Oggi in caserma il mio sergente mi ha dato una notizia bellissima. Sono stato scelto per una “operazione speciale” in Ucraina. Non mi ha detto di più, però sono felice per due motivi. Il primo è che il comando generale abbia pensato a me per questa missione. Il secondo è che forse potrò incontrare Lara, la ragazza di Kiev con cui mi scrivo su Instagram. Una bellissima fotomodella, con gli occhi azzurri, i lunghi capelli neri e un sorriso smagliante che prende sempre migliaia di like. Però sono sicuro che lei, in privato, si scrive solo con me. Perché pure io ho delle belle foto su Insta. Con la divisa sto proprio bene e Lara non è la sola a mettermi i like. Ma a me piace lei.

Chissà come sarà contenta di vedermi se davvero passeremo dalle sue parti. Di questa “operazione speciale” nessuno è riuscito a sapere nulla. Perché abbia successo dovremo agire nella massima segretezza. Per impedire fughe di notizie ci hanno anche tolto i cellulari. Mi dispiace non poter più vedere le foto di Lara, ma di sicuro l’astinenza mi aiuterà a stare concentrato. E renderà più emozionante vederla dal vivo.

Intanto siamo partiti. Nella lunga colonna che si è mossa dalla caserma, oltre a furgoni e fuoristrada, ci sono anche carri armati. Deve trattarsi di qualcosa di grosso. Forse gli amici dell’Ucraina sono sotto la minaccia di un’invasione straniera e noi dobbiamo andare a aiutarli. Forse la Bielorussia? No, impossibile. Pure loro sono cari vecchi amici. La Polonia? La Germania? O addirittura gli Stati Uniti? Loro hanno fatto guerre dappertutto. Provo a chiedere al sergente, ma lui mi dice di studiare le tattiche di guerriglia sul libro che ci hanno dato prima di partire.

Il nostro pare sia il quinto contingente a entrare in Ucraina. Al confine passiamo subito. Buon segno. Vuol dire che i fratelli ucraini ci aspettano e contano su di noi per fronteggiare l’invasore. In breve però ci troviamo di fronte a uno scenario di distruzione. Attraversiamo città e paesi devastati, con palazzi sventrati, macerie ovunque e lunghe file di civili in marcia ai bordi delle strade, verso chissà dove.

Vorrei fermarmi, chiedere se posso aiutare, ma non si può, dice il sergente. La missione deve proseguire verso il nostro obiettivo. Evidentemente qui siamo arrivati tardi. Il nemico è già passato. Scopro che siamo diretti a Kiev. Forse potrò vedere Lara! Intanto però ci dobbiamo fermare ad aiutare un gruppo di un altro distaccamento, rimasto vittima di un’imboscata. Con i nostri carri armati è un gioco da ragazzi liberare quei soldati. Riusciamo anche a prendere dei prigionieri. Sono ucraini! Forse delle spie, gente che si è venduta al nemico per… un pugno di dollari? Scopro che uno di loro ha un cellulare. La tentazione di vedere le foto di Lara è troppo grande. Glielo prendo senza farmi vedere dal sergente.

Ha pubblicato una foto nuova, diversa da tutte le altre. Non è in bikini o in abiti sexy come al solito. È avvolta in una bandiera blu e gialla e nella dida della foto ha scritto: “Pace per l’Ucraina, pace! Fermate la guerra!”. Mi sento ribollire il sangue. Devo andare a salvare Lara dal nemico invasore prima che la sua casa venga distrutta come le altre. Magari la faranno prigioniera e la porteranno negli Usa, dove non potrò più vederla.

Il sergente mi scopre il telefono e me lo sequestra prima che possa cercare altre notizie sull’invasione. Credo però che anche a lui interessi dare un’occhiata, di nascosto. Forse è per questo che non mi punisce. Avrei voluto scrivere a Lara che sto arrivando, per sapere il suo indirizzo, ma se Kiev è il nostro obiettivo avrò tempo di cercarla.

Arriviamo di notte. Nelle tenebre non riesco a scorgere tracce di devastazione. Almeno Kiev sembra non sia stata ancora colpita dal nemico. Forse il nostro compito è di proteggerla. Io di sicuro proteggerò Lara. Il nostro comandante può finalmente aprire la busta sigillata con dentro le istruzioni per noi.

Subito dopo dice ai carri armati di prepararsi a fare fuoco. Sembra che il nemico – l’invasore! – si annidi proprio a Kiev. Per stanarlo dobbiamo distruggere tutto. Mi chiedo come abbia fatto a conquistare addirittura la capitale dell’Ucraina senza sparare un colpo. Poi spariamo noi. È terribile vedere crollare tutti quei palazzi. Uomini e donne, vecchi e bambini escono in strada urlando, prima di rimanere sepolti sotto le macerie. Non mi sembrano americani, né polacchi o tedeschi. Anzi sono ucraini. Possibile che siano tutti spie?

Aguzzo la vista e vedo anche… Lara?! Sembra proprio lei quella donna che corre in strada, scalza, in camicia da notte, nel freddo. Salto giù dal camion. Lo so, è una follia. Ma lo sembra anche tutto il resto.

«Lara!» la chiamo. Lei continua a scappare. Le corro dietro fino a raggiungerla. La afferro, cerco di abbracciarla. Lei si divincola, mi dà uno schiaffo. «Lara!» le urlo in faccia. «Perché mi fai questo? Sono io, Ivan. Sono venuto a salvarti dal… dal nemico.»

Le do la mia giacca perché possa coprirsi. Ma lei la butta a terra e risponde: «Il nemico sei tu, Ivan!».

«Che vuoi dire?».

“Ma come, Ivan, non lo sai? La Russia ha invaso l’Ucraina. Ne sta parlando tutto il mondo».

«No. Non…». Non riesco a finire la frase. Improvvisamente capisco tante cose. Sento anche un dolore alla schiena. Forte. Mi hanno sparato. Cioè, hanno sparato al soldato invasore. Stramazzo a terra. I miei compagni non verranno mai a soccorrermi in questo caos. Forse non mi hanno nemmeno visto. Mi passeranno sopra con il carro armato e addio per sempre.

Vorrei almeno morire tra le braccia di Lara. La sua espressione adirata non la rende meno bella delle foto di Insta. Ma lei, anziché chinarsi su di me, mi tira un calcio nel fianco e dice: «Sono contenta che muori almeno tu. Tu che sei venuto fino qua a sparare senza chiederti cosa stessi facendo».

Mi sputa sulla divisa prima di riprendere la sua fuga a piedi nudi nella notte. Io invece mi fermo qui.

Fine.