(voce di SopraPensiero)

 

Se si esclude Il Corvo, tradotto due anni prima da Guido Menasci, è questa la prima traduzione italiana delle Poesie di Poe, fatta da Ulisse Ortensi in prosa con l’intento di mantenersi scrupolosamente fedele al testo, riproducendo l’ordine e la disposizione delle parole, «fino a cadere – scrive Ortensi nella prefazione – in durezza ed in dissonanza».

Non può non andare persa la musica, che per Poe è essenziale, è «il culmine della intensità e della indefinitezza» (Manganelli) che sono il carattere distintivo della lirica. Tuttavia ha il merito di far conoscere in Italia le tematiche, la sensibilità visionaria di Poe.

Pur essendo oggi Poe come poeta relegato tra i «minori» almeno dalla critica di lingua inglese, la sua poetica fu senza dubbio all’avanguardia e fu poi alla base delle opere dei simbolisti. Ricordiamo le parole di Baudelaire che trovava nelle poesie di Poe «qualcosa di profondo e di luccicante come il sogno, di misterioso e di perfetto come il cristallo».

Una bella traduzione delle poesie di Poe, opera di Ernesto Ragazzoni, è già presente nella nostra biblioteca.

Sinossi a cura di Catia Righi

Dall’incipit del libro:

Una volta verso una mezzanotte tetra mentre io meditava stanco ed annoiato sopra alcuni strani e curiosi volumi di antica e dimenticata erudizione – mentre io dondolava il capo quasi dormendo, improvvisamente udii un colpo, come di qualcuno leggermente picchiante – picchiante all’uscio della camera mia «Egli è qualche visitatore, io dissi, picchiante all’uscio della camera mia –
solamente questo e «Nulla più.»
Ah! distintamente io ricordo, egli era nel freddo decembre e ciascun tizzo di bracia morente che si staccava disegnava il suo spettro sul pavimento1. Ardentemente io desiderava il domani; vanamente io aveva domandato in prestito ai miei libri la cessazione dell’afflizione – dell’afflizione per la perduta Lenore – per la rara e raggiante vergine che gli angeli chiamano Lenore –
senza nome quì per sempre. –

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