In due sessioni, tra il giugno 1868 e l’agosto 1869 e poi tra marzo e novembre 1870, durante la X Legislatura del Regno d’Italia, fu attiva una Commissione d’inchiesta parlamentare sopra le condizioni morali, economiche e finanziarie della Sardegna, che comportò una visita diretta dei luoghi. Ne fu presidente Agostino De Pretis e segretario Mauro Macchi. Paolo Mantegazza partecipò ad entrambe le sessioni.
A seguito della prima sessione dei lavori della Commissione, Mantegazza pubblicò (1869) questo saggio nel quale vuole testimoniare la sua stima e si potrebbe dire anche il suo affetto per la Sardegna, “un’isola bellissima e infelicissima, che noi altri italiani abbiamo il torto di dimenticar troppo e di amar troppo poco.”
Possiamo immaginare, leggendo il testo di Mantegazza, che le relazioni della Commissione siano state abbastanza dure nei confronti delle condizioni generali dell’isola. Si ha pertanto l’impressione che Mantegazza voglia ammorbidire i risultati dell’inchiesta, facendo conoscere i tanti aspetti positivi dell’isola, e insieme spronare gli italiani del continente a farsi fratelli e solidali con i sardi. Cercare di far amare la Sardegna con questo scritto, oltre che con il suo lavoro come membro della Commissione e deputato, è un modo per l’autore di “pagare almeno in parte un debito di riconoscenza verso i Sardi così cortesi, così ospitali, così delicatamente generosi.”
La Commissione parlamentare e la pubblicazione di Mantegazza suscitarono una serie di commenti non sempre benevoli da parte di studiosi principalmente sardi. Ne scrissero Salvatore Salomone Marino (187.), Gavino Fara, Antonio Marogna, Efisio Mesina (nel 1870), e nel 2016 è stato pubblicato un volume di Carlo Felice Casula dal titolo L’isola bella e infelice. Il libro “Profili e paesaggi della Sardegna” e il Diario inedito di Paolo Mantegazza. Echi e polemiche nello stivale e nel sandalo sulla Commissione parlamentare d’inchiesta del 1869.
Profili e paesaggi della Sardegna è diviso in capitoli dedicati ai vari aspetti della vita, della cultura, della geografia e della natura sarda.
Dopo un’illustrazione delle principali città, delle grandi e piccole borgate e dei villaggi e ‘stazzi’ in cui è organizzato il territorio, Mantegazza, pur riconoscendo la Sardegna terra quanto mai feconda e un tesoro per etnografi ed archeologi, denuncia la piaga della malaria che ancora, allora, deve essere debellata. Ma altra piaga che affligge il popolo è l’inerzia, spesso alimentata da un falso senso di rispetto delle tradizioni. Ogni casa ha un mulino a trazione animale – la mola asinaria – e “tutte le donne e spesso anche i fanciulli sono occupati in null’altro che a far pane”. Una piaga è anche la rivalità tra città, come tra Cagliari e Sassari, che impedisce progetti di ampio respiro, che si basino sulla concordia e sulla solidarietà.
Mantegazza illustra anche la lingua, anzi le lingue, presenti e parlate nell’isola e disserta sulla loro origine. Si duole delle condizioni delle Università di Cagliari e di Sassari ma cita con orgoglio la Carta de logu, raccolta di leggi in lingua sarda, esattamente in arborense, che fu promulgata da Mariano IV d’Arborea, aggiornata ed ampliata dalla figlia Eleonora verso la fine del XIV secolo, rivendicando all’isola una storia antica e notevole. Ad Iglesias nota le rovine delle mura fatte edificare dal conte Ugolino Donoratico della Gherardesca, citato da Dante nel canto XXXIII dell’Inferno.
In altro capitolo Mantegazza illustra la ricca natura sarda, gli splendidi boschi di aranci di Millis, le foreste, la fauna, e anche le donne e gli uomini che quella natura abitano, con i loro costumi, le loro tradizioni, la loro gastronomia e la naturale tendenza all’ospitalità e al rispetto dell’autorità, amanti della terra e ben poco del mare. È un popolo, scrive l’autore, che si è arricchito dall’essersi mescolato con tanti altri popoli che sono arrivati sull’isola e che tuttavia non hanno mai cancellato il suo puro sangue sardo:
«Chiudete ad una nazione le vene che le apportano da ogni parte il sangue di altri popoli e di altre civiltà e vedrete di qual vita atrofica e rachitica dovrà vivere; fosse pure la nazione di temperamento più gagliardo, di mente più operosa.»
Un ampio capitolo è dedicato ai proverbi, nei quali “d’un popolo voi avete sempre la sua sapienza e i suoi pregiudizi; la sua morale e la sua ironia.”. Il popolo sardo, riconosce poi l’autore, è un popolo incline alla poesia, ispirata quasi sempre dall’amore e dalla religione.
La Commissione d’inchiesta ha fatto promesse che l’autore ritiene che debbano essere mantenute ed è sicuro che sarà così. Tuttavia anche i sardi devono fare la loro parte, uscendo dall’inerzia, dall’apatia e dallo scoraggiamento, perché è “povero quel paese, che dopo aver conquistata la propria libertà, affida tutte le proprie speranze al governo”.
Dalla seconda metà del XIX secolo certo le condizioni della Sardegna sono cambiate. Si può suggerire di leggere con profitto questo testo, a più di 150 anni di distanza, come un Baedeker d’antan, con la speranza di scoprire che i mali denunciati da Mantegazza siano stati curati, che le cose straordinarie siano ancora vive e vissute, che le scoperte curiose ed interessanti segnalate nel saggio siano scoperte particolari anche per le viaggiatrici e i viaggiatori di oggi.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Dall’incipit del libro:
Ho messo il piede in Sardegna con viva curiosità e dopo un lungo giro ho lasciato quell’isola con caldo amore: prima di conoscerla, era per me cosa curiosa; dopo averla conosciuta era per me cosa cara. Gli Italiani della penisola hanno un grave torto di dimenticare questa gemma del Mediterraneo; essi devono studiarla ed amarla; gli Italiani di Sardegna hanno il grave torto di spegnere la loro energia in queruli lamenti, cercando fuor di sè stessi l’origine e il rimedio dei loro mali. Or conviene che isola e penisola si perdonino a vicenda i loro peccati, e stringendosi in un potente amplesso, si preparino a tempi nuovi, e si mettano con forze comuni a fecondare una terra quasi deserta e che ha dinanzi a sè un avvenire senza confini, più splendido del suo passato ai tempi di Roma. Io sento nel cuore molti debiti verso la Sardegna e i suoi cortesi abitanti: come membro della Commissione d’inchiesta farò coi colleghi quanto sta in me, perchè il nostro lavoro non riesca infecondo; come operaio della penna vorrei con queste poche pagine far amare la Sardegna da tutti gli Italiani, invitarli a studiarla, ad accarezzarla. Io ho viaggiato gran parte del nostro pianeta e ho portato il piede in regioni quasi ignote a calcagno europeo: eppure ho trovato in questa italianissima nostra isola molte cose nuove, e belle e originali; e più d’una volta coi miei cari compagni di viaggio ho dovuto esclamare in coro: Oh perchè mai gli Italiani ignorano queste bellezze della loro patria? Oh perchè mai non vi portano i loro occhi per ammirare, le loro braccia per lavorare, il loro oro per raddoppiarlo?
Scarica gratis: Profili e paesaggi della Sardegna di Paolo Mantegazza.