunta ad uno de’ piu antichi monasteri di questa città. Tal chiostro in cui vivevano le Suore dell’Ordine di San Benedetto è il Monastero Maggiore, e la sua chiesa s’intitola a San Maurizio; ivi Bernardo Luino, sì amabile e sublime in opera di pennello, colorì alcune figure che rapiscono d’ammirazione e diletto.
L’oscura porta del quadrato cortile che apriva l’ingresso al Monastero, la contigua marmorea facciata della Chiesa, abbrunita dagli anni, il campanile che le sovrasta, formano un quadro di linee severe, il quale si stacca interamente dalle gaje e ridenti prospettive che offrono gli edifizii moderni e richiama la mente ai costumi ed alla storia delle età trapassate.
Ne’ vecchi tempi il lato occidentale del vasto giardino di quel Chiostro veniva chiuso per una parte dal ricinto d’una rustica casuccia, che era della famiglia dell’ortolano, quindi da un muro che rispondeva esternamente alla contrada detta del Nilone di San Francesco; verso la fine di tal muro eravi una quadrata torre smussata, rozza, cadente, antico avanzo dei baluardi della città che quivi passavano prima dell’età di Federigo Barbarossa. Altra torre forse più vetusta e di forma rotonda sorgeva pure in quel giardino, e vuolsi, avesse al tempo dominio romano servito di carcere ad alcuni Santi Martiri, le cui immagini scorgevansi colà raffigurate in atto d’affacciarsi ai ferri della grata.
Scarica gratis: Racconti storici di Giambattista Bazzoni.