La commedia in tre atti Parassiti di Camillo Antona-Traversi fu rappresentata la prima volta al teatro Costanzi di Roma il 24 luglio 1899 dalla compagnia Reiter-Leigheb. Fu un grande successo. Giustino L. Ferri così ne parlò su «La Rivista D’Italia» (anno II n. 8 15 agosto 1899):

«Il ritardo sofferto, per cause accidentali, dalla pubblicazione di questa rassegna, destinata al numero precedente della Rivista D’Italia, mi permette ora di aggiungervi qualche cosa intorno ai Parassiti, la nuova commedia di Camillo Antona-Traversi. Accolta lietamente e replicata nello stesso teatro «Costanzi», dove poco tempo prima era stata assai festeggiata la Scuola del marito di Giannino, ha contribuito a dimostrare che le compagnie italiane di prosa non hanno nemmeno ragioni di utilità, direi così, industriale, di preferire quelle mediocrissime Marte e Moglie di Carlo di cui tanto volentieri infiorano i programmi delle loro stagioni.

A ogni modo Camillo Antona-Traversi ha inteso nei Parassiti di trattare senza fiele e con una certa bonaria leggerezza un argomento su cui molto facilmente si poteva cedere alla tentazione di far una commedia feroce. Senza addentrarci nei motivi che possono avergli suggerito un metodo o un’intonazione piuttosto che un’altra, accettiamo cotesti Parassiti che l’autore ha scelto a modello e quali ha voluto che si mostrino sulla scena. Rappresentano del resto, così come ci sono presentati, una classe assai numerosa di persone che, bene o male, vivono a spese della credulità, della ingenuità e della vanità dei ricchi, dei gonzi, degli ambiziosi.

Il commendatore avvocato Gaudenzi, che non è nè commendatore, nè avvocato, ci viene avanti in un momento, in cui il vulcano di trappole e di gherminelle che ha nella sua bella testa calva e maestosa, è in piena eruzione. Il telegrafo ha portato la notizia di un disastro nel Veneto con molte vittime e danneggiati; è atteso da un momento all’altro l’arrivo di una signorina americana molto ricca, cantante celebre che deve esordire ancora e si propone di conquistare le prime palme dell’arte al teatro «Argentina»; la figlia del commendatore, pianista di belle speranze, ha già avviato un romanzetto sentimentale e pudibondo con uno studente, figlio di un grosso proprietario di Viterbo. Senza perdere la bussola il commendator Gaudenzi provvede subito alla istituzione di un comitato di soccorso per gli inondati del Veneto; manda il figlio, a cui una autentica laurea di avvocato non impedisce di essere un parassita peggiore del padre, a ricevere l’americana alla stazione, e, quando sta per arrivare lo studente viterbese, se ne va dignitosamente, lasciando la figlia in libertà di stringere allo spasimante i panni addosso perchè la sposi.

Tutto va a gonfie vele nel secondo atto per il commendatore, meno forse dalla parte di Viterbo, dove, benchè ci sia il consenso del padre dello studente l’aria apparisce alquanto turbata da un violinista russo del quale lo studente, non senza qualche ragione, è geloso. Per il resto siamo in pieno trionfo del commendatore. In casa sua c’è una magnifica festa, tutta in onore e a spese della ricca signorina americana che deve esordire all’«Argentina».

E il giovane Gaudenzi intanto, quantunque ammogliato, cerca di accaparrarsi il cuore e i milioni dell’americana, di cui prevede forse il fiasco imminente. Terzo atto: il fiasco è avvenuto; il principe di Castrovetere, presidente del comitato di soccorso per gl’inondati del Veneto, si è accorto con che razza di gente ha da fare e chiede i conti; il matrimonio con lo studente viterbese sfuma perchè il padre dello studente scopre che il commendatore è un affamato e ha già fatto firmare seimila lire di cambiali al futuro genero coi più immediati e rapaci strozzini. All’ultimo atto il figlio avvocato è già fuggito dietro la milionaria fischiata; il principe di Castrovetere è pronto a rimettere di suo ciò che il commedator Gaudenzi e il suo segretario Naldini hanno mangiato della sottoscrizione, purchè si ritirino dal comitato; la figlia pianista vuol partire col violinista russo per una tournée artistica e, s’indovina, concubinaria. La sconfitta pare piena. Ma il commendatore rimedia a tutto, proponendosi come segretario della tournée al violinista, che lo innalza addirittura al grado d’impresario. Impresario platonico, s’intende, perchè il violinista è uomo pratico e ha già capito perfettamente il suo suocero in partibus.

Ho semplificato l’esposizione dell’argomento, ma la commedia contiene molta più roba, troppa e se ne risente nel poco rilievo e spesso nell’incertezza di alcune figure; se ne risente nella figura stessa del commendator Gaudenzi, più colorita forse che disegnata. Ma l’insieme lascia nello spettatore l’impressione che, meno qualche tratto satirico esagerato e qualche negligenza di fattura, questi Parassiti sono stati dall’autore veduti, osservati, studiati. Non sono forse i parassiti più pericolosi; qualche volta ci si rivelano assai affini a quegli scrocconi tradizionali di cui cantano allegramente le glorie e le vittorie i vecchi novellieri italiani. Ma a che sofisticare sul titolo? Anche se il titolo non è adatto, la commedia ha il suo valore e vi si trovano quella padronanza della scena, quella destrezza di condotta per cui Camillo Antona-Traversi ha dato e darà al teatro lavori applauditi. Non gli chiedete di scendere nella profondità delle anime tormentate; egli si ferma alle apparenze della vita e vi raccoglie larga mèsse di motivi e di temi drammatici. Chi può dire che abbia torto quando egli, seguendo questo metodo, si attiene forse a una tradizione secolare?»

Giustino L. Ferri

Dall’incipit del libro:

ATTO PRIMO.
Salotto elegante di borghesi poveri, che ostentano un’apparenza di lusso, con mobili imitati dall’antico: – bozzetti, acquarelli e statuette di valore insignificante: – ricami fatti dalle donne di casa; oggetti orientali, ecc. – Nell’insieme, ambiente quasi signorile; ma senza nessun mobile, nè accessorio, di un valore commerciale che possa facilmente realizzarsi. – Piccolo lampadario artistico: scrivania elegante, sofà, poltrone, ecc.
SCENA FISSA.
Porta nel fondo, che comunica con altro «ambiente» praticabile [salotto da pranzo], a destra dello spettatore. – A sinistra, due porte.
SCENA PRIMA.
All’alzar della tela, la scena è vuota. – S’ode un vivo contrasto di voci nell’interno. – A destra, la porta è spalancata con violenza. – MARIANNA, a traverso la porta, vuol impedire l’ingresso all’Usciere e ai suoi testimonj.

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