Grazie ai volontari del Progetto Griffo è online (disponibile per il download gratuito) l’ePub: Moby Dick di Herman Melville.
Dimenticato e trascurato negli ultimi decenni dell’ottocento, Moby Dick divenne nel ventesimo secolo il libro fondamentale della letteratura nordamericana. Pubblicato nel 1851 a Londra e New York – l’edizione inglese in tre volumi si intitolava semplicemente The Whale – il romanzo è la narrazione della lunga e implacabile caccia alla leggendaria balena bianca Moby Dick. Narrazione che avviene in prima persona da parte del marinaio che si attribuisce il nome di Ishmael, realizzando uno dei più famosi “incipit” della storia della letteratura mondiale.
Ishmael vuole imbarcarsi, conosce l’arpioniere Queequeg, e insieme si recano a Nantucket dove vengono ingaggiati dai capitani armatori quaccheri Peleg e Bildad per imbarcarsi sulla baleniera Pequod il cui capitano è il misterioso Ahab. Non manca prima della partenza una inquietante profezia di sciagure da parte di un bizzarro personaggio, Elijah. A bordo del Pequod vi è un vero e proprio campionario di uomini di ogni provenienza e religione.
I tre ufficiali al comando delle lance per la caccia alla balena sono tre bianchi, Starbuck, Flask e Stubb, con caratteri diversi che spaziano dalla superstizione, al coraggio, alla tenacia. Ogni lancia ha anche il proprio arpioniere; oltre a Queequeg gli arpionieri sono l’indiano Tashtego e l’africano Daggoo. Ahab compare in coperta a viaggio inoltrato per chiarire il vero scopo della spedizione, che è quello di scovare e uccidere Moby Dick, con cui già in passato si è scontrato rimettendoci una gamba.
La narrazione è intervallata da numerosi episodi, descrizioni e divagazioni. Abbiamo dei veri e propri brevi saggi scientifici sulla classificazione e anatomia delle balene e su vari fenomeni marini. Ci sono episodi umoristici e capitoli concepiti come un copione teatrale. Ma sempre il racconto è pervaso dalla cupa ossessione di Ahab, che emerge prepotente in alcuni memorabili brani, come gli incontri con altre navi, la preparazione del rampone con il quale conta di uccidere Moby Dick, la costruzione della nuova gamba ottenuta da un osso di balena.
La Pequod avvista infine la balena bianca e ingaggia una lotta mortale che durerà tre lunghi e drammatici giorni al termine dei quali la nave viene fatta a pezzi dalla gigantesca e invincibile creatura e l’intero equipaggio scompare tra le onde mentre Ahab si inabissa trascinato dalla balena e intrappolato dalla lenza ingarbugliata del suo stesso arpione. L’unico superstite è Ishmael che potrà quindi raccontare la memorabile avventura.
Nonostante la narrazione abbia la sua autonoma validità, spesso la critica ha concentrato la propria attenzione sulla valenza simbolica del romanzo all’interno del quale Moby Dick si presta a interpretazioni ambigue e contraddittorie. L’entità che rappresenta può essere vista come il bene o il male supremo; nonostante possa apparire irraggiungibile, l’ansia umana di conoscenza non può essere attenuata e conduce spesso alla inevitabile rovina e alla morte. Non può sfuggire all’attenzione del lettore l’analogia con il Gordon Pym di Poe e il suo enigmatico finale, che, in un certo senso, appare come il prequel di Moby Dick.
Cesare Pavese tradusse quest’opera di Melville quando aveva solo 24 anni. Venuto a conoscenza degli studi filologici che avevano investito i testi melvilliani si decise a rivedere radicalmente la sua traduzione affidando alle stampe la nuova versione nel 1941. Sulle vicende di queste traduzioni e sulle loro caratteristiche e differenze rimando all’interessante studio di Emiliano Marra – la sua tesi di laurea – Moby Dick, le due versioni di Pavese.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che m’accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c’è nulla di sorprendente in questo. Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l’altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l’oceano.
Scarica gratis: Moby Dick di Herman Melville.